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Newsletter 1 - 7 settembre 2003

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N. 181 del 1- 7 settembre 2003


 SMS pubblicitari solo con il consenso del destinatario
 
 Centrali rischi e privacy
 Lo spamming a fini di profitto è reato


 

Sms pubblicitari solo con il consenso del destinatario
Regole specifiche per fornitori di servizi telefonici  e imprese private


È illecito inviare sms pubblicitari senza aver prima acquisito il consenso libero ed informato dell’abbonato. Parimenti illecito l’"espediente", adottato da alcuni fornitori di servizi telefonici, di  subordinare la stipula del  contratto o l’attivazione della carta prepagata alla  prestazione del  consenso a ricevere messaggi pubblicitari, o quello di inserire tra gli obblighi contrattuali una dichiarazione standard di “impegno” all’invio di sms commerciali. Il gestore non può “nascondere” comunicazioni commerciali dietro fittizi “messaggi di servizio” alla propria utenza e deve acquisire in ogni caso il consenso libero del destinatario, sia se pubblicizza un servizio “altrui”, sia se promuove un servizio della propria società.

 

Queste le principali novità in materia di invio di sms pubblicitari contenute in un provvedimento generale adottato  dal Garante per la protezione dei dati personali di recente adozione (consultabile sul sito www.garanteprivacy.it) ed al cui rispetto sono stati richiamati sia gestori telefonici, sia imprese che intendono utilizzare questo mezzo di comunicazione commerciale. Con questo provvedimento l’Autorità Garante (composta da Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Gaetano Rasi, Mauro Paissan)  indica specifiche regole per disciplinare un fenomeno che ha subito di recente una notevole espansione, vista la  particolare  rapidità ed efficacia con cui l’invio di sms permette di comunicare in tempo reale con un numero elevato di interessati, ovunque si trovino, ma con modalità che però possono risultare particolarmente invasive, specie in alcuni casi come la ricezione del messaggio in orari  notturni. L’uso degli sms  richiede dunque, particolari cautele, impiegando una serie di dati personali tra cui il numero di telefono cellulare che è spesso strettamente privato.

 

Il principio del consenso informato opera anche nel caso in cui gli sms pubblicitari siano inviati da soggetti diversi dai fornitori di servizi  di telefonia mobile. Può trattarsi in particolare di fornitori di servizi in Internet (ad es. gestori di siti web che offrano la possibilità di disporre “gratuitamente” di una casella di posta elettronica), come pure di altri soggetti operanti in diversi campi. Anche in questi casi i titolari del trattamento che intendono inviare sms  pubblicitari possono farlo solo dopo aver raccolto una chiara e specifica manifestazione di volontà dei destinatari. Ciò vale anche nel caso in cui i privati operino su richiesta di una pubblica amministrazione per divulgare messaggi ritenuti di pubblico interesse (già in provvedimento  del Garante sugli sms istituzionali). Se poi gli Sms sono inviati da organismi politici o da terzi a destinatari selezionati in base alla loro adesione a determinate idee o formazioni politiche, oltre al consenso necessariamente scritto degli interessati occorre verificare  che il trattamento dei dati personali sia altresì conforme alle autorizzazioni “generali” dal Garante in materia di dati sensibili. L’intervento di carattere generale del Garante si è reso necessario a seguito di ulteriori, e  numerosi, reclami e segnalazioni di abbonati a servizi di telefonia mobile e detentori di carte telefoniche (compresi enti, associazioni e persone giuridiche) che si sono rivolti all’Autorità contestando l’invio illecito di sms promozionali, pubblicitari, di informazione commerciale o di vendita diretta  da parte di privati e da parte degli stessi fornitori di servizi di telefonia.


 

 

Centrali rischi e privacy
I dati personali relativi a morosità regolarizzate vanno cancellati dopo un anno

 

I dati personali di un consumatore contenuti nella banca dati di una “centrale rischi” privata in relazione ad una sua  forma di posizione debitoria, devono essere cancellati quando è trascorso un anno dalla avvenuta regolarizzazione della eventuale inadempienza.

 

Il principio è stato ribadito dall’Autorità che ha accolto il ricorso di una persona che aveva invano chiesto ad una “centrale rischi” privata che il suo nominativo fosse  cancellato dalla banca dati in quanto il suo inserimento era  avvenuto a causa di pregresse sofferenze debitorie con due diversi istituti di credito, che però risultavano ormai sanate da quasi due anni .

 

La società resistente, invitata dall’Autorità a fornire chiarimenti, comunicava che non intendeva accogliere la richiesta del cliente, ritenendo adeguata la propria decisione di sospendere la visibilità dei dati verso terzi, riservandosi, successivamente all’adozione del previsto codice deontologico relativo ai sistemi di rilevazione dei rischi creditizi in via di elaborazione, di decidere con un provvedimento specifico, a seconda dei principi che il codice stesso avrebbe recepito, se accogliere la richiesta avanzata dalla loro cliente di cancellazione dei dati detenuti nella banca dati o, eventualmente, renderli nuovamente accessibili a terzi.

 

Questa misura, temporanea e interlocutoria, non è stata giudicata soddisfacente e conforme a quanto stabilito dall’Autorità nel provvedimento a carattere generale adottato il 31 luglio 2002 sulle cosiddette “centrali rischi” private secondo il quale i dati relativi agli eventuali inadempimenti sanati senza perdite, debiti residui o pendenze, devono essere cancellati dalle banche dati di queste società private entro un anno dalla loro regolarizzazione.

 

È stata quindi ritenuta illecita ogni ulteriore conservazione dei dati della ricorrente e, pertanto, è stato ordinato alla “centrale rischi” di cancellare  i dati personali oggetto del ricorso entro il termine di trenta giorni, imputandole, nel contempo parte delle spese del procedimento, in misura pari a 100 euro.

 

 

 

Lo spamming a fini di profitto è un reato.

Inviare e-mail pubblicitarie senza il consenso del destinatario è vietato dalla legge. Se questa attività, specie se sistematica, è effettuata a fini di profitto si viola anche una norma penale e il fatto può essere denunciato all’autorità giudiziaria. Sono previste varie sanzioni e, nei casi più gravi, la reclusione. La normativa sulla privacy non permette di utilizzare indirizzi di posta elettronica per inviare messaggi indesiderati a scopo promozionale o pubblicitario anche quando si omette di indicare in modo chiaro il mittente del messaggio e l’indirizzo fisico presso il quale i destinatari possono rivolgersi per chiedere che i propri dati personali non vengano più usati.

 

Il Garante per la protezione dei dati personali ha posto in chiara evidenza i profili penali tornando ad occuparsi con un provvedimento generale del fenomeno dello spamming, cioè dell’invio massiccio ed indiscriminato di messaggi pubblicitari non richiesti, che interessa singoli utenti Internet e piccole e medie imprese costrette a sopportare vari costi. Oltre a rappresentare una fastidiosa intrusione, lo spamming comporta infatti ingenti spese, in termini di tempo, di costi di utilizzazione della linea telefonica, di misure organizzative e tecnologiche per contrastare virus, tentate truffe, messaggi e immagini inadatti a minori, riversando sugli utenti i costi di una pubblicità a volte aggressiva e insistente.

 

Dopo una serie di interventi mirati che hanno portato a sospendere l’attività illecita di alcune aziende e persone fisiche e a denunciarne talune all’autorità giudiziaria, e di linee comuni concordate su scala europea, il Garante ha adottato un nuovo provvedimento per precisare vari aspetti legati all’invio in Internet di e-mail promozionali o pubblicitarie, anche alla luce del recepimento della recente direttiva europea avvenuto con il Codice in materia di protezione dei dati personali da poco pubblicato (decreto legislativo n. 196/2003, in www.garanteprivacy.it).

 

Chi intende utilizzare le e-mail per comunicazioni commerciali e promozionali senza mettere in atto comportamenti illeciti deve tenere presente che:

 

  1. è necessario il consenso informato del destinatario. Gli indirizzi e-mail recano dati personali e il fatto che essi possano essere reperiti facilmente su Internet non implica il diritto di utilizzarli liberamente per qualsiasi scopo, come per l’invio di messaggi pubblicitari: in particolare, i dati di chi partecipa a newsgroup, forum, chat, di chi è inserito in una lista anagrafica di abbonati ad un Internet provider o ad una newsletter, o i dati pubblicati su siti web di soggetti privati o di pubblici per fini istituzionali. Gli indirizzi e-mail, insomma, non sono “pubblici” nel senso corrente del termine.
  2. il consenso è necessario anche quando gli indirizzi e-mail sono formati ed utilizzati automaticamente mediante un software, senza verificare se essi siano effettivamente attivati e a chi pervengano, e anche quando non sono registrati dopo l’invio dei messaggi;
  3. il consenso del destinatario deve essere chiesto prima dell’invio e solo dopo averlo informato chiaramente sugli scopi per i quali i suoi dati personali verranno usati: vale dunque la regole dell’opt-in, cioè del accettazione preventiva di chi riceve le e-mail, non del rifiuto a posteriori (opt-out);
  4. non è ammesso l’invio anonimo di messaggi pubblicitari, cioè senza l’indicazione della fonte di provenienza del messaggio o di coordinate veritiere. È comunque opportuno indicare nell’oggetto del messaggio la sua tipologia pubblicitaria o commerciale;
  5. chi detiene i dati deve sempre assicurare agli interessati la possibilità di far valere i diritti riconosciuti dalla normativa sulla privacy (revoca del consenso, richiesta di conoscere la fonte dei dati, cancellazione dei dati dall’archivio etc.);
  6. chi acquista banche dati con indirizzi di posta elettronica è tenuto ad accertare che ciascuno degli interessati presenti nella banca dati abbia effettivamente prestato il proprio consenso all’invio di materiale pubblicitario;
  7. la formazione di appositi elenchi di chi intende ricevere e-mail pubblicitarie o di chi è contrario (le cosiddette “black list”) non deve comportare oneri per gli interessati. 

L’autorità ha disposto per un’ampia serie di destinatari un ulteriore divieto dell’attività, già illecita in base alla legge, indicando alcune modalità per tutelare i diritti degli interessati anche di fronte all’autorità giudiziaria penale o in caso di e-mail provenienti dall’estero.

 

Le sanzioni per chi viola le disposizioni di legge vanno dalla “multa”, in particolare per omessa informativa all’utente (fino a 90mila euro); alla sanzione penale qualora l’uso illecito dei dati sia stato effettuato al fine di trarne per sé o per altri un profitto o per arrecare ad altri un danno (reclusione da 6 mesi a 3 anni). È prevista anche la sanzione accessoria della pubblicazione della pronuncia penale di condanna o dell’ordinanza amministrativa di ingiunzione.


Ulteriori conseguenze possono riguardare l’eventuale risarcimento del danno e le spese in controversia giudiziaria o amministrativa.


Il provvedimento del Garante è consultabile sul sito
 www.garanteprivacy.it

 

(Comunicato del 3 settembre 2003)

 

 

 

 

NEWSLETTER
del Garante per la protezione dei dati personali (Reg. al Trib. di Roma n. 654 del 28 novembre 2002).
Direttore responsabile: Baldo Meo.
Direzione e redazione: Garante per la protezione dei dati personali, Piazza di Monte Citorio, n. 121 - 00186 Roma.
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