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Provvedimento dell'11 dicembre 2019 [9264259]

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[doc. web n. 9264259]

Provvedimento dell'11 dicembre 2019

Registro dei provvedimenti
n. 229 dell'11 dicembre 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante il 5 ottobre 2018, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale XX, rappresentata e difesa dall’avv. XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC, a Google Italy S.r.l., a Microsoft Corporation ed a Microsoft S.r.l., in quanto titolari del motore di ricerca “Bing”, a Yahoo!Italia S.r.l. in liquidazione ed a Verizon Media Emea Limited (già Oath (Emea) Limited), in quanto titolari del motore di ricerca “Yahoo!”, nonché ad Italiaonline S.p.A. la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo “XX”, anche in collegamento con il nome della società presso la quale prestava la propria attività lavorativa all’epoca dei fatti, di un URL connesso a vicende ormai risalenti nel tempo e rispetto alle quali non si ritiene sussistente un interesse del pubblico ad avere accesso alle relative informazioni;

CONSIDERATO che l'interessata ha, in particolare, rappresentato che:

nel settembre del 2016 ha preso parte, in qualità di rappresentante sindacale ed in via del tutto occasionale, ad una riunione svoltasi presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche aziendali “nell’ambito della fase amministrativa di un procedimento di licenziamento collettivo avviato” da un’importante società e che si “concludeva con un mero verbale di rinvio a data successiva” senza alcun accordo rilevante da un punto di vista sostanziale;

tale verbale, riportante in calce la sua firma autografa, è stato pubblicato sul sito del relativo sindacato, circostanza che ha determinato la possibilità di reperire lo stesso tramite i motori di ricerca esterni;

ad oggi, il verbale risulta eliminato “o, comunque, non (…) più visibile sul sito” del sindacato, ma permane il pregiudizio connesso alla perdurante presenza in rete del medesimo in associazione al suo nominativo;

non può dirsi sussistente un interesse pubblico attuale a conoscerne il contenuto, tenuto conto del fatto che i soggetti intervenuti all’incontro si sono limitati a disporre il rinvio di quest’ultimo ad altra data, che il procedimento amministrativo di licenziamento collettivo si è concluso da circa tre anni, coinvolgendo, peraltro, “una limitata platea di soggetti potenziali interessati”, e che la medesima non presta più la propria attività lavorativa presso la società interessata dai fatti, né svolge “la funzione di RSA che (…) è stata del tutto occasionale”;

RILEVATO che:

il trattamento di dati effettuato tramite i motori di ricerca gestiti da Google LLC, Microsoft Corp ed Oath (Emea) Limited è definibile come trattamento transfrontaliero di dati, secondo la definizione contenuta nell’art. 4, punto 23, del Regolamento;

l’Autorità ha ritenuto, sulla base delle informazioni all'epoca disponibili, di avviare l’istruttoria solo nei confronti di Italiaonline S.p.A. e di Google – rispetto alla quale non risultava, infatti, individuabile in ambito UE uno stabilimento definibile come principale (cfr. art. 4, punto 16) ai fini dell’applicazione del meccanismo dello “sportello unico” (cd. one stop shop) di cui agli artt. 56 e 60 del Regolamento – riservandosi di attivare la procedura di cooperazione con riguardo alle richieste avanzate nei confronti di Microsoft Corp e di Oath (Emea) Limited in quanto società aventi il proprio stabilimento principale in Irlanda (cfr. art. 4, par. 1, n. 16 del Regolamento);

VISTA la nota del 7 novembre 2018 con la quale l’Autorità ha chiesto a Google e ad Italiaonline S.p.A. di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 14 novembre 2018 con la quale Italiaonline S.p.A., con riguardo alla richiesta di rimozione dell’URL indicato dai motori di ricerca “Virgilio.it” e “Libero.it”, ha dichiarato che attraverso i suddetti servizi “si limita a mettere a disposizione degli utenti, dietro una specifica query, i risultati del search engine Bing di titolarità Microsoft, in forza di uno specifico accordo commerciale con tale società”, circostanza che emerge “anche da una qualsivoglia ricerca effettuata su Virgilio e/o su Libero” e che determina l’impossibilità per la medesima di intervenire direttamente sui risultati di ricerca forniti da Microsoft;

VISTA la nota del 22 novembre 2018 con la quale Google LLC e Google Italy S.r.l., rappresentate e difese dagli avv.ti XX, XX e XX, hanno comunicato di non poter aderire alla richiesta della reclamante trattandosi di un fatto recente (2016), la conoscibilità del quale deve ritenersi di interesse pubblico in quanto riferito ad un verbale che descrive “quanto avvenuto in occasione di una riunione pubblica tra il Ministero del Lavoro, i sindacati e l’azienda in merito ad una procedura di licenziamento collettivo” in cui l’interessata ricopriva il ruolo di rappresentante sindacale di centinaia di lavoratori, “un ruolo che, per funzioni e nomina, è in tutto analogo a quello di un politico”;

VISTA la nota del 5 luglio 2019 con la quale l’Autorità ha inviato una richiesta di informazioni a Microsoft Corporation e ad Oath (Emea) Limited, al fine di attivare un contatto preliminare con le due società diretto alla raccolta di eventuali elementi utili alla gestione della procedura di cooperazione;

VISTA la nota del 30 luglio 2019 con la quale è stata comunicata alle parti, ai sensi dell’art. 143, comma 3, del Codice, nonché dell’art. 8, comma 1, del regolamento dell’Autorità n. 2/2019 (in www.garanteprivacy.it, doc. web n. 9107640), la proroga del termine per la definizione del procedimento;

VISTE le note del 30 agosto e del 4 novembre 2019 con le quali Microsoft Corporation, pur avendo rappresentato alcune difficoltà nell’individuazione dell’URL indicato dalla reclamante, ha comunque poi provveduto alla rimozione del risultato di ricerca reperibile in associazione al suo nominativo ed indicato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota dell’11 novembre 2019 con la quale Verizon Media Emea Limited (già Oath (Emea) Limited) ha comunicato di reputare necessaria, in virtù delle caratteristiche del trattamento, l’attivazione della procedura di cooperazione di cui all’art. 60 del Regolamento indicando l’Autorità di protezione dati irlandese come autorità capofila avendo individuato in Irlanda il proprio stabilimento principale per il territorio dell’Unione europea;

VISTA la nota del 18 novembre 2019 con la quale l’Ufficio ha trasmesso alla reclamante il riscontro fornito dai titolari del trattamento coinvolti, chiedendo alla medesima di fornire le proprie eventuali osservazioni in merito;

VISTA la memoria del 26 novembre 2019 con la quale l’interessata ha:

chiesto di dichiarare cessata la materia del contendere nei confronti di Microsoft Corporation, Microsoft S.r.l., Italiaonline S.p.A., Oath (Emea) Limited (ora Verizon Media Emea Limited) e Yahoo! Italia S.r.l. in quanto l’URL indicato nell’atto di reclamo non risulta più reperibile in associazione al proprio nominativo tramite i rispettivi motori di ricerca;

ribadito le proprie richieste nei confronti di Google, richiamando quanto già dedotto nell’atto introduttivo del procedimento e rilevando, in particolare, che “la stessa Filcams CGIL ha eliminato o, comunque, reso non più visibile il [verbale] sul proprio sito web”, ma che anche laddove la Filcams “avesse legittimamente proseguito nella pubblicazione originale del verbale l’universalità della diffusione e dell’accessibilità della specifica informazione a partire dal nominativo del ricorrente attraverso il motore di ricerca, nel caso di specie risulta illecita e comunque non giustificata, a causa dell’impatto sproporzionato che ciò comporta nella [sua] sfera di riservatezza”;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

l’URL indicato dall’interessata si riferisce ad un verbale redatto nella data del 20 settembre 2019, benché nel testo del reclamo si indichi la data del 30 settembre 2016 come quella nella quale si è svolto l’incontro;

nel corso del procedimento è emerso che i verbali reperibili in rete sarebbero due, uno del 20 settembre e l’altro del 30 settembre 2019, ma che la richiesta è stata correttamente formulata solo con riguardo al primo;

l’oggetto del presente procedimento risulta pertanto delimitato dall’URL indicato nell’atto introduttivo del procedimento, mentre rispetto a quello ulteriore la reclamante ha comunicato per le vie brevi di aver inviato apposito interpello ai titolari del trattamento al fine di ottenerne la rimozione; 

PRESO ATTO che:

nel corso del procedimento Microsoft Corporation ha comunicato di aver provveduto alla rimozione di quanto richiesto con riguardo al trattamento effettuato dal motore di ricerca “Bing”;

per effetto di tale adesione, il medesimo risultato di ricerca non risulta più reperibile nemmeno attraverso i motori di ricerca (“Virgilio.it” e “Libero.it”) gestiti da Italiaonline S.p.A., in virtù dell’accordo commerciale esistente tra le due società;

la reclamante, oltreché confermare l’avvenuta rimozione dell’URL oggetto di richiesta da parte dei sopra citati motori di ricerca, ha comunicato che lo stesso non sarebbe più reperibile neppure attraverso il motore di ricerca gestito da Verizon Media Emea Limited (già Oath (Emea) Limited), chiedendo pertanto di dichiarare cessata la materia del contendere;

RITENUTO pertanto che, con riguardo ai citati titolari del trattamento, non vi siano gli estremi per l’adozione di provvedimenti da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo a Google, che:

come comunicato dalla medesima alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dell’URL indicato nell’atto di reclamo, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, in particolare, che:

la procedura di licenziamento collettivo, cui fa riferimento il contestato verbale, risulta conclusa da meno di tre anni ed ha avuto notevole risonanza in ambito locale e nel settore di riferimento, nonché una copertura a mezzo stampa che conferma l’incontestabile rilievo pubblico della vicenda;

le vicissitudini societarie che hanno dato origine alle travagliate procedure giuslavoristiche dell’azienda in questione sono state fino a pochi mesi fa oggetto di dibattito sindacale a livello nazionale;

l’atto di cui si chiede la rimozione, benché finalizzato a formalizzare un aggiornamento ad altra data di una riunione tra le parti sociali, documenta ed accerta l’avvenuto incontro tra di esse, cui ha effettivamente partecipato anche la reclamante in qualità di rappresentante sindacale aziendale e potrebbe, per sé solo contenere informazioni utili a consentire una corretta ricostruzione della cronologia dei fatti da parte degli interessati e degli utenti della rete in generale;

appare indubitabile come, al tempo dei fatti e nel merito della specifica vicenda, la reclamante ricoprisse un ruolo pubblico, in ragione della sua attività di delegato di una delle sigle sindacali attive nell’importante azienda di moda coinvolta nel licenziamento e che in tale qualità rappresentava i dipendenti di detta azienda in una riunione tenutasi presso ed alla presenza degli incaricati di un’amministrazione centrale e che, pertanto, deve ritenersi che, allo stato attuale, residui l’interesse del pubblico ad avervi accesso;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo infondato nei confronti di Google LLC;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

a)  prende atto delle dichiarazioni rese da Microsoft Corporation riguardo all’avvenuta rimozione dell’URL oggetto di richiesta, nonché del fatto che, in virtù dei rapporti intercorrenti tra detta società ed Italiaonline S.p.A., il medesimo URL non risulta più visibile nemmeno attraverso i motori di ricerca “Virgilio.it” e “Libero.it” gestiti da quest’ultima, nonché di quanto comunicato dalla reclamante in ordine alla non reperibilità dell’URL oggetto di reclamo tramite il motore di ricerca gestito da Verizon Media Emea Limited (già Oath (Emea) Limited) e ritiene, pertanto, che non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

b) dichiara il reclamo infondato nei confronti di Google LLC.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 11 dicembre 2019

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia