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Provvedimento del 1° marzo 2018 [8475549]

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[doc. web n. 8475549]

Provvedimento del 1° marzo 2018

Registro dei provvedimenti
n. 133 del 1° marzo 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 27 novembre 2017 da XX, rappresentato e difeso dall´avv. Cristina Calì, nei confronti di Google LLC (già Google Inc.) e Google Italy S.r.l., con il quale il ricorrente, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha chiesto:

- la rimozione di 7 URL, specificamente individuati negli interpelli preventivi e richiamati nell´atto introduttivo del procedimento in quanto reperibili in associazione al proprio nome e cognome e riconducibili ad articoli aventi ad oggetto vicende estranee al medesimo;

- la liquidazione in proprio favore delle spese del procedimento;

CONSIDERATO che l´interessato ha, in particolare, rappresentato che:

- in alcuni articoli si fa riferimento ad un sequestro di immobili da lui subito a seguito di un´attività di indagine svolta dalla Procura della Repubblica, vicende alle quali sarebbe assolutamente estraneo, non essendo mai stato coinvolto in alcuna attività di inchiesta giudiziaria o sequestro di beni, mentre in altri viene invece citato esclusivamente in relazione al rapporto di parentela con il fratello coinvolto nelle vicende giudiziarie oggetto degli articoli;

- inoltre, attraverso l´inserimento, del tutto inconferente rispetto al contenuto dei predetti articoli, del proprio nominativo e del patrocinio legale prestato in favore di un noto esponente della criminalità organizzata, il lettore sarebbe indotto a compiere un collegamento tra l´attività di indagine oggetto delle inchieste giornalistiche, la propria persona e l´associazione mafiosa;

- la perdurante diffusione in rete degli articoli cui rinviano i citati URL comporta un danno ingiustificato alla propria sfera personale e alla propria reputazione in ragione della sua estraneità ai fatti rappresentati, nonché della circostanza che si tratta di notizie ormai prive di interesse pubblico perché obsolete, inesatte e prive di riscontri giudiziari così da fornire una rappresentazione fuorviante della propria persona;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 19 dicembre 2017 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste del ricorrente, nonché la nota del 26 gennaio 2018 con la quale è stata disposta, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del Codice, la proroga del termine per la conclusione del procedimento;

VISTA la nota datata 22 dicembre 2017 e la successiva memoria del 9 gennaio 2018 con le quali Google, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimiliano Masnada e Marco Berliri, in relazione gli URL oggetto di ricorso, dopo aver provveduto a distinguerli in apposito elenco alfabetico riportato nella citata memoria del 9 gennaio 2018, ha rappresentato:

- in relazione all´URL indicato al punto e) dell´elenco, che lo stesso non è stato fatto oggetto di interpello preventivo rendendo pertanto inammissibile la relativa richiesta di rimozione;

- in relazione all´URL indicato al punto b), che lo stesso non viene indicizzato a seguito di ricerche effettuate digitando il nominativo del ricorrente;

- con riferimento ai restanti URL:

• di non poter aderire alle richieste del ricorrente in ragione "di un sussistente interesse della collettività alla reperibilità delle informazioni di cronaca ancora recenti riconducibili al [suo] ruolo professionale, anche di rilevanza pubblica";

• che, nel caso di specie, non possono ritenersi esistenti i presupposti per l´applicazione del diritto all´oblio in ragione sia dell´insussistenza del requisito del trascorrere del tempo, considerando che i contenuti cui rinviano cinque degli URL contestati sono stati pubblicati tra il 2006 e il 2007 ed i restanti due rispettivamente nel 2010 e 2011, sia dell´attività professionale svolta dal ricorrente che, essendo" un avvocato di spicco della scena forense siciliana", deve certamente essere ricompreso "nella definizione di soggetto che ricopre un ruolo pubblico ai sensi della sentenza Costeja, delle Linee Guida e della giurisprudenza di merito";

• che, alla luce delle esigue informazioni fornite dal ricorrente, non ha elementi per comprendere "lo stato del procedimento e la misura del coinvolgimento del ricorrente nello stesso, circostanza che rende impossibile una approfondita valutazione nel merito, che si ritiene più opportuno rimettere" al giudizio dell´Autorità Garante;

• che, in ogni caso, il presunto carattere diffamatorio dei contenuti in questione sarebbe irrilevante atteso che, ove un soggetto ritenga leso il proprio diritto all´onore e alla reputazione, può agire in sede giudiziaria nei confronti dell´autore del post o del gestore del sito che ha pubblicato le informazioni asseritamente diffamatorie, ma non è legittimato a rivolgersi al motore di ricerca che, stante la logica sottesa al funzionamento dello stesso, non ha alcun controllo sul contenuto delle informazioni in esso reperite, né è in grado di valutarne la portata offensiva;

VISTE le memorie del 7 e 9 gennaio 2018 con le quali il ricorrente ha:

- rilevato che la richiesta di rimozione dell´URL indicato al punto e) del predetto elenco è stata avanzata in data 26 gennaio 2016 utilizzando un modulo on-line predisposto da Google che risulta depositato in allegato all´atto di ricorso;

- precisato che l´URL riportato al punto b), contrariamente a quanto sostenuto dalla controparte, risulta tuttora indicizzato da Google digitando nel motore di ricerca il nominativo del ricorrente;

- ribadito, per il resto, la mancanza di interesse pubblico dei contenuti di cui si chiede la deindicizzazione, sulla base delle considerazioni già formulate nell´atto introduttivo;

VISTA la memoria del 12 gennaio 2018 con la quale Google ha evidenziato che:

- la richiesta di rimozione del sopra citato URL indicato al punto e) è stata avanzata dal ricorrente utilizzando il modulo on-line messo a disposizione dal motore di ricerca per la rimozione di contenuti ritenuti diffamatori e non già attraverso il diverso modulo on-line per la deindicizzazione fondata sul diritto all´oblio;

- lo URL di cui al punto b) invece "non costituisce un URL valido e non può per definizione essere indicizzato da Google", essendo una sequenza di caratteri che costituiscono la forma abbreviata dell´URL indicato al punto c) che pure è oggetto di ricorso, aggiungendo tuttavia che "in quanto abbreviazione dell´URL esteso (…) la sequenza di caratteri in questione seguirà la sorte che di esso verrà decisa all´esito del presente procedimento";

RITENUTO, in via preliminare, che il ricorso può essere considerato validamente proposto in ordine alla richiesta di rimozione di tutti gli URL individuati negli interpelli preventivi e richiamati nell´atto introduttivo del procedimento, tenuto conto che il ricorrente, attraverso i diversi interpelli preventivi avanzati sia con l´utilizzo dei vari moduli on-line messi a disposizione dal motore di ricerca che attraverso specifiche note trasmesse a quest´ultimo, ha chiaramente espresso il proprio interesse a far rimuovere gli URL oggetto di ricorso, anche nelle loro forme abbreviate, fornendo ampie argomentazioni circa l´esistenza nel caso di specie dei presupposti per l´esercizio del diritto all´oblio;

CONSIDERATO che, ai fini della valutazione dell´esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all´oblio, occorre tenere conto, oltre che dell´elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite "Linee Guida" adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

RILEVATO a tale riguardo che:

- gli URL oggetto di ricorso tuttora indicizzati da Google riconducono ad articoli pubblicati per lo più nel 2007 relativamente a fatti risalenti al 2005 rispetto ai quali l´interessato non risulta aver subito alcun inchiesta giudiziaria, mentre, nel caso degli articoli pubblicati nel 2010 e 2011, sempre relativi alle medesime vicende ma attribuite esclusivamente al fratello, viene citato solo in relazione al rapporto di parentela con quest´ultimo;

- gli URL riconducono a notizie ormai obsolete per le quali risulta sussistente l´elemento temporale quale presupposto per l´esercizio del diritto all´oblio (secondo quanto previsto al punto 7 delle citate Linee Guida del WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali);

- inoltre, le informazioni in questione possono "generare un´impressione inesatta, inadeguata o fuorviante" dell´interessato con un conseguente impatto "sproporzionatamente negativo" sullo stesso, per le modalità con cui vengono riportate, anche attraverso il riferimento al patrocinio legale in passato svolto dal ricorrente in favore di un noto boss mafioso;

- la permanenza in rete di tali articoli, quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nome e cognome del ricorrente, può ritenersi idoneo a causare alla stesso un pregiudizio che non risulta bilanciato dalla sussistenza di uno specifico interesse pubblico alla conoscibilità della vicenda in collegamento con essi (secondo quanto previsto al punto 8 delle citate Linee Guida del WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali, trattamento pregiudizievole per l´interessato);

RITENUTO, alla luce di quanto sopra esposto, di dover accogliere il ricorso e, per l´effetto, di dover ordinare a Google, ai sensi dell´art. 150, comma 2, del Codice, di provvedere, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, alla rimozione di tutti gli URL oggetto di richiesta, ivi compreso l´URL indicato al punto b) dell´elenco, quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell´interessato;

VISTE le decisioni dell´Autorità del 15 gennaio e del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria delle spese e dei diritti per i ricorsi e ritenuto congruo, nel caso di specie, quantificare detto importo nella misura di euro 500,00, da addebitarsi per euro 250,00 a carico di Google in considerazione degli adempimenti connessi alla presentazione del ricorso, compensando la restante parte per giusti motivi e, in particolare, in ragione della specificità della richiesta;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a. accoglie il ricorso e, per l´effetto, ordina a Google di rimuovere, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, tutti gli URL oggetto di richiesta quale risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell´interessato;

b. determina l´ammontare delle spese del presente procedimento nella misura forfettaria di euro 500,00, di cui euro 250,00 da addebitarsi al titolare del trattamento, che dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa la restante parte per giusti motivi.

Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell´art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro trenta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che l´inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell´art. 170 del Codice. Ricorda altresì che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all´art. 164 del Codice.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 1° marzo 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia