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2.8 - Giornalismo - Relazione 1999 - 3 maggio 2000

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Indice

2. Stato di attuazione della legge n. 675/1996 e nodi da affrontare - Relazione 1999 - 3 maggio 2000

2.8. Giornalismo

2.8.1. Privacy e attività giornalistica nel quadro della normativa vigente
Tra gli altri profili di interesse, nel corso del 1999 ha assunto particolare rilievo il processo di sviluppo di un equilibrio più corretto tra le legittime esigenze di tutela della riservatezza dei singoli e le libertà di stampa e di manifestazione del pensiero, alle quali è attribuito rango costituzionale.

Ciò non già per l´assetto del quadro normativo di settore, rimasto immutato dopo il completamento dell´essenziale opera di revisione realizzata, nel corso del 1998 (sia per effetto della modifica dell´art. 25 della l. n. 675/1996, sia in virtù dell´adozione del codice deontologico relativo al trattamento dei dati personali nell´esercizio dell´attività giornalistica: cfr. Relazione per l´anno 1998, p. 36 ss.), bensì, soprattutto, per effetto di una maggiore consapevolezza di alcuni diritti e limiti al diritti di cronaca rilevante in tema di privacy e trattamento dei Dati.

L´attento esame delle numerosissime richieste di intervento ricevute consente, infatti, di individuare taluni profili che, nell´ovvio presupposto della pari dignità di tutti gli altri parimenti rientranti nelle competenze dell´Autorità, sono tra quelli in relazione ai quali si avverte una più forte domanda sociale di protezione giuridica.

Sulla base dell´esperienza precorsa, in particolare, è un dato di fatto che tale domanda assai spesso si formi in relazione:

a) al momento e ai modi di acquisizione delle informazioni poi utilizzate dalla stampa;
b) ai principi cui si deve ispirare il trattamento dei dati da parte del giornalista;
c) alla tutela dei minori e degli altri soggetti "deboli" coinvolti nelle vicende di cui la stampa dá notizia;
d) all´individuazione delle misure di tutela funzionalmente più efficaci in rapporto agli interessi esposti a pregiudizio.

 

282. Rispetto del segreto d´ufficio, professionale e investigativo
Diverse segnalazioni pervenute attengono al rispetto dei principi contenuti nella legge n. 675/1996 in ambiti istituzionali deputati a svolgere compiti in materia di giustizia (uffici giudiziari), nonché presso organismi che operano a supporto dei primi (forze di polizia in genere).

In particolare sono stato segnalati alcuni casi di mancato rispetto del segreto d´ufficio o del segreto d´indagine, a volte anche in riferimento a particolari dati sensibili oggetto anche di segreto professionale (cfr. comunicato stampa n. 7 dell´8 marzo 1999 relativo ad un omicidio a Gravina di Puglia, in Bollettino n. 8, pag. 67).

Per quanto riguarda il diritto di cronaca, sono stati portati all´esame dell´Autorità alcuni casi nei quali poteva darsi lecitamente notizia dell´esistenza di alcuni provvedimenti di ordine giudiziario attinenti anche a procedimenti in corso (cfr. nota del 16 giugno 1999, relativa all´avvenuta presentazione di una richiesta di rinvio a giudizio, notizia diffusa unitamente ad altri dati relativi ad un imprenditore vittima di minacce estorsive, divulgati però dal giornalista nell´ambito di un corretto esercizio del diritto di cronaca, in quanto acquisiti in occasione di una conferenza stampa tenuta dalle autorità inquirenti e di polizia). Casi che sono stati invece distinti da quella area più ristretta nella quale il codice di procedura penale prevede invece determinate ipotesi temporanee di segreto in relazione a specifiche situazioni.

La problematica ha però portato ad evidenza non solo la dialettica cronacasegreto, ma anche ipotesi di indebite "fughe" di notizie che possono derivare a volte dalla rivelazione di notizie e documenti da taluna delle parti del procedimento, altre dal non corretto comportamento di coloro che hanno accesso agli atti in ragione del proprio servizio o ufficio. In altri casi, gli episodi segnalati presuppongono invece la verifica della correttezza della raccolta dei dati da parte di operatori nel campo dell´informazione, il che rende più articolata la questione, risultando spesso non agevole stabilire dove terminino le responsabilità che si radicano negli uffici dai quali le notizie fuoriescono e dove inizino, invece, quelle di coloro che sono interessati all´acquisizione di una data informazione (v. la lettera del 5/3/1999 indirizzata dal Garante all´Osservatore Romano, riportata in Bollettino n. 8, pag. n. 102, e il provvedimento del 16/2/2000 relativo alla diffusione di dati relativi allo stato di salute di un automobilista invalido civile e del relativo coniuge affetto da una grave patologia).

Segnatamente sulle modalità in base alle quali si realizza la raccolta da parte degli organi di informazione di dati attinenti a procedimenti giudiziari in corso, appare pertanto necessario, per far fronte alla domanda sociale di cui si è detto, mantenere alto il grado di attenzione, sì da promuovere anche nell´ambito che qui interessa la piena affermazione della cultura del rispetto della sfera privata, e in particolare della riservatezza e della dignità delle persone coinvolte.

 

283. Attività giornalistica e principi di cui all´art. 9 legge n. 675/1996
Premesso che, come più volte ribadito dall´Autorità (v. provvedimento del 16/2/2000), la legge n. 675/1996 e il citato codice deontologico riconoscono piena possibilità di esplicazione al diritto di cronaca, anche in riferimento ai dati sensibili (art. 25 della legge) e nei casi in cui l´informazione assuma carattere dettagliato (art. 6 del codice), è chiaro, però, che ciò deve aver luogo nel rispetto di alcune garanzie di fondo che l´ordinamento ha inteso apprestare a tutela dei cittadini.

Da questo punto di vista, con riguardo ai principi cui deve essere ispirato il trattamento dei dati da parte del giornalista (come pure di pubblicisti e praticanti e di chiunque, in base all´art. 25 della legge, tratta i dati per finalità di pubblicazione o di pubblicazioni di saggi e articoli), l´Autorità ha avuto modo di constatare che in un certo numero di casi le segnalazioni pervenute attengono a vicende nelle quali si configurano profili di mancato rispetto da parte degli organi di informazione dei criteri (di liceità, correttezza, esattezza, e così via) fissati nell´art. 9 l. n. 675/1996.

Al riguardo, pertanto, appare opportuno richiamare quanto è stato puntualizzato nel ricorso incidentale per cassazione proposto dall´Autorità avverso il decreto del Tribunale di Milano che, in accoglimento di un ricorso in opposizione ex art. 29, comma 6, l. n. 675/1996, ha annullato una decisione adottata dal Garante il 19 aprile 1999 (in Bollettino n. 8, pag. 31) all´esito di una procedura di ricorso regolata dalla norma sopraindicata (nel caso di specie, l´interessata aveva lamentato la lesione della propria identità personale nell´ambito della cronaca giornalistica, in relazione all´utilizzazione del cognome del coniuge defunto). Nel ricorso incidentale, l´Autorità ha infatti precisato che talune previsioni contenute nel codice deontologico, e segnatamente quelle rinvenibili nel relativo art. 4 ("il giornalista corregge senza ritardo errori ed inesattezze, anche in conformità al dovere di rettifica nei casi e nei modi stabiliti dalla legge"), recano precetti coerenti con quelli di cui all´art. 9 l. n. 675/1996, e che ne rafforazano l´efficacia.

La rilevanza dei principi sanciti dal citato art. 9 spiega effetto, in particolare, per quanto attiene ai canoni di pertinenza e non eccedenza (v. comunicato stampa del 7/4/1999, in Bollettino n. 9, pag. 81), dei quali coloro che esercitano l´attività giornalistica devono tenere conto. Detti principi, infatti, operano anche nei casi in cui talune categorie di soggetti risultano autorizzate dalla legge ad operare il trattamento dei dati personali prescindendo dal consenso dell´interessato, sicché il loro eventuale mancato rispetto è circostanza di per sé idonea ad esporre gli autori delle eventuali violazioni alle conseguenti responsabilità.

 

284. Protezione di minori e malati
D´altra parte, la necessità che nell´esercizio dell´attività giornalistica venga assicurato costantemente il rispetto dei principi sopraindicati assume carattere di priorità segnatamente con riguardo al trattamento di dati relativi a minori, considerata anche la delicatezza del quadro psicologico che contraddistingue l´adolescente in formazione.

Da questo punto di vista, il flusso delle richieste di intervento pervenute all´Autorità evidenzia una situazione che richiede attenta considerazione, soprattutto in riferimento alle ipotesi nelle quali è riscontrabile l´utilizzazione di elementi che, specie se posti in combinazione tra di loro (v. provvedimento del 29/3/1999 relativo alla pubblicazione di alcune delicate notizie su una minore avviata alla prostituzione e vittima di atti di violenza e possibili ritorsioni da parte di un´organizzazione criminale), possono portare con facilità all´identificazione del minore interessato, in particolare laddove il contesto territoriale di riferimento sia per qualche ragione limitato (v. provvedimento del 16/6/1999, in Bollettino n. 9, pag. n. 63). Al riguardo, infatti, è noto che l´art. 7, comma 1, del citato codice deontologico vieta in modo espresso, relativamente ai soggetti di minore età, di fornire "particolari in grado di condurre alla loro identificazione", con l´unica eccezione delle ipotesi nelle quali ciò si riveli necessario o opportuno al fine di salvaguardare l´"interesse oggettivo del minore, secondo i principi e i limiti stabiliti dalla Carta di Treviso" (v. il citato provvedimento del 29/3/1999).

E giova aggiungere che, come l´Autorità ha avuto più volte occasione di puntualizzare, eventuali violazioni di questo tipo sono da considerare tanto più gravi quanto più si rivelino inconferenti, come talvolta accade, in rapporto all´attuazione del primario principio dell´essenzialità dell´informazione.

Da ultimo, giova puntualizzare che, in ogni caso, non devono sussistere dubbi circa il fatto che il sistema normativo vigente mira, per quanto qui interessa, a offrire la protezione più ampia al minore. In particolare, è da escludere che l´art. 7, comma 2, del codice deontologico ("la tutela della personalità del minore si estende, tenuto conto della qualità della notizia e delle sue componenti, ai fatti che non siano specificamente reati"), possa essere interpretato in senso restrittivo, e in particolare come diretto a vietare la pubblicazione di dati personali di minorenni quasi esclusivamente nei casi in cui questi risultino coinvolti in fatti criminosi, con esclusione degli altri.

Non soltanto, infatti, resta fermo il principio secondo il quale "il diritto del minore alla riservatezza deve essere sempre considerato come primario rispetto al diritto di critica e di cronaca" (art. 7, comma 3, del codice deontologico in questione), ma anche il senso dell´art. 7, comma 2, quale fatto palese dal suo tenore letterale, impone di estendere l´ambito di applicazione del divieto anzidetto anche ai fatti privi di rilevanza penale (v. provvedimento del 7 ottobre 1999).

Sul piano dei dati idonei a rivelare lo stato di salute, alcuni provvedimenti del Garante hanno dato applicazione all´art. 25 della legge e agli artt. 6 e 10 del codice di deontologia (cfr., ad esempio, il provvedimento del 28 gennaio 2000 relativo alla diffusione di specifiche notizie sulla patologia da cui è affetto un parlamentare, in corso di pubblicazione), chiarendo che anche nel caso di persone note e che esercitano pubbliche funzioni, l´informazione sullo stato di salute deve mantenersi in limiti essenziali e che comunque occorre astenersi dal pubblicare dati analitici di interesse strettamente clinico.

 

285. Misure provvedimentali e procedimenti di tutela
Da ultimo, occorre esaminare le questioni attinenti alle concrete misure provvedimentali e procedimentali adottabili, dalle quali dipende, in definitiva, la stessa efficacia complessiva del sistema di tutela apprestato dal legislatore in materia di trattamento dei dati personali.

Da questo punto di vista, è opportuno aver riguardo innanzitutto alle misure provvedimentali, relativamente alle quali l´Autorità, anche sulla scorta dell´esperienza applicativa maturata a partire dal 1997, ha inteso dare piena attuazione all´intera gamma dei rimedi previsti dalla l. n. 675/1996 che si discostano in parte da quelli tradizionali. Al riguardo, a titolo meramente esemplificativo, appare sufficiente evidenziare che l´Autorità, in alcune decisioni che hanno riconosciuto la fondatezza delle doglianze degli interessati, ha ritenuto, in accoglimento delle richieste di parte, di disporre il blocco (art. 1, comma 1, lett. l), l. n. 675/1996) dei dati volta per volta rilevanti, obbligando il titolare e il responsabile a sospendere ogni ulteriore operazione di trattamento diversa dalla mera conservazione delle informazioni già raccolte (v. il citato provvedimento del 16/2/2000).

Contrariamente all´inibitoria, che per sua natura mira a impedire il compimento dell´atto dal quale si teme possa derivare un pregiudizio, oppure a interdirne la reiterazione, l´istituto del blocco assolve ad una funzione di maggior garanzia, precludendo in radice qualsivoglia trattamento diverso dalla mera conservazione del dato personale non più utilizzabile. E con specifico riguardo all´attività giornalistica questa circostanza assume evidentemente particolare rilevanza perché vincola l´organo di informazione, ove le circostanze lo richiedano, ad astenersi dal diffondere nuovamente i dati in questione anche in modo indiretto, ovvero attraverso la pubblicazione di una o più parti del provvedimento decisorio emanato dall´Autorità.

Ancora, in tema di rettifica dei dati personali (e segnatamente con riguardo ad un caso di lesione del diritto all´identità personale per inesatto riferimento di un certo cognome e dello status di vedova a persona diversa dall´ultima moglie del defunto: cfr. par. 2.8), l´Autorità ha provveduto a ordinare ai responsabili dell´accertata violazione anche di attestare all´interessata che la rettifica era stata portata a conoscenza di coloro ai quali erano stati diffusi i dati in questione (dandosi applicazione all´art. 13, comma 1, lett. c), n. 4, l. n. 675/1996), attraverso la pubblicazione sullo stesso quotidiano, entro una certa data, di un comunicato volto ad informare i lettori che le notizie riportate, erroneamente riferite ad una data persona, riguardavano in realtà un soggetto differente (v. provvedimento del 19/4/1999, in Bollettino n. 8, pag. 31). Un simile obbligo di attestazione, che esula dalla previsione dell´art. 8 l. n. 47/1948, appare di indubbia utilità, perché non soltanto agevola l´esercizio da parte dell´interessato del potere di controllare, secondo la filosofia ispiratrice dell´intera l. n. 675/1996, che l´adempimento degli obblighi di rettificazione gravanti sul titolare o sul responsabile vi sia stato, ma consente conseguentemente al primo di apprestare una pronta reazione di fronte a eventuali irregolarità della rettifica in questione, facendo valere tempestivamente i propri diritti nelle sedi competenti.

Più in generale, è da dire che anche con riguardo all´attività giornalistica l´interessato può esercitare tutti i diritti previsti dall´art. 13 della legge n. 675/1996, in presenza delle relative condizioni, ivi compreso l´istituto dell´opposizione per motivi legittimi al trattamento dei dati di cui al comma 1, lett. d) di tale articolo. Come è stato di recente chiarito (v. provvedimento del 7/3/2000), perché sia ravvisabile la ricorrenza di detti "motivi legittimi" è infatti sufficiente, ad esempio, il preannunciato proposito di procedere ad una ulteriore divulgazione dei dati, idonei a consentire l´agevole identificazione dell´interessato, eventualmente in concorso con altre circostanze, che si assumono lesivi dei diritti di quest´ultimo.