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Provvedimento del 23 gennaio 2020 [9297610]

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[doc. web n. 9297610]

Provvedimento del 23 gennaio 2020

Registro dei provvedimenti
n. 24 del  23 gennaio 2020

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante in data 16 gennaio 2019, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale XX, rappresentato da Ealixir IT S.r.l., ha chiesto di ordinare a Google LLC e Google Italy S.r.l. la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nominativo, di alcuni URL collegati a pagine contenenti informazioni riguardanti vicende giudiziarie nelle quali è stato coinvolto, "da lungo tempo conclusesi definitivamente" con sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti pronunciate tra il 1998 ed il 2001;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rappresentato:

il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla permanenza in rete di informazioni relative a vicende ormai risalenti nel tempo per le quali sono trascorsi "quasi venti anni dal passaggio in giudicato delle sentenze che hanno definito [i rispettivi] procedimenti e, variabilmente, a seconda dello specifico link, da due a quindici anni dalla pubblicazione degli articoli di cronaca reperibili online";

che i più recenti tra questi ultimi non apportano "alcun contributo innovativo [tale da giustificare] la riproposizione dei fatti di cronaca quanto alla figura del reclamante", la cui immagine subisce a tutt'oggi "uno sproporzionato e non più giustificabile vulnus";

che la reperibilità in rete di detti articoli, in associazione al proprio nominativo, è avvenuta per un tempo idoneo a garantire le finalità informative cui gli stessi erano originariamente destinati, tenuto anche conto del fatto che le informazioni ivi contenute sono da ritenersi ormai inadeguate alla luce del percorso di ravvedimento nel frattempo intrapreso ed in relazione al quale ha ottenuto la riabilitazione nel 2018;

quest'ultima, infatti, determina la cessazione "di ogni effetto di cui la condanna sia stata presupposto anche quindi (...) con riferimento all'onta e al giudizio morale negativo subiti dal reclamante tramite l'amplificata e prolungata esposizione mediatica (...) per via della immediata reperibilità dei contenuti editoriali (...) tramite ricerche online” che, di fatto, "vanifica[no] ingiustamente (...) l'efficacia dell'istituto";

che due degli URL oggetto di richiesta di rimozione (indicati nell’atto di reclamo con i nn. 18 e 31) rimandano a fatti diversi da quelli relativi alle vicende giudiziarie trattate dai restanti articoli, rilevando che, anche in relazione ad essi, è stata disposta l’archiviazione del procedimento, come risultante peraltro da un articolo presente in rete pubblicato nel 2009 (cfr. URL https://...);

VISTA la nota del 5 febbraio 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 20 febbraio 2019 con la quale con la quale Google LLC e Google Italy S.r.l., rappresentate e difese dagli avv.ti XX, XX ed XX, hanno comunicato:

che gli URL indicati nell'atto di reclamo con i nn. 3, 10, 16, 18, 19, 22, 25, 26, 29, 39 e 42 non risultano indicizzati dal motore di ricerca Google Web Search tramite il nome del reclamante;

che l'URL indicato nel medesimo atto con il n. 43 non può essere esaminato in quanto "incompleto e non funzionante";

di non poter accogliere la richiesta di rimozione con riguardo ai restanti URL non ritenendo sussistenti, con riguardo ad essi, i presupposti per l'esercizio del diritto all'oblio in quanto:

• connessi a contenuti di sicuro interesse pubblico trattandosi di notizie riguardanti vicende giudiziarie di notevole "rilevanza storica, economica e culturale del nostro Paese" nell'ambito delle quali il reclamante, XX, ha avuto un ruolo di spicco;

• l'interessato ricopre tuttora un ruolo nella vita pubblica in quanto svolge "la professione di XX;

• la maggior parte degli URL contestati rimandano "ad articoli giornalistici pubblicati [da] alcune tra le più importanti testate (…) nazionali ed internazionali";

• con riguardo ad alcuni degli URL indicati nell'atto di reclamo - nello specifico quelli indicati con i nn. 1, 4, 6, 8, 11, 12, 17, 24, 27, 30, 33, 35, 40 e 41 - risulta insussistente il requisito del trascorrere del tempo, il quale rappresenta elemento costitutivo del diritto all'oblio, in quanto risalenti ad un periodo recente compreso tra il 2012 ed il 2017;

VISTA la memoria del 12 marzo 2019 con la quale l'interessato, nel ribadire quanto già dedotto nell'atto introduttivo del procedimento, ha comunicato:

di concordare con quanto dichiarato dalla società resistente con riguardo alla circostanza della non reperibilità in rete in associazione al proprio nominativo degli URL indicati nell'atto di reclamo con i nn. 3, 10, 16, 18, 19, 22, 25, 26, 29, 39 e 42;

che l’URL individuato nell’atto di reclamo con il n. 43 è stato erroneamente indicato nell’atto di reclamo ed ha provveduto, nel contempo, a fornirne gli estremi corretti ribadendo la richiesta di rimozione dello stesso;

con riguardo agli ulteriori URL, che l'incontestato rilievo storico della vicenda in cui è stato coinvolto non può dirsi, ad oggi, prevalente sul suo diritto a non esservi più associato in modo permanente tenuto anche conto del percorso riabilitativo nel frattempo compiuto, nonché del fatto che la propria attività XX è svolta attualmente all'estero;

che, in ragione di quest’ultimo aspetto e del fatto che la condanna subita non abbia riguardato reati commessi contro la pubblica amministrazione, non può dirsi sussistente l'esigenza di proteggere il pubblico da eventuali condotte improprie a lui riferibili in quanto "non ha più da lunghissimo tempo alcuna relazione con l'attività XX svolta in epoca ormai remota sul territorio italiano", né, a tal fine, può attribuirsi rilievo alla carica XX;

che la resistente, nell'opporre un rifiuto alle sue richieste nel corso del presente procedimento, avrebbe tenuto un comportamento contraddittorio avendo accolto, in precedenza, un'istanze di rimozione riguardante contenuti analoghi resi disponibili tramite servizi gestiti dalla medesima società, nonché con riguardo ad un URL collegato ad un articolo di una nota testata di rilievo nazionale pubblicato nel giugno del XX;

di aver rivolto, nei confronti di diversi editori di testate giornalistiche, un’istanza di deindicizzazione di articoli riguardanti i medesimi fatti di cronaca, ottenendo, dalla maggior parte di essi, l’accoglimento della richiesta - per un totale di 130 URL – circostanza che sarebbe idonea a dimostrare il generale avvenuto riconoscimento della prevalenza del suo "diritto ad essere dimenticato in relazione agli eventi storici riferiti nei rispettivi articoli giornalistici", ivi incluso il blog personale di colui che, all'epoca dei fatti, fu XX;

che la richiesta di rimozione degli URL oggetto del presente reclamo è stata avanzata nei confronti di Google in quanto connessi a contenuti riconducibili a titolari non identificabili o che, seppur identificati, non hanno fornito riscontro;

VISTA la comunicazione dell’8 novembre 2019 con la quale l’interessato ha fatto pervenire copia del decreto di archiviazione disposta dal giudice competente XX, precisando di essere in realtà rimasto estraneo al suddetto procedimento, che ha invece riguardato un membro della sua famiglia, benché gli articoli riportino erroneamente la notizia di un suo coinvolgimento;

VISTA la nota dell’8 novembre 2019 con la quale Google ha ribadito di non poter aderire alle richieste del reclamante - ivi inclusa quella riferita all’URL indicato con il n. 43, così come correttamente individuato nel corso del presente procedimento - rilevando che:

la circostanza, eccepita dall’interessato, di non aver subito una condanna con riguardo a reati contro la pubblica amministrazione non avrebbe alcuna rilevanza ai fini della valutazione della sua richiesta, tenuto conto del fatto che il diritto all’oblio non può essere invocato con riguardo ai reati più gravi, quali quelli per i quali il medesimo è stato sottoposto a processo;

né, a tale fine, potrebbe darsi rilievo all’intervenuta riabilitazione, concessagli nel 2018, in quanto tale istituto “non estingue il reato, né (…) conferisce a un soggetto il potere di censurare le notizie sui procedimenti giudiziari a suo carico”;

le vicende giudiziarie che hanno coinvolto il reclamante XX;

la professione svolta dall’interessato, XX, rientra senza dubbio nella definizione di “uomini di affari”, contenuta nelle Linee Guida sul delisting del 26 novembre 2014, riconducendolo pertanto nel novero di soggetti che ricoprono un ruolo pubblico;

VISTA la memoria del 25 novembre 2019 con la quale l’interessato, nel ribadire quanto già in precedenza comunicato, ha rappresentato che:

il pregiudizio subito per effetto della perdurante esposizione mediatica derivante dall’associazione del proprio nome a fatti ormai risalenti, ed in relazione ai quali ha saldato da tempo il proprio debito con la giustizia, non potrebbe ritenersi bilanciato da un attuale interesse del pubblico alla reperibilità delle relative informazioni tramite il motore di ricerca;

pur non negando “l’importanza storico-giuridica delle vicende giudiziarie in cui fu coinvolto”, occorre tenere conto del fatto che il contesto storico in cui si inserisce l’episodio di cronaca riferito al singolo soggetto dovrebbe essere solo “uno degli elementi da considerare nel bilanciamento degli interessi”, essendo configurabili, nel caso di specie, numerosi profili idonei a sostenere il suo diritto ad essere dimenticato;

l’originaria finalità di cronaca giornalistica, infatti, potrebbe ritenersi ad oggi sostituita, se del caso, da una finalità di ricostruzione storica che non richiede necessariamente il trattamento di dati personali identificativi del soggetto interessato (cfr. sentenza Cass. SS.UU. n. 19681/2019), tenuto peraltro conto del fatto che nessuno dei contenuti contestati risulta aggiornato con informazioni relative alla riabilitazione nel frattempo ottenuta, evidenziando in tal modo l’inadeguatezza e la non attualità di essi a rappresentare correttamente la sua situazione attuale;

con riguardo alla presenza in rete di contenuti riguardanti un’intervista da lui XX, quest’ultima, “lungi dall’essere espressione di una volontà del reclamante di rievocare o ripercorrere in modo puntuale i fatti oggetto dei contenuti di cui (…) si chiede la deindicizzazione (…), rappresenta invero un [suo] momento di sfogo XX e che risulta peraltro aggiornato con la notizia dell’intervenuta riabilitazione;

VISTA la comunicazione dell’11 dicembre 2019 con la quale Google, in ordine all’eccezione sollevata dal reclamante relativamente all’avvenuta rimozione, da parte della medesima, di un articolo pubblicato nel XX da un noto quotidiano di rilievo nazionale ed avente ad oggetto la medesima vicenda, ha dichiarato che “la rimozione è avvenuta perchè l'URL in questione, pur includendo il nome del soggetto interessato, indirizzava ad una pagina di “Error 404", quindi priva di contenuto” e che, pertanto, non vi sarebbe alcuna contraddizione con la posizione assunta nel corso del presente procedimento;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo agli URL indicati nell’atto di reclamo con i nn. 3, 10, 16, 18, 19, 22, 25, 26, 29, 39 e 42, che il titolare del trattamento ha comunicato che gli stessi non risultano indicizzati dal motore di ricerca Google Web Search per ricerche svolte a partire dal nome del reclamante, circostanza confermata anche dall’interessato;

RITENUTO pertanto, con riguardo a detti URL, che non vi siano gli estremi per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo in quanto reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, con riguardo all'URL indicato nell’atto di reclamo con il n. 31, nonché con riguardo a quello indicato con il n. 23 avente il medesimo oggetto, che:

gli stessi si riferiscono ad una vicenda diversa da quella riportata negli articoli costituenti l'oggetto principale del presente reclamo che, secondo informazioni dedotte dal reclamante e confermate anche da un articolo pubblicato successivamente a quelli per i quali è stata chiesta la rimozione, risulta essere stata definita con l'archiviazione disposta nei confronti di tutti i soggetti coinvolti, informazione che non appare riportata all'interno degli articoli medesimi;

il reclamante, nel produrre copia del decreto di archiviazione, ha inoltre dichiarato che, contrariamente a quanto riportato negli articoli sopra citati, egli sarebbe rimasto del tutto estraneo al predetto procedimento che avrebbe invece riguardato altri membri della sua famiglia, circostanza confermata dalla mancata inclusione del suo nominativo all'interno del citato decreto che si riferisce comunque a tutte le persone coinvolte nell'inchiesta;

alla luce di quanto sopra esposto, la reperibilità in rete degli articoli collegati ai sopra indicati URL appare in contrasto con i principi di esattezza ed aggiornamento dei dati espressamente previsti dal Regolamento (cfr. art. 5, par. 1, lett. d)), nonché con quanto affermato dalle citate “Linee Guida” (cfr. punti 4 e 7 della Parte II), e risulta pertanto idonea a determinare un pregiudizio in capo all’interessato che non risulta bilanciato dalla sussistenza di un interesse del pubblico a conoscere tali informazioni;

RITENUTO, alla luce di quanto sopra esposto, di dover considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione degli URL indicati nell’atto di reclamo con i nn. 23 e 31 e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, i predetti URL quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato;

RILEVATO, con riguardo agli ulteriori URL, che:

la permanente indicizzazione di tali articoli vanifica del tutto gli effetti dei benefici connessi al conseguimento, da parte del reclamante, della riabilitazione rispetto alle condanne riportate e, in particolare, di quello della esclusione di queste ultime dal novero delle iscrizioni riportate nel certificato del casellario giudiziale richiesto dall’interessato ai sensi dell’art. 24, c.1, lett. d), d.P.R. n. 313 del 2002;

tale limitazione della pubblicità dell’informazione relativa alla condanna - funzionale alla finalità di reinserimento sociale del reo di cui l’istituto riabilitativo è, di per sé, espressione-risulterebbe inevitabilmente vanificata dalla perdurante indicizzazione, da parte dei motori di ricerca, degli articoli in questione, che collegano direttamente al nominativo dell’interessato il suo “profilo giudiziario”, non aggiornato ai successivi sviluppi. L’esigenza di aggiornamento del profilo della persona stilato dal motore di ricerca, alla situazione (anche giudiziaria) attuale e agli sviluppi medio tempore intervenuti è, peraltro, sottolineata, da ultimo, dalla Corte di giustizia dell’unione europea (Grande Sezione, sentenza 24 settembre 2019, C 136-17);

la reperibilità in rete di notizie non aggiornate inerenti la condanna del reclamante sulla base della mera associazione con il suo nominativo, determinerebbe, nei suoi confronti, il pregiudizio dell’incompletezza della notizia, vanificando anche alcuni degli effetti della riabilitazione ottenuta, come del resto già affermato in casi analoghi da questa Autorità (cfr., in particolare, provv.nn. 306 del 2015, doc web 4203381, 277 del 2017, doc web 6692214, 153 del 2019, doc web 9136842). Ne conseguirebbe, quindi, la non conformità del trattamento ai principi di cui all’articolo 5 del Regolamento, con conseguente riconoscimento, in capo al reclamante, del diritto di cui all’articolo 17, paragrafo 1, lettera d) del Regolamento stesso;

il riconoscimento di tale diritto, del resto, si limita a impedire la sola diretta associazione tra gli articoli esaminati e il nominativo dell’interessato, suscettibile di determinarne, sulla base dei risultati restituiti dal motore di ricerca, un “profilo” non più compatibile con l’attuale sua condizione personale e giudiziaria. Il riconoscimento del diritto in questione non preclude invece, in alcun modo, la più ampia conoscibilità della vicenda storica e processuale (di indubbio interesse pubblico) in cui il reclamante è stato coinvolto, dal momento che gli articoli in questione risulterebbero comunque reperibili, persino sulla base di una ricerca condotta a partire dal nominativo dell’interessato, purché vi siano aggiunte altre parole;

RITENUTA, pertanto, la fondatezza del reclamo anche rispetto agli ulteriori URL indicati in premessa, con conseguente ingiunzione a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di rimozione, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, i suddetti URL quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti di Google LLC discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

prende atto di quanto comunicato dalla società resistente, come confermato dall’interessato, in ordine all'attuale non reperibilità, in associazione con il nominativo del medesimo, degli URL indicati nell’atto di reclamo con i nn. 3, 10, 16, 18, 19, 22, 25, 26, 29, 39 e 42, e pertanto ritiene che non vi siano i presupposti per l'adozione di provvedimenti in merito da parte dell'Autorità;

dichiara il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli URL indicati nell’atto introduttivo del procedimento con i nn. 23 e 31 e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, i predetti URL quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato;

dichiara il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di rimozione dei restanti URL e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di rimuovere, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, i predetti URL quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato.

Il Garante, ai sensi dell'art. 157 del Codice, invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 23 gennaio 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia