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Provvedimento del 15 dicembre 2022 [9855545]

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[doc. web n. 9855545]

Provvedimento del 15 dicembre 2022

Registro dei provvedimenti
n. 418 del 15 dicembre 2022

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l'avv. Guido Scorza, componenti e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 recante “Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la Direttiva 95/46/CE (di seguito “Codice”);

VISTO il Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante per la protezione dei dati personali, approvato con deliberazione n. 98 del 4 aprile 2019, pubblicato in G.U. n. 106 dell’8 maggio 2019 e in www.gpdp.it, doc. web n. 9107633 (di seguito “Regolamento del Garante n. 1/2019”);

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante per la protezione dei dati personali, doc. web n. 1098801;

Relatore il dott. Agostino Ghiglia;

PREMESSO

1. Introduzione.

Con reclamo presentato ai sensi dell’art. 77 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, il “Regolamento”), un medico iscritto all’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (di seguito, l’“Ordine”) ha rappresentato che, a seguito di proprie dichiarazioni in senso critico in merito a taluni obblighi di vaccinazione previsti dalla legge, l’Ordine, nei mesi di maggio e di luglio XX, gli avrebbe notificato la convocazione ex art. 39, comma 1, del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, per acquisire informazioni preliminari in merito alla propria condotta, ai fini dell’eventuale apertura di un procedimento disciplinare a proprio carico.

Il reclamante ha quindi lamentato che, nel corso di alcune trasmissioni televisive (“Piazza Pulita” del XX; “Piazza Pulita” del XX” e “Non è l’Arena” del XX), il Presidente dell’Ordine avrebbe rilasciato dichiarazioni in merito alle predette iniziative, assunte dall’Ordine nei propri riguardi.

È stata, inoltre, lamentata la circostanza che, in data XX, l’Ordine avrebbe pubblicato sul proprio sito web istituzionale un comunicato stampa, in cui si dava conto del fatto che l’Ordine avesse già assunto iniziative nei confronti del reclamante e che lo stesso sarebbe stato convocato a breve per acquisire informazioni.

2. L’attività istruttoria.

In riscontro a una richiesta d’informazioni di questa Autorità (nota prot. XX del XX), l’Ordine, con nota prot. n. XX del XX, ha dichiarato, in particolare, che:

“[l]’Ordine riceveva numerose segnalazioni da parte di vari soggetti che denunciavano, preoccupati, le posizioni pubblicamente assunte dal reclamante […] (medico di medicina generale) a sostegno di tesi negazioniste dell’utilità dell’utilizzo dei dispositivi di protezione personale - sconsigliandone l’utilizzo -, dei vaccini contro il Covid 19 nonché dei tamponi, ponendosi così in netto contrasto con gli indirizzi della comunità scientifica internazionale, della normativa nazionale e regionale ratione temporis vigente”;

“con nota del XX (prot. n. XX), il [reclamante] veniva quindi convocato presso la sede dell’Ente, per essere ascoltato ai sensi dell’art. 39, I comma, del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, in merito ai fatti suddetti. Inoltre, tenuto conto della situazione emergenziale in atto, lo stesso veniva invitato a tenere un comportamento caratterizzato da maggiore prudenza nel rilascio di dichiarazioni pubblicate sui social, in ossequio delle regole deontologiche”;

in conseguenza di un’ulteriore segnalazione pervenuta all’Ordine, faceva seguito la “nota del XX (prot. n. XX)”, con la quale l’Ordine richiamava nuovamente il professionista;

“nonostante le raccomandazioni dell’Ente ordinistico, la presenza pubblica, sul web e sui canali social del [reclamante] diventava sempre più assidua e le sue tesi contrarie alla disciplina individuata dalla legge e dalla scienza come corretta modalità di gestione della pandemia venivano puntualmente esacerbate con pubbliche posizioni accusatorie”;

“di fronte ad un atteggiamento tanto antigiuridico, l’Ordine attivava le procedure disciplinari previste dalla legge delle quali il [reclamante] ne dava pubblicamente notizia: con intervista pubblicata in data XX da Il Messaggero, la testata giornalistica pubblicava che il [reclamante] fosse uno dei medici finiti sotto procedimento disciplinare dell’OMCeO di Roma ed in risposta alla domanda del giornalista “[cognome del reclamante], sa che rischia la radiazione?” il sanitario confermava l’esistenza del procedimento disciplinare rispondendo “l’Ordine mi ha chiesto chiarimenti, ho risposto, è finita lì”; parimenti, con dichiarazione ad Adn Kronos del XX il [reclamante] divulgava il suo coinvolgimento disciplinare affermando che “Sono stato chiamato dall’Omceo Roma perché ci sono state delle segnalazioni e ho risposto a quello che mi contestavano, tutto qui””;

nel corso della trasmissione televisiva ““PIAZZA PULITA” in onda su La7 il XX”, durante la quale il [reclamante] esponeva tesi non condivise dall’Ordine, “veniva […] trasmesso l’intervista del […] Presidente dell’[Ordine], nella quale commentava la condotta del [reclamante] limitandosi a sostenere che “il medico deve rispettare le leggi dello stato […] Se dovrò chiamarlo a giudizio poi sentirò quali sono le prove con cui dimostra che i medici sono stati costretti ad ammazzare” […]”;

“considerata la gravità della condotta del […] reclamante, valutato il pericolo di poter convincere anche solo uno dei suoi pazienti con le sue infondate ed antiscientifiche tesi, e analizzate altresì le prerogative che la legge riservava agli Ordini, si decideva di rassicurare la collettività circa gli adempimenti di legge che l’Ordine stava compiendo a tutela della salute pubblica mediante la pubblicazione sul proprio sito web del comunicato del XX”;

“il [reclamante], in data XX, si prestava ulteriormente alla ribalta mediatica prendendo parte, alla trasmissione televisiva “NON È L’ARENA”, in onda su LA7, durante la quale […] ribadiva le proprie posizioni”;

talune ulteriori dichiarazioni del [reclamante] venivano proposte durante la “trasmissione televisiva de LA7 NON È L’ARENA del XX”;

“nella medesima trasmissione il giornalista, già a conoscenza del coinvolgimento nelle dinamiche disciplinari ordinistiche del [reclamante] […] introduceva l’intervista del [Presidente dell’Ordine] affermando “Presidente, come Ordine dei Medici avete avviato un procedimento contro il [cognome del reclamante]””;

“vertendo l’intervista su argomenti di dominio pubblico resi tali dallo stesso titolare ([, ovvero, il [reclamante]) di ogni diritto su tali informazioni, al fine di tutelare la salute pubblica e rendere concretamente operative le funzioni istituzionali dell’Ordine, il Presidente […] ribadiva esattamente le informazioni rese già pubbliche dal [reclamante], senza rivelare alcun elemento di riservatezza o che fosse coperto da qualsivoglia tutela”;

“aggiungeva il Presidente, poi, considerazioni di carattere generale rimarcando che l’azione [del] reclamante avrebbe potuto essere dannosa per i pazienti e per la salute pubblica, anche solo considerando che suggerire di non indossare la mascherina -be non indossarla proprio - rappresenta un fatto grave […]. L’[Ordine] proseguiva comunicando che le tempistiche sottese alle procedure disciplinari sarebbero state quelle previste dalla legge per garantire un contraddittorio perfetto tra le parti nell’esplicazione dei reciproci diritti di difesa garantiti a livello costituzionale, precisando il dato normativo sulle conseguenze previste dalla legge, di licenziamento sotto l’aspetto datoriale (non di competenza dell’Ordine ma della ASL), e di radiazione dall’albo per quanto concerne l’attinenza ordinistica”;

l’azione dell’Ordine è stata volta a “fornire indicazioni unitarie e rassicurazioni alla popolazione basate sulle evidenze scientifiche del momento”;

“la situazione pandemica ha di fatto richiesto di operare un costante bilanciamento degli interessi di volta in volta anche solo virtualmente contrapposti che di fatto hanno riconosciuto incondizionatamente una prevalenza dell’interesse della salute pubblica rispetto ai diritti del singolo”;

il “Presidente […] si [è] limita[to] a ribadire, per suo verbo, quanto già il [reclamante] aveva autonomamente riferito alla stampa, e cioè che lo stesso sarebbe stato sentito nell’ambito di un procedimento avviato dall’Ordine per dichiarazioni che aveva reso in merito ai vaccini”;

“il coinvolgimento del Presidente dell’Ordine è del tutto residuale ed il suo intervento non riferisce di alcun coinvolgimento disciplinare del [reclamante]”;

“evitare l’accreditamento di soluzioni curative e preventive diverse da quelle proposte dalla comunità scientifica mondiale, dannose in quanto tali per l’intera collettività o anche per un solo paziente, rappresentava - e rappresenta- una specifica ed irrinunciabile prerogativa dell’[Ordine] da raggiungersi ed attuare in via anche preordinata, se del caso, rispetto alle esigenze di tutela declamate dal [reclamante]”;

“la legittimità del trattamento dei dati effettuato è immediatamente rintracciabile nel disposto dell’art. 6 del [Regolamento] […] (cfr. lettera c), d) ed e) paragrafo 1 […]) [e] Considerando 45 e, soprattutto, 46 del [Regolamento] […]”;

“[…] la tutela [del diritto alla protezione dei dati] è sempre da assicurarsi previo bilanciamento con gli altri interessi e con le altre posizioni giuridiche soggettive, ipoteticamente con loro confliggenti […] Tale preminenza, nel caso di specie, non può che essere “assegnata” alla protezione della salute pubblica, di cui all’art. 35 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea”;

“pertanto, la conferma televisiva e sul web dell’esistenza di una pratica disciplinare in capo al [reclamante] (in ogni caso avvenute successivamente a quella effettuata dallo stesso interessato) rappresentava uno strumento per “tenere sotto controllo l’evoluzione di epidemie e la loro diffusione […]”.

Successivamente, l’Ordine ha comunicato all’Autorità di aver provveduto a rimuovere il comunicato stampa oggetto di reclamo dal proprio sito web istituzionale (v. nota prot. n. XX del XX).

Con nota del XX (prot. n. XX), l’Ufficio, sulla base degli elementi acquisiti, dalle verifiche compiute e dei fatti emersi a seguito dell’attività istruttoria, ha notificato all’Ordine, ai sensi dell’art. 166, comma 5, del Codice, l’avvio del procedimento per l’adozione dei provvedimenti di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento, avente ad oggetto le presunte violazioni degli artt. 5, par. 1, lett. a), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), invitando il predetto Ordine a produrre al Garante scritti difensivi o documenti ovvero a chiedere di essere sentito dall’Autorità (art. 166, commi 6 e 7, del Codice, nonché art. 18, comma 1, dalla l. 24 novembre 1981, n. 689).

Con nota del XX (prot. Garante n. XX), l’Ordine ha presentato la propria memoria difensiva, dichiarando, in particolare, che:

il reclamante “aveva già di sua sponte resa pubblica la convocazione presso l’[Ordine] […] disponendo così, attraverso la sua libera manifestazione di volontà alla diffusione a mezzo stampa di tale informazione, un diretto ed incondizionato consenso alla divulgazione del dato personale oggetto di trattamento (coinvolgimento pre-disciplinare) […]”;

“la riservatezza del dato personale oggetto di reclamo non è stata affatto violata poiché il collegamento identificativo tra l’informazione diffusa (coinvolgimento pre-disciplinare) e l’interessato […] è stato […] compiuto dall’interessato stesso già dal mese di XX, e quindi in data ben precedente al comunicato web ed alle dichiarazioni televisive del [Presidente dell’Ordine] avvenute solo nei mesi di XX”;

“la comunicazione del coinvolgimento del [reclamante] ad accertamenti ordinistici, informazione questa di dominio pubblico, risultava comunque un’azione doverosa per la tutela della salute pubblica - prerogativa funzionale, questa, assegnata dalla legge agli Ordini dei medici - minacciata dalle gravi e pericolose posizioni anti-scientifiche del reclamante che in maniera pubblica ed insistente professava tesi cosiddette No-Vax, ponendo anche concretamente in essere condotte durante il suo ruolo istituzionale (trattasi di medico di medicina generale in convenzione col SSN) contrarie alle leggi ratione temporis vigenti”;

“gli Ordini territoriali sono per legge (cfr. l. n. 3/2018), quali organi sussidiari dello Stato, votati alla potestà degli interessi pubblici connessi all’esercizio della professione medica, dovendo finalizzare quella prerogativa ontologica di garanzia della salute individuale e pubblica”;

“tra i doveri rappresentativi di siffatto obbligo legale non può non esserci quello di allertare la collettività circa il pericolo cagionato da un proprio iscritto, rassicurando l’utenza ed i colleghi medici circa il pericolo cagionato da un proprio iscritto, rassicurando l’utenza ed i colleghi medici circa l’effettiva presenza dell’Ordine che, a riprova della garanzia della funzione pubblica affidatagli, conferma che avverso posizioni contrarie alla salute pubblica, come quelle espresse dal [reclamante], l’Ordine è presente e porrà in essere ogni azione prevista dalla legge, non da ultimo di quella di avvertire che a fronte di posizioni così antiscientifiche sono previste anche sanzioni disciplinari”;

“il Codice stesso rammenta che il trattamento (diffusione, nel caso che ci occupa) è sempre consentito se necessario per l’adempimento di un compito svolto nel pubblico interesse o per l’esercizio di pubblici poteri a esso attribuiti […] [Sussisteva, nel caso di specie] la necessità di tutelare la salute pubblica e ciò, se del caso, anche a discapito dell’interesse di riservatezza in capo al singolo, [ovvero il reclamante], che con la sua azione di proselitismo anti vaccinale, peraltro non limitato a mere affermazioni - ancorché pubbliche - ma concretizzata addirittura con vere e proprie azioni di convincimento dei propri pazienti (oltre 6000) aggrediva, minandola, la garanzia di tutela della salute pubblica”;

“non è negabile che le posizioni del [reclamante], contrarie a tutti i dettati della comunità scientifica internazionale, ben poteva mettere in pericolo un gran numero di pazienti, così che l’interesse pubblico dell’azione dell’[Ordine] capitolino, che ha confermato l’avvio di procedure di accertamento, è del tutto legittimo e presupposto alla tutela di un interesse pubblico, ben più importante del diritto di riservatezza del singolo - peraltro inesistente nel caso in esame poiché già divulgato dall’interessato stesso”;

occorre considerare il “contesto di emergenza che concretamente ha fatto saltare ogni schema, inserendo le azioni di controllo - vieppiù e a maggior ragione quelle istituzionali - in un ambito di tutela “cautelare””;

“nella trasmissione del XX1, il coinvolgimento del Presidente dell’Ordine è del tutto residuale ed il suo intervento non riferisce di alcun coinvolgimento disciplinare del [reclamante] (“il medico deve rispettare le leggi dello stato […] Se dovrò chiamarlo a giudizio poi sentirò quali sono le prove con cui dimostra che i medici sono stati costretti ad ammazzare” (cfr. min. 1:58:36 al min. 1:59:17 […]”;

“nella puntata del XX, visto che lo stesso [reclamante] aveva già reso pubblico con intervista al Il Messaggero del XX e con dichiarazione ad Adn Kronos del XX il suo coinvolgimento disciplinare ordinistico, il giornalista intervistatore introduceva l’intervento del [Presidente dell’Ordine] dando per assodato che l’Ordine avesse ottemperato al proprio ruolo (“Presidente, come Ordine dei Medici avete avviato un procedimento contro il [reclamante]” (cfr. min . 1:15:42 […]) conseguendo la mera conferma del Presidente che ribadiva esattamente le informazioni rese già pubbliche dal [reclamante], senza rivelare alcun elemento di riservatezza o che fosse coperto da qualsivoglia tutela”;

“seguivano considerazioni di carattere generale a specificazione che la pubblica posizione a-scientifica del [reclamante] avrebbe potuto essere dannosa per i pazienti e per la salute pubblica, anche solo considerando che suggerire di non indossare la mascherina - e non indossarla proprio - rappresentava un fatto grave (cfr. […] min. 1:15:43 al min 1:16:33)”

“pertanto, la conferma televisiva e sul web dell’esistenza di una pratica ordinistica in capo al [reclamante] (in ogni caso avvenute successivamente alla notizia data in tal senso dallo stesso interessato) rappresentava uno strumento per “tenere sotto controllo l’evoluzione di epidemie e la loro diffusione”, così trovando la propria base giuridica nell’art. 6 [del Regolamento], alla luce soprattutto del richiamato Considerando 46”;

occorre, in ogni caso, considerare “la buona fede istituzionale dell’Ente che ha operato nell’esclusivo fine di tutelare la salute pubblica, valutata altresì la novità giuridico-normativa della gestione applicativa della disciplina del [Regolamento] in un contesto pandemico-emergenziale come quello in corso”.

In occasione dell’audizione, richiesta ai sensi dell’art. 166, comma 6, del Codice e tenutasi in data XX (verbale prot. n. XX del XX), l’Ordine ha dichiarato, in particolare, che:

“nel mese di XX, lo stesso reclamante aveva diffuso l’informazione che l’Ordine aveva convocato il reclamante per assumere informazioni preliminari e che proprio alla luce di queste dichiarazioni il Presidente dell’Ordine era stato invitato a partecipare ad alcune trasmissioni televisive per essere intervistato al riguardo”;

“già nel XX il reclamante aveva rilasciato dichiarazioni con riguardo alle vicende che lo avevano interessato”;

“l’Ordine, in quanto organo sussidiario dello Stato, il cui obiettivo è quello di tutelare la salute dei cittadini, aveva l’obbligo di tranquillizzare la popolazione in merito a quanto dichiarato dall’interessato, perseguendo l’interesse pubblico di contrastare la pandemia e veicolare una corretta informazione al pubblico, rassicurando lo stesso in merito al ruolo attivo dell’Ordine nel reagire in caso di posizioni anti scientifiche da parte dei propri iscritti”;

“il Presidente dell’Ordine non avrebbe mai partecipato a trasmissioni televisive e non avrebbe mai rivelato informazioni relative a un procedimento disciplinare, se lo stesso interessato non avesse reso pubbliche dichiarazioni al riguardo”;

“i fatti oggetti di reclamo si sono svolti nell’ambito del contesto emergenziale, in cui l’Ordine, come tutti gli altri soggetti pubblici, ha dovuto agire, in totale buona fede e sempre nel perseguimento dell’interesse pubblico, in un contesto non solo di estrema gravità ma anche di elevata complessità giuridica, in cui numerose scelte delicate sono state prese in tempi ristretti. L’Ordine ha mantenuto un riservo totale sui procedimenti avviati nei confronti degli iscritti ed ha reso note soltanto informazioni che erano già state divulgate al pubblico dall’interessato, rispondendo a specifiche sollecitazioni dei giornalisti, che evidentemente conoscevano già il coinvolgimento ordinistico del [reclamante]”;

“lo stesso reclamante, partecipando attivamente alle trasmissioni televisive in questione, ha voluto mettere il proprio caso all’attenzione dell’opinione pubblica, accettando il confronto televisivo e l’inevitabile divulgazione dei propri dati personali”.

3. Esito dell’attività istruttoria.

Sulla base di quanto emerso nel corso dell’istruttoria, risulta accertato che l’Ordine ha diffuso informazioni relative alle iniziative da esso assunte nei confronti del reclamante ai fini del possibile avvio di un procedimento disciplinare, sia mediante la pubblicazione di un comunicato stampa sul proprio sito web istituzionale sia a seguito di dichiarazioni rilasciate dal Presidente dell’Ordine nel corso di alcune trasmissioni televisive.

In particolare, in data XX, l’Ordine pubblicava un comunicato stampa sul proprio sito web istituzionale, recante il seguente testo: “l'Ordine dei medici di Roma ha aperto un fascicolo su [nome e cognome del reclamante] già lo scorso anno, le procedure hanno dei tempi tecnici da rispettare. Abbiamo anche avuto le elezioni qui all'Ordine, che un po’ hanno rallentato la pratica. Ma sicuramente a breve, entro il mese di febbraio, [cognome del reclamante] sarà convocato per rispondere ad alcune domande". Così il presidente dell'Ordine dei medici di Roma, […], in merito a [nome e cognome del reclamante], il medico di […] ormai noto per le sue posizioni contro il vaccino anti-Covid. "La sua procedura ha subito un rallentamento anche a causa delle recenti dichiarazioni che ha rilasciato in tv - spiega ancora [il Presidente dell’Ordine] - bisognerà valutare anche quelle. Certamente il Consiglio dell'Ordine analizzerà quei filmati e valuterà se ci sono le condizioni per inviarlo in commissione disciplina. Ovviamente [cognome del reclamante] avrà poi diritto di replicare"”.

Successivamente, nel corso della trasmissione televisiva “Piazza Pulita” del XX, il Presidente dell’Ordine affermava che “[…] noi abbiamo attenzionato il dott. [cognome del reclamante] già dall’anno scorso, sono arrivati degli esposti, per cui abbiamo messo in moto tutta l’istruttoria […] vi posso già dire che lunedì prossimo il dott. [cognome del reclamante] è convocato presso l’Ordine dei Medici per appunto rispondere ad alcune domande riguardanti il suo comportamento e quanto lui dice” (v. video della trasmissione agli atti).

Infine, durante la trasmissione televisiva “Non è l’Arena” del XX, il Presidente dell’Ordine dichiarava che “già l’anno scorso abbiamo ricevuto diversi esposti per quanto riguarda il dott. [cognome del reclamante] sia da colleghi che da pazienti, per cui già abbiamo attivato determinate procedure; lunedì scorso l’ho convocato, gli ho fatto delle domande già precise e gli ho dato tempo dieci giorni per dare una risposta per iscritto su quelle che sono le contestazioni che noi gli facciamo […] io penso che massimo per il mese di marzo dovremmo chiudere la pratica” (v. video della trasmissione agli atti).

Così ricostruiti i fatti oggetto di reclamo, si osserva che, ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, “quando risultano fatti che possono formare oggetto di procedimento disciplinare, il presidente, verificatene sommariamente le circostanze, assume le opportune informazioni e, dopo aver inteso il sanitario, riferisce al Consiglio per le conseguenti deliberazioni” (v. la nota dell’Ordine n. XX del XX, agli atti, con la quale lo stesso ha invitato il reclamante a presentarsi presso la sede dell’Ordine per essere ascoltato ai sensi della predetta disposizione).

Tutte le fasi del procedimento disciplinare, incluse quelle prodromiche allo stesso, devono svolgersi nel rispetto della riservatezza del professionista coinvolto, in conformità alla normativa in materia di protezione dei dati personali, sino alla conclusione dello stesso. Soltanto nel caso in cui, all’esito del procedimento disciplinare, sia effettivamente adottato un provvedimento disciplinare, che a qualsiasi titolo incida sull'esercizio della professione, è ammessa la menzione dello stesso nell’albo, anche online, nel rispetto della disciplina ordinistica applicabile (v. art. 61, comma 2, del Codice).

Nessuna disposizione di legge prevede, invece, la pubblicazione o altre forme di diffusione d’informazioni relative a un procedimento disciplinare a carico di un professionista iscritto all’albo o a fasi prodromiche all’avvio dello stesso, come nel caso dell’istruttoria sommaria condotta del Presidente dell’Ordine mediante l’acquisizione di informazioni dal professionista interessato ai sensi dell’art. 39, comma 1, del d.P.R. 5 aprile 1950, n. 221.

Quanto alla tesi prospettata dall’Ordine, secondo la quale non può configurarsi una violazione della normativa in materia di protezione dei dati personali allorquando siano diffuse informazioni già manifestamente rese pubbliche dall’interessato, occorre considerare quanto segue.

In un articolo pubblicato dalla testata “Il Messaggero” in data XX, depositato in atti dall’Ordine, il reclamante, in risposta a una specifica domanda del giornalista (“[cognome del reclamante], sa che rischia la radiazione?”), rispondeva come segue: “l’Ordine mi ha chiesto chiarimenti, ho risposto, è finita lì”. Il giornalista replicava dicendo “il presidente dell’Ordine, […], dice che il procedimento è aperto. E che i medici negazionisti saranno radiati”, e il reclamante rispondeva che “se così fosse farei ricorso”.

In un successivo articolo pubblicato dalla testata “Adnknronos” in data XX, depositato in atti dall’Ordine, si legge, inoltre, quanto segue: “a parlare all'Adnkronos Salute è [nome e cognome del reclamante], medico di […], che è stato segnalato all'Ordine dei medici della Capitale, insieme ad altri 2 colleghi, per le affermazioni contro il vaccino anti coronavirus Sars-CoV-2. "Sono stato chiamato dall'Omceo Roma perché ci sono state delle segnalazioni e ho risposto a quello che mi contestavano, tutto qui. Non sono un no-vax", chiarisce”.

Sebbene la circostanza che il reclamante avesse volontariamente reso noto alla stampa il proprio coinvolgimento nelle iniziative ordinistiche – ben prima della pubblicazione del comunicato stampa dell’Ordine e delle dichiarazioni rese dal Presidente dell’Ordine durante le citate trasmissioni televisive – trovi conferma nella documentazione in atti, si deve, tuttavia, evidenziare che, come chiarito in numerose decisioni dal Garante, i soggetti pubblici, come l’Ordine, possono diffondere dati personali solo ove consentito dal quadro giuridico di riferimento (v. art. 2-ter, commi 1 e 3, del Codice, nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), a nulla rilevando che i medesimi dati siano eventualmente stati resi di pubblico dominio altrove per altre finalità, anche dallo stesso interessato (v., da ultimo, provv. 10 febbraio 2022, n. 45, doc. web n. 9751549, e i precedenti ivi citati).

Sono, infatti, le specifiche norme di settore che disciplinano i casi e i modi di pubblicazione, da parte di soggetti pubblici, di informazioni riferite a persone fisiche o di atti amministrativi che contengono le stesse, operando a monte il necessario bilanciamento di interessi tra le esigenze di trasparenza e il diritto alla protezione dei dati personali dei soggetti interessati, nonché individuando le specifiche modalità di pubblicazione ritenute conformi, in particolare, ai principi di limitazione della finalità e minimizzazione dei dati. Nel caso di specie, come sopra illustrato, l’art. 61, comma 2, del Codice prevede la sola pubblicità, mediante annotazione sull’albo, dell’esistenza di un provvedimento che incida sull’esercizio della professione, rimanendo, invece, le informazioni relative al mero avvio di un procedimento disciplinare (o, come nel caso di specie, all’adozione di iniziative solo prodromiche all’eventuale avvio dello stesso) soggette a un regime di riservatezza, a tutela del professionista interessato.

L’Ordine, nel corso dell’istruttoria, ha, inoltre, avanzato la tesi secondo la quale la diffusione delle informazioni relative alle iniziative ordinistiche, assunte nei confronti del reclamante, sarebbe stata necessaria al fine di tutelare la salute pubblica e contrastare la pandemia da SARS-CoV-2, censurando pubblicamente le tesi del reclamante ritenute antiscientifiche. Premesso che talune delle dichiarazioni rese dal Presidente dell’Ordine nel contesto delle predette trasmissioni televisive possono ritenersi riconducibili nell’alveo dell’esercizio, a titolo individuale, del diritto di libera manifestazione del pensiero (cfr. artt. 85 del Regolamento e 136 e ss. del Codice; v. la trasmissione televisiva “Piazza Pulita” del XX, nel corso della quale il Presidente afferma quanto segue: “sono affermazioni molto gravi […] io personalmente le posso considerare molto gravi, [per quanto riguarda] l’Ordine dei Medici sarà la Commissione Medici che deciderà […]”), al riguardo si osserva che l’Ordine ben avrebbe potuto rendere pubblica la propria posizione in merito a tali tesi, da esso ritenute antiscientifiche e fonte di pericolo per la salute pubblica nel contesto pandemico, senza far esplicito riferimento alla posizione individuale dell’interessato, perseguendo altrettanto efficacemente i propri obiettivi di tutela della collettività, senza ledere la sfera di riservatezza dell’interessato, che al tempo dei fatti oggetto di reclamo non risultava, peraltro, destinatario di alcun provvedimento disciplinare da parte dell’Ordine.

Alla luce di tutte le considerazione sopra esposte, deve concludersi che l’Ordine, pubblicando il comunicato stampa in questione sul proprio sito web istituzionale e rilasciando, in persona del proprio Presidente, le predette dichiarazioni nel corso delle trasmissioni televisive del XX, ha diffuso informazioni relative alle iniziative da esso assunte nei confronti del reclamante, ai fini del possibile avvio di un procedimento disciplinare, in maniera non conforme al principio di “liceità, correttezza e trasparenza” e in assenza di una base giuridica, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

Con riguardo, invece, alla trasmissione televisiva del XX, pure oggetto di reclamo, si osserva che, in tale occasione, alla presenza dello stesso reclamante, il Presidente dell’Ordine, in un filmato preregistrato, rispondendo a una domanda di un giornalista, si è limitato a fare generico riferimento all’astratta possibilità che l’Ordine potesse essere chiamato a valutare la condotta del professionista sul piano deontologico (“se dovrò chiamarlo a giudizio poi sentirò quali sono le prove […]”; v. video della trasmissione agli atti). Nessuna informazione in relazione alle iniziative effettivamente assunte nei confronti dell’interessato è stata, pertanto, diffusa, in tale contesto, dal Presidente dell’Ordine, dovendosi pertanto disporre, limitatamente a tale specifico profilo, l’archiviazione del reclamo.

4. Conclusioni.

Alla luce delle valutazioni sopra richiamate, si rileva che le dichiarazioni rese dal titolare del trattamento nel corso dell’istruttoria ˗ della cui veridicità si può essere chiamati a rispondere ai sensi dell’art. 168 del Codice ˗, seppure meritevoli di considerazione, non consentono di superare i rilievi notificati dall’Ufficio con l’atto di avvio del procedimento e risultano insufficienti a consentire l’archiviazione del presente procedimento, non ricorrendo, peraltro, alcuno dei casi previsti dall’art. 11 del Regolamento del Garante n. 1/2019.

Si confermano, pertanto, le valutazioni preliminari dell’Ufficio e si rileva l’illiceità del trattamento di dati personali effettuato dell’Ordine, per aver diffuso dati personali dell’interessato in maniera non conforme al principio di “liceità, correttezza e trasparenza” e in assenza di una base giuridica, in violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139).

Ciò premesso, tenuto conto che:

il trattamento ha riguardato dati personali non appartenenti a categorie particolari, relativi a un solo interessato;

i dati personali diffusi dall’Ordine erano stati resi pubblici mediante articoli di stampa prima dei fatti oggetto di reclamo;

anche se il Presidente avesse risposto alle sollecitazioni dei giornalisti illustrando le possibili conseguenze disciplinari, a fronte di condotte simili a quelle oggetto di reclamo, in termini soltanto generali e astratti, senza far riferimento alle specifiche iniziative già assunte dall’Ordine nei confronti del reclamante, sarebbero state comunque rese note, seppur implicitamente, informazioni relative al caso specifico del reclamante. D’altra parte, il reclamante ha volontariamente scelto di partecipare alla trasmissione televisiva del XX, accettando l’inevitabile conseguenza che il suo caso fosse oggetto di un pubblico dibattito, anche con riguardo alle implicazioni deontologiche delle proprie affermazioni, e che considerazioni effettuate dagli ospiti della trasmissione avrebbero potuto, anche implicitamente, riguardare la propria posizione individuale;

l’astratta rilevanza sul piano disciplinare della condotta dell’interessato poteva comunque considerarsi facilmente prefigurabile dal pubblico televisivo (v. la trasmissione televisiva del XX, la cui parziale registrazione è agli atti, in cui l’allora Viceministro della Salute, ospite in studio, dopo aver visionato il servizio relativo al caso del reclamante, esclama “questa cosa è incommentabile […] se la vedrà l’Ordine […]”);

l’Ordine ha agito, nell’ambito del delicato contesto pandemico da SARS-CoV-2, al dichiarato fine di tutelare – ancorché in assenza di un’idonea base giuridica - la salute pubblica e contribuire al contenimento della pandemia, nella convinzione che la diffusione dei dati personali del reclamante potesse fondarsi sulla necessità di eseguire un proprio compito di interesse pubblico, avendo, pertanto, la violazione natura colposa;

l’Ordine ha provveduto a interrompere la pubblicazione del comunicato stampa in questione a seguito dell’avvio dell’istruttoria e ha cooperato in maniera proattiva con l’Autorità nel corso della stessa;

non risultano precedenti violazioni pertinenti commesse dal titolare del trattamento, aventi la medesima natura di quelle accertate in relazione ai fatti di reclamo, o precedenti provvedimenti di cui all’art. 58 del Regolamento;

le circostanze del caso concreto inducono a qualificare lo stesso come “violazione minore”, ai sensi del cons. 148 del Regolamento e delle “Linee guida riguardanti l'applicazione e la previsione delle sanzioni amministrative pecuniarie ai fini del regolamento (UE) n. 2016/679”, adottate dal Gruppo di Lavoro Art. 29 il 3 ottobre 2017, WP 253, e fatte proprie dal Comitato europeo per la protezione dei dati con l’”Endorsement 1/2018” del 25 maggio 2018.

Alla luce di tutto quanto sopra rappresentato, e dei termini complessivi della vicenda in esame, si ritiene, pertanto, sufficiente ammonire il titolare del trattamento per la violazione delle disposizioni sopraindicate, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b), del Regolamento (cfr. anche cons. 148 del Regolamento).

Considerate le assicurazioni fornite dal titolare in merito alla cessazione della pubblicazione del comunicato stampa oggetto di reclamo, non ricorrono i presupposti per l’adozione di ulteriori misure correttive di cui all’art. 58, par. 2, del Regolamento.

Si rileva, infine, che ricorrono i presupposti di cui all’art. 17 del regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

a) dichiara, ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, l’illiceità del trattamento effettuato dall’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, con sede legale in Via Giovan Battista De Rossi 9 - 00161 Roma (RM), C.F. 02604980587, per violazione degli artt. 5, par. 1, lett. a), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), nei termini di cui in motivazione;

b) ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. b) del Regolamento, ammonisce l’Ordine Provinciale di Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, quale titolare del trattamento in questione, per aver violato gli artt. 5, par. 1, lett. a), e 6 del Regolamento, nonché 2-ter del Codice (nel testo antecedente alle modifiche apportate dal d.l. 8 ottobre 2021, n. 139), come sopra descritto;

c) ritiene che ricorrano i presupposti di cui all’art. 17 del Regolamento n. 1/2019 concernente le procedure interne aventi rilevanza esterna, finalizzate allo svolgimento dei compiti e all’esercizio dei poteri demandati al Garante.

Ai sensi degli artt. 78 del Regolamento, 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento è possibile proporre ricorso dinnanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, a pena di inammissibilità, entro trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero entro sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 15 dicembre 2022

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei