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RELAZIONE 2007 - PARTE II - L'ATTIVTÀ SVOLTA DAL GARANTE - PAR. 17 La trattazione dei ricorsi

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[doc. web n. 1549689]

Relazione 2007

Relazione 2007 - 16 luglio 2008
Parte II - L´attività del Garante

 

 

Indice generale 

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17. La trattazione dei ricorsi
17.1. Considerazioni generali

Una lettura superficiale dei dati relativi al numero dei ricorsi pervenuti nel 2007 potrebbe portare a ravvisare una "crisi" del ricorso, ovvero una diminuita fiducia dei cittadini in questo strumento di tutela, specie se ci si limitasse al mero confronto delle cifre riepilogative.

In effetti, è proseguita anche nell´anno 2007 la diminuzione dei ricorsi proposti all´Autorità; ne sono stati decisi, infatti, 316 rispetto ai 435 esaminati nel 2006, che aveva già visto una diminuzione dei procedimenti avviati ai sensi degli artt. 145 ss. del Codice.

L´esame delle singole fattispecie sottoposte al vaglio dell´Autorità permette però di cogliere alcune linee di tendenza significative.

È senza dubbio diminuita la presentazione dei ricorsi di tipo "seriale", specie con riguardo al trattamento di dati personali conservati negli archivi dei cd. "sistemi di informazioni creditizie". Si tratta di quell´ambito di trattamenti che, a partire dal 2002, aveva fatto aumentare in maniera esponenziale il numero dei ricorsi, impegnando l´Autorità nel complesso esame di trattamenti di dati che non trovavano, allora, alcuna regolamentazione nell´ordinamento: situazioni che implicano necessariamente complessi rapporti tra i soggetti richiedenti il credito, le istituzioni finanziarie e, appunto, le cd. "centrali rischi private" (ora denominate sistemi di informazioni creditizie, cd. "sic") sorte per monitorare e censire le posizioni creditizie, con particolare riguardo all´ambito del credito al consumo.

La riflessione iniziata allora (specie su profili quali l´informativa, il consenso e la sua eventuale revoca, la qualità dei dati conservati, i tempi di registrazione e conservazione dei dati nel sistema, ecc.) ha portato, come noto, all´emanazione nel 2004 (Provv. 16 novembre 2004, in G.U. 23 dicembre 2004, n. 300 [doc. web n. 1070713]) del "Codice di deontologia e di buona condotta per i sistemi informativi gestiti da soggetti privati in tema di crediti al consumo, affidabilità e puntualità nei pagamenti" che ha regolamentato, per la prima volta, la materia, contribuendo a dare certezza di comportamento agli operatori del settore e, soprattutto, permettendo ai milioni di clienti censiti di essere informati in maniera chiara su un meccanismo che ha un impatto decisivo sulla possibilità di accesso al credito.

Dal 2005 è stato così possibile riscontrare, al tempo stesso, una diminuzione e una specializzazione del contenzioso in materia, finalizzato all´esame e all´eventuale contestazione di specifiche posizioni creditizie e non più genericamente volto all´ottenimento della cancellazione di tutti i dati personali di un ricorrente presenti negli archivi di un sic.

Questa linea di tendenza si è confermata nel corso del 2007 anche in relazione ad altri ambiti tematici. Il notevole numero di provvedimenti di carattere generale e di linee-guida adottati dal Garante negli ultimi anni ha infatti avuto evidenti ricadute sul tipo e sulle caratteristiche dei ricorsi. I numerosi temi affrontati (dalle problematiche relative al rapporto di lavoro, ai trattamenti di dati in ambito bancario, a quelli relativi al settore delle telecomunicazioni, ecc.) hanno infatti richiamato l´attenzione su specifiche tipologie di trattamento (mostrando le infinite potenzialità applicative della disciplina sui dati personali e "stimolando" in alcuni casi il relativo contenzioso), ma hanno anche contribuito a "incanalare" le controversie entro le corrette categorie normative precisate appunto nei provvedimenti generali.

In quest´ottica lo strumento del ricorso acquista e consolida sfaccettature sempre nuove confermandosi, comunque, come utile indicatore del reale grado di percezione e di applicazione della disciplina sulla protezione dei dati. Da questo particolare punto di vista, se viene confermata l´impressione che la privacy (o meglio le implicazioni giuridiche della sua tutela) abbia fatto breccia nella vasta platea dei professionisti legali, è altrettanto vero che esistono ancora incertezze diffuse sul reale ambito di applicazione della disciplina e sulla stessa nomenclatura di base (concetti di dato personale, trattamento, titolare, ecc.) sicché, talora, il rigore delle categorie giuridiche lascia spazio a nozioni importate dalla cronaca giornalistica o dalla riflessione sociologica. Di tutto ciò è testimonianza il numero, che permane elevato, di ricorsi dichiarati inammissibili o infondati, perché spesso proposti in relazione a situazioni che esulano dal corretto ambito di applicazione del Codice.

Nell´ultimo anno si è poi consolidata un´altra linea di tendenza: quella che vede nel ricorso non solo lo strumento di tutela degli specifici e puntuali diritti elencati nell´art. 7 del Codice, ma anche il mezzo (incastonato nel quadro delle diverse tutele apprestate dall´ordinamento) atto a creare le condizioni per proporre, integrare, avvalorare l´esercizio di altre azioni in giudizio. Gli esempi non mancano: dall´accesso ai dati personali detenuti da un istituto di credito al fine di acquisire le necessarie informazioni per contestare la liceità di determinate clausole contrattuali o per intraprendere (in quanto erede) una causa di tipo successorio, alla raccolta di informazioni e di dati personali (sensibili e non) relativi al rapporto di lavoro finalizzata a ottenere tutela in ordine a controversie relative a progressioni di carriera o a denunciare azioni di mobbing, ecc.

Naturalmente, però, i rapporti fra i diversi strumenti giuridici impiegati (e i diversi fori implicati) pongono questioni complesse anche in riferimento ad alcune disposizioni del Codice, al centro, non a caso, di discussioni anche a livello dottrinale. Va ricordato anzitutto il disposto dell´art. 145, comma 2, del Codice in base al quale "il ricorso al Garante non può essere proposto se, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, è stata già adita l´autorità giudiziaria". La disposizione è stata oggetto, anche recentemente, di interpretazione da parte dell´Autorità (Provv. 25 marzo 2008 [doc. web n. 1519557]) che, in ordine al caso di specie –nel confronto fra le richieste formulate con il ricorso e quelle precedentemente proposte nel corso di un procedimento civile– ha rilevato che dalle stesse emergeva un caso di sostanziale litispendenza, ravvisandosi appunto una situazione di continenza tra l´oggetto delle istanze rivolte all´Autorità con quelle formulate dinanzi al tribunale in riferimento a una delicata vicenda familiare.

Non meno rilevante, nella concreta dinamica fra le diverse forme di tutela, è il ruolo dell´art. 8, comma 2, lett. e), del Codice che pone un limite all´esercizio dei diritti di cui all´art. 7 quando "potrebbe derivarne un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l´esercizio di un diritto in sede giudiziaria".

Spesso il Garante, in sede di decisione sui ricorsi, è stato chiamato al non facile compito di valutare la sussistenza dei requisiti per il citato differimento, al fine di contemperare le richieste ispirate dall´esigenza di tutela dei dati personali con la non meno rilevante necessità di assicurare la tutela del diritto di difesa costituzionalmente garantito dall´art. 24 Cost. (cfr.Provvedimenti 10 dicembre 2007 [doc. web n. 1497600] e 21 dicembre 2007 [doc. web n. 1490154]).

Va infine ricordata, a conclusione di questi brevi cenni sulle interrelazioni fra i diversi tipi di procedimenti, la disposizione di "raccordo" di cui all´art. 160, comma 6, del Codice che "rimette alle pertinenti disposizioni processuali nella materia civile e penale" il giudizio su "validità, efficacia e inutilizzabilità di atti (…) basati sul trattamento di dati personali non conforme a disposizioni di legge o regolamento".

17.2. Ampiezza della nozione di dato personale
Anche nello scorso anno alcuni ricorsi hanno permesso al Garante di riflettere sulla nozione di dato personale, ampliandone ulteriormente la latitudine, attesa l´ampia definizione che, sulla falsariga della direttiva comunitaria 95/46/Ce, è stata accolta dall´art. 4, comma 1, lett. b), del Codice.

Due vicende hanno riguardato trattamenti svolti in ambito giornalistico e hanno comportato l´accoglimento di due ricorsi relativi a interessati che, pur non nominativamente individuati, risultavano però "identificabili" dal contesto. Nel primo, (Provv. 8 marzo 2007 [doc. web n. 1396630]), la contestuale combinazione di diversi elementi identificativi (attività professionale, limitata estensione del centro abitato cui erano riferite le cronache, nominativi dei ricorrenti facilmente e liberamente disponibili presso altre fonti informative) poteva consentire – seppur non alla generalità degli utenti, ad un numero comunque significativo di persone– di identificare con precisione i ricorrenti.

In altra vicenda (Provv. 19 settembre 2007 [doc. web n. 1445858]) la contestuale diffusione di alcune informazioni (età e nome di battesimo di un minore, nomi, iniziali dei cognomi, professioni dei genitori, città ove si è svolto il fatto) determinava l´identificabilità dell´adolescente di cui veniva tratteggiata in un articolo la controversa vicenda familiare.

Nella decisione del 3 maggio 2007 [doc. web n. 1408971] nei confronti dell´editore di un quotidiano, un dato personale pubblicato con specifico riferimento a due persone diverse dalla ricorrente, è stato considerato quale dato personale riferibile, sia pure indirettamente, anche a quest´ultima, dal momento che l´informazione in questione spiegava parimenti effetti che la interessavano (in particolare, era stata riportata la notizia della morte del marito della ricorrente in un incidente stradale ed era stato detto che lo stesso era accompagnato dalla sua "attuale compagna").

Non è stata invece considerata quale valida istanza di accesso ex art. 7 del Codice la richiesta di un erede di aver accesso a materiale organico (ipoteticamente detenuto da un ospedale) che avrebbe potuto contenere tracce biologiche di un ascendente defunto. Ciò in quanto la richiesta era relativa, come dovuto, non a "dati personali", ma all´acquisizione di tessuti che solo a seguito di specifici procedimenti di estrazione ed esame avrebbero potuto eventualmente portare all´individuazione di informazioni di tipo genetico (Provv. 21 giugno 2007 [doc. web n. 1433975]).

17.3. Dato personale e valutazioni
Un altro tema ricorrente nella trattazione dei ricorsi, trasversale a molti ambiti e settori, è quello connesso alle delicate ipotesi di trattamento di dati di tipo valutativo (giudizi, opinioni, note caratteristiche, valutazioni annuali di dipendenti e collaboratori, ecc.).

È un tema strettamente connesso alla sempre più ampia diffusione di procedure articolate e personalizzate di valutazione del personale dipendente da parte dei datori di lavoro, ma non è limitato a tale ambito. Ne è testimonianza anche il diffuso contenzioso connesso alle richieste di accesso ai dati personali contenuti nelle perizie medico-legali in campo assicurativo che contengono, per definizione, delicate informazioni di questa natura.

Peraltro, nel caso dei dati valutativi raccolti in riferimento all´ordinaria gestione del rapporto di lavoro, le richieste di accesso a tali dati personali (ferma restando l´impossibilità di chiederne la rettificazione o l´integrazione) sono nella maggioranza dei casi legittimamente esperibili.

Diversa la situazione in ordine alle perizie effettuate per ragioni di difesa e di tutela delle compagnie di assicurazione e rispetto alle quali, per tale motivo, è opponibile la disposizione (art. 8, comma 2, lett. e), del Codice) che prevede la possibilità di un differimento del diritto di accesso quando l´ostensione dei dati personali richiesti determinerebbe un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni difensive o per l´esercizio del diritto in sede giudiziaria da parte del titolare del trattamento (Provv. 10 dicembre 2007 [doc. web n. 1497600]).

Negli ultimi mesi, però, si sono moltiplicati i casi nei quali i dati valutativi oggetto di contenzioso sono riferiti non a persone fisiche, bensì a persone giuridiche, in particolare a operatori economici. Il tema coinvolge primariamente il ruolo e le modalità di azione dei soggetti che operano nel settore delle cd. "informazioni commerciali". Si tratta di soggetti che offrono dossier sempre più approfonditi sulla vita, lo sviluppo, le potenzialità delle imprese e delle persone fisiche preposte alla loro guida. Ciò, attraverso il ricorso non solo alla divulgazione dei dati provenienti dalla consultazione delle fonti pubbliche disponibili (camere di commercio, archivi delle ex conservatorie dei registri immobiliari, registri presso i tribunali, ecc.), ma anche alla rielaborazione originale del complesso delle informazioni disponibili.

Tali operazioni determinano così la creazione di "indici", "giudizi di affidabilità", "schede persona" che, anche attraverso il ricorso a punteggi e codici, valutano la "consistenza" degli operatori economici e il grado di sicurezza delle eventuali transazioni concluse con gli stessi, attraverso il controllo, ad esempio, degli "eventi pregiudizievoli" o il grado di "rilevanza storica dei fenomeni di insolvibilità" (Provv. 8 marzo 2008 [doc. web n. 1396584]).

È evidente il peso e l´influenza che tali valutazioni possono avere sull´attività di un´impresa, condizionandone pesantemente l´operatività e le prospettive di sviluppo: da qui l´emergere di un diffuso contenzioso al riguardo (v. Provv. 31 ottobre 2007 [doc. web n. 1458863] e 23 gennaio 2008, [doc. web n. 1490183]) imperniato sul rispetto dei princìpi di liceità e correttezza con particolare riguardo alla completezza di tali informazioni, alla loro capacità di offrire un´informazione corretta su un certo operatore economico, alla liceità dell´associazione di dati negativi risalenti nel tempo (ad es., essere stato socio non amministratore di una società poi fallita) al profilo attuale di un imprenditore.

La delicatezza del tema (portato all´attenzione dell´Autorità anche da numerose segnalazioni) ha spinto il Garante ad avviare un approfondimento organico della problematica, per la quale l´art. 118 del Codice prevede l´adozione di un apposito codice di deontologia e di buona condotta.

17.4. Trattamento dei dati e cd. "furto d´identità" 
Il moltiplicarsi delle forme anche automatizzate di trattamento delle informazioni personali e la proliferazione di archivi e sistemi di centralizzazione dei rischi, specie nel campo creditizio, ha moltiplicato i rischi di sottrazione fraudolenta delle informazioni, diffondendo anche nel nostro Paese il fenomeno del cd. "furto d´identità", che è venuto in evidenza anche nella trattazione di alcuni ricorsi (v. Provv. 5 marzo 2008 [doc. web n. 
1501621]). Settore particolarmente esposto è appunto quello del credito al consumo, dove richieste di finanziamento effettuate utilizzando dati identificativi (veri o parzialmente veri) di soggetti ignari portano spesso all´instaurazione di rapporti contrattuali mirati a fini di truffa, forieri peraltro di rilevanti conseguenze negative non solo per l´ente finanziatore, ma anche per il cittadino i cui dati vengono illecitamente utilizzati (e che finiscono per essere censiti incolpevolmente negli archivi dei sic).

17.5. Appunti di tipo procedurale
Più volte nel corso dell´anno 2007 sono emerse questioni relative alla corretta interpretazione delle disposizioni di legge relative ai procedimenti sui ricorsi.

Va anzitutto ricordato l´art. 5, comma 3, del Codice, per il quale non sono soggetti all´applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 7 e 145 i trattamenti di dati personali effettuati da persone fisiche per fini esclusivamente personali. Ciò, determina la conseguente inammissibilità di quei ricorsi (che restano ancora numerosi) aventi ad oggetto, ad esempio, le controversie fra vicini di casa determinate dall´utilizzo di impianti di videosorveglianza. Naturalmente, tali situazioni possono trovare tutela sulla base di altre disposizioni previste dall´ordinamento giuridico (ad es., l´art. 615 bis c.p.).

Resta poi in diversi casi confuso o inappropriato l´utilizzo di quel nutrito catalogo di posizioni giuridiche tutelate dall´art. 7 del Codice (le sole rispetto alle quali, come noto, può poi essere proposto il ricorso all´Autorità). Troppe volte gli interessati richiamano nella sua totalità tale elenco senza cogliere lo specifico di alcune particolari posizioni giuridiche.

Questo porta a generiche richieste di cancellazione dei dati (che non indicano la violazione di legge che legittimerebbe tale istanza), oppure a confusione fra l´opposizione al trattamento a fini di invio di materiale pubblicitario e la più complessa (e di più ampio respiro) opposizione per motivi legittimi al trattamento di dati.
Parimenti diffusa (nonostante i frequenti richiami contenuti nelle motivazioni dei provvedimenti) è, poi, la sovrapposizione fra il concetto di accesso ai dati personali e il diverso diritto di accesso alla documentazione amministrativa (legge n. 241/1990) o a quella bancaria (tutelato dall´art. 119 del cd. "testo unico bancario"). Ciò conferma l´impressione, già rilevata, per la quale la legge sulla protezione dei dati sembra, a volte, essere invocata quale rimedio onnicomprensivo adatto alle più diverse situazioni.

17.6. Brevi cenni sulla casistica
In questo paragrafo si pongono in evidenza solo alcuni degli ambiti tematici rispetto ai quali sono stati presentati i ricorsi decisi nell´anno 2007 sottolineando alcune delle decisioni più significative.

 

È il settore che ha fatto registrare ancora una volta il maggior numero di decisioni. Come già accennato nelle premesse di questo capitolo, l´attenzione è stata rivolta essenzialmente al corretto adempimento delle prescrizioni di cui al codice deontologico di settore. Da questo punto di vista è risultata confermata la centralità della disposizione di cui all´art. 4, comma 7, di tale codice di deontologia e di buona condotta che prevede l´inoltro all´interessato, al verificarsi di ritardi nei pagamenti delle rate di un finanziamento, di un preavviso volto a informare il debitore medesimo che il protrarsi dell´inadempimento porterà alla registrazione dei suoi dati personali fra le cd. "posizioni negative" conservate negli archivi dei sic.

 
Trattamenti
svolti
presso i sic
(sistemi di
informazioni
creditizie)

È una disposizione che adempie a evidenti ragioni di correttezza e trasparenza (oltre ad avere un significativo valore deterrente nei confronti dei contraenti "ritardatari") il cui mancato rispetto da parte degli enti finanziatori ha portato all´accoglimento nell´ultimo anno di alcuni ricorsi: ciò, in un caso recente, anche in relazione alla posizione del coobbligato rispetto ad un finanziamento erogato ad un terzo (Provv. 13 marzo 2008 [doc. web n. 1502131]). Anche nei confronti di tale soggetto incombe infatti l´obbligo, a carico dell´ente finanziatore, di provvedere all´inoltro del citato preavviso di inserimento nei sic.

Negli ultimi mesi, peraltro, diversi provvedimenti hanno riguardato non l´archivio del sic propriamente detto, ma quegli ulteriori e distinti archivi dove gli operatori del settore conservano altri tipi di informazioni, quali le banche dati contenenti le informazioni ricavate dai tribunali e dai registri immobiliari. Si tratta di dati tratti da pubblici registri che, in via generale, possono essere utilizzati senza il consenso degli interessati. Sono informazioni cui non si applica il codice di deontologia previsto per il settore del credito al consumo, avendo la legge previsto la redazione dello specifico codice deontologico di cui all´art. 61 del Codice.

Nei casi sottoposti all´esame dell´Autorità sono emersi, in particolare, profili connessi alla completezza ed esattezza delle informazioni rese disponibili. Ciò, con particolare riferimento all´utilizzo di espressioni (quali "atto colpito da annotamento") che, in presenza dell´intervenuta cancellazione di un´ipoteca, risultavano equivoche e fuorvianti (v., fra gli altri, Provv. 21 febbraio 2008 [doc. web n. 1501246]). L´attenzione alla qualità dei dati ha, del resto, un ruolo fondamentale nella realtà economica contemporanea atteso che le informazioni inesatte o incomplete possono rappresentare in maniera distorta l´identità e, in particolare, il profilo imprenditoriale degli interessati.

Alcune vicende hanno portato anche quest´anno all´attenzione del Garante il trattamento dei dati svolti presso l´archivio informatizzato degli assegni bancari e postali e delle carte di pagamento (Centrale d´allarme interbancaria-Cai).

Si tratta di un ambito puntualmente regolamentato dalla legge n. 386/1990 e dalle relative norme di attuazione. Al rispetto di tale disciplina si richiamano le decisioni del Garante che verifica normalmente la regolarità della procedura (sotto il profilo del corretto trattamento dei dati personali nella stessa implicati) presso l´ente segnalante, intervenendo con provvedimenti di accoglimento (invero rari) solamente qualora risultino irregolarità nella stessa (v. Provv. 28 febbraio 2008 [doc. web n. 1500676]).

 

Quello dei dati personali dei lavoratori è un ambito che –con particolare riferimento al settore privato nel quale non è possibile utilizzare altri strumenti conoscitivi quali il diritto di accesso ai documenti amministrativi tutelato dalla legge n. 241/1990– registra un costante flusso di istanze e di ricorsi. In tutte le fattispecie rimane centrale l´esercizio del diritto di accesso ai dati personali che acquista sempre più spesso i contorni della ricostruzione di un´intera vicenda professionale, intrecciandosi sia con le patologie del rapporto (licenziamento, comunicazioni di sanzioni disciplinari), sia con momenti comunque delicati dello stesso (selezioni, procedure di valutazione, ricostruzione di percorsi professionali in occasione di trasferimenti, cessioni di ramo d´azienda, pensionamenti, ecc.). I diversi casi esaminati (v., tra gli altri, Provv. 4 ottobre 2007 [doc. web n. 1449401]) hanno evidenziato ancora una difficoltà e una ritrosia sia dei piccoli imprenditori, sia delle società di maggiori dimensioni a soddisfare integralmente e tempestivamente le richieste dei dipendenti.

 
Trattamento
dei dati
personali
dei lavoratori

Emerge la difficoltà di raggruppare e rendere disponibili complessi di informazioni conservati ancora largamente in forma cartacea e archiviati in banche dati spesso disperse sul territorio. In alcuni casi si è segnalata la difficoltà di collegare e considerare unitariamente le informazioni più tipicamente proprie del rapporto di lavoro (dati su orari, presenze, malattie, stipendi, ecc.) e i dati personali, specie valutativi, trattati in riferimento alle progressioni di carriera. Difficoltà che si acuiscono quando il dipendente occupa posizioni di rilievo o è stato impiegato in molteplici dipendenze dell´azienda e ha pertanto ampiamente "disseminato" i propri dati che, difficilmente, possono trovare completa e indifferenziata collocazione nel tradizionale fascicolo personale.

 

In connessione con il segnalato, sempre più frequente, intreccio fra disciplina di protezione dei dati e attività finalizzate alla tutela di un diritto in giudizio, si collocano le decisioni adottate in relazione all´attività svolta dagli investigatori privati.

 
Trattamenti
svolti da
investigatori
privati

Si tratta di vicende (Provv. 21 dicembre 2007 [doc. web n. 1490154] e 25 marzo 2008 [doc. web n. 1519557]) nelle quali, non a caso, le società di investigazione sono state chiamate in causa unitamente ai titolari del trattamento nel cui interesse operavano e ai legali che, nell´esercizio del loro mandato, avevano commissionato appunto le attività investigative private.

I casi esaminati hanno permesso di mettere a fuoco temi delicati quali, ad esempio, i limiti dell´azione degli investigatori, le corrette modalità del loro operare e i profili legati ai tempi di conservazione delle informazioni raccolte.

Ciò, in un contesto (quale quello delle due vicende citate) nel quale la potenziale invasività delle forme di controllo veniva esaltata dalle tecnologie impiegate e, in un caso, dallo stesso tentativo di acquisire, ad insaputa dell´interessato, informazioni di tipo genetico. Le situazioni esaminate sono state un indubbio banco di prova anche per verificare la "tenuta" delle prescrizioni contenute nelle autorizzazioni generali al trattamento dei dati sensibili rilasciate con riferimento a questo ambito professionale e per acquisire utili elementi di riflessione in vista del completamento della disciplina di riferimento, con particolare riguardo alla redazione del codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati finalizzati appunto alle investigazioni difensive e alla difesa di un diritto in sede giudiziaria (codice di cui è prossimo l´esame definitivo dello schema preliminare aperto alla consultazione pubblica [doc. web n. 1503511]).

 

Rispetto agli anni passati, il 2007 ha visto la presentazione di un significativo numero di ricorsi in materia giornalistica. La rapidità del procedimento e la possibilità di proporre l´atto in via d´urgenza, invocando anche la tutela cautelare di cui all´art. 150, comma 1, del Codice, hanno sicuramente indotto gli interessati all´utilizzo di questo strumento al fine di ottenere una tutela quanto più immediata possibile ed evitare del tutto, o ridurre al minimo, la risonanza mediatica di vicende spesso delicate. Non a caso, molti dei casi esaminati hanno riguardato l´utilizzo del mezzo radiotelevisivo o (quando la divulgazione è avvenuta a mezzo di pubblicazioni a stampa) erano riferiti a persone che, dal mezzo televisivo, avevano ricevuto quella notorietà che ha indotto anche altri mezzi di comunicazione a dare spazio a determinate notizie. Ne è esempio la decisione del 7 giugno 2007 [doc. web n. 1419429] che trae spunto da uno scoop giornalistico (originato dall´ascolto –avvenuto in modo non scorretto– di alcune conversazioni in un ristorante) incentrato sulla futura conduzione della più importante rassegna canora nazionale. Così come, in un altro caso, la tempestiva presentazione del ricorso (Provv. 22 novembre 2007 [doc. web n. 1470697]) ha permesso di bloccare la messa in onda, nell´ambito di una delle più seguite trasmissioni televisive, delle immagini di una persona che era stata ritratta e "intervistata" senza consenso.

 
Trattamenti
per finalità
giornalistiche

Anche nel settore giornalistico, peraltro, le problematiche più interessanti sono emerse in relazione all´utilizzo delle nuove tecnologie che hanno proposto fattispecie inedite sia in riferimento alla fase di raccolta, sia in ordine alla successiva diffusione delle informazioni acquisite. Vanno così ricordate le decisioni del 24 maggio 2007 [doc. web n. 1419749] e del 5 luglio 2007 [doc. web n. 1436163] che hanno posto all´attenzione del Garante, in un caso, l´acquisizione e il successivo utilizzo, senza il consenso dell´interessato, in un articolo di cronaca giornalistica, di un messaggio di posta elettronica a carattere personale e pertanto soggetto anche alla disposizione di cui all´art. 93 della legge sulla protezione del diritto d´autore; nell´altro, l´utilizzo, ritenuto scorretto, di immagini e brani di conversazioni acquisite all´insaputa dell´interessato da due persone che avevano peraltro celato la loro vera identità.

Devono infine essere ricordate le decisioni che hanno portato all´accoglimento di ricorsi concernenti la diffusione via Internet, tramite i siti delle testate giornalistiche, di file audio contenenti registrazioni di telefonate. In un caso (Provv. 8 febbraio 2007 [doc. web n. 1388922]) la registrazione, fatta pervenire ad un quotidiano locale, risultava illegittimamente acquisita. In un altro (Provv. 25 ottobre 2007 [doc. web n. 1458851]) –pur riconoscendo la legittimità dell´acquisizione dei dati relativi a intercettazioni telefoniche avvenute nell´ambito di un procedimento penale e la rilevanza della loro divulgazione, in un primo momento, anche in forma audio– il Garante ha però ritenuto che la diffusione indifferenziata e a tempo indeterminato di tali risultanze audio determinava un ulteriore, specifico impatto sulla sfera personale degli interessati e sulla loro dignità. Ciò, in una misura che rendeva eccedente tale forma di diffusione rispetto alle esigenze di giustificata informazione su vicende di interesse pubblico e imponeva pertanto l´interruzione di tale particolare trattamento di dati.

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