g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 16 aprile 2015 [4065372]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 4065372]

Provvedimento del 16 aprile 2015

Registro dei provvedimenti
n. 230 del 16 aprile 2105

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 15 gennaio 2015 da XY, rappresentata e difesa dall´avv. Andrea Serravalle, nei confronti di RCS Mediagroup S.p.A, in qualità di editore del quotidiano "Il Corriere della Sera" e di Google  Inc. con il quale la ricorrente, in relazione al rinvenimento sul web, tramite il motore di ricerca gestito da Google digitando il proprio nominativo, di un articolo del ZZ recante il titolo "HH" pubblicato nell´archivio on line del predetto quotidiano contenente dati personali che la riguardano riferiti ad una vicenda di cronaca e giudiziaria nella quale è stata  coinvolta, ha chiesto la cancellazione dei suoi dati personali  e la deindicizzazione dell´ url che la riguarda o, comunque, l´adozione di ogni misura tecnicamente idonea ad evitare l´indicizzazione dell´articolo in questione tramite i comuni motori di ricerca; ciò in quanto le notizie in esso riportate e la loro permanenza sul web ledono gravemente la propria reputazione e immagine, nonostante siano molto risalenti nel tempo (essendo trascorsi più di venti anni) e risultino, peraltro, ormai superate in quanto la ricorrente, dopo aver espiato la pena che le è stata inflitta, ha ottenuto la riabilitazione con ordinanza del Tribunale di sorveglianza del 2 aprile 2014; la ricorrente ha chiesto inoltre la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 21 gennaio 2015 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149 comma 1 d.lgs. n. 196 del 30 giugno 2003, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha invitato i titolari del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell´interessata, nonché la nota del 16 marzo 2015 con cui è stata disposta, ai sensi dell´art. 149 comma 7 del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTA la nota del 26 gennaio 2015 con la quale RCS Mediagroup S.p.A ha affermato di avere "compiuto quanto necessario affinché l´articolo in questione venga definitivamente rimosso dai siti esterni al proprio", precisando di avere provveduto, "oltre a compilare il file "robots.txt" e ad attivare l´ulteriore richiesta di rimozione denominata "removal tool" nei confronti di Google, ad utilizzare lo strumento del metatag noindex";

VISTA la nota del 30 gennaio 2015 con la quale Google ha affermato di avere provveduto, "a seguito di un riesame del caso, a bloccare il seguente url http://... dalle versioni europee dei risultati di ricerca di Google relativi alle query correlate al nome dell´interessata";

VISTA la nota del 2 febbraio 2015 con la quale la ricorrente, nel prendere atto dell´avvenuta rimozione dell´articolo oggetto del ricorso, ha tuttavia rappresentato che Google, differentemente da quanto affermato, "non ha fatto tutto quanto in suo potere per eliminare tutti i risultati di ricerca relativi alla query che include il nome della ricorrente e che in qualche modo siano collegabili all´articolo incriminato e oggi rimosso"; la ricorrente ha in particolare evidenziato che "se è vero che non compare più l´articolo tratto dall´archivio storico del Corriere della sera intitolato (…), è anche vero che vengono fuori ancora varie frasi estrapolate dall´articolo stesso e riportate sotto altri risultati di ricerca"; nella medesima nota la ricorrente ha peraltro sottolineato che "tale problema sussiste unicamente con Google e con il suo motore di ricerca, poiché ripetendo la medesima query di ricerca su altri motori – yahoo e bing ad esempio – tali risultati non vengono fuori, essendo quindi evidente che trattasi di un problema tutto riconducibile alle modalità di trattamento dei dati personali da parte di Google";

VISTA la nota del 26 marzo 2015 con cui  il motore di ricerca resistente (Google), rappresentato e difeso dagli avv.ti Marco Berliri, Massimiliano Masnada e Marta Staccioli, nel ribadire di avere provveduto "alla deindicizzazione dell´articolo espressamente e specificamente indicato – correttamente a mezzo URL – nel ricorso dalla ricorrente, soddisfacendo completamente le richieste dell´interessata", ha sottolineato come le richieste della stessa – che nel corso del procedimento "ha esteso irritualmente e arbitrariamente le proprie pretese a tutti i risultati di ricerca relativi alla query che include il suo nome e che in qualche modo siano collegabili all´articolo incriminato e oggi rimosso" – siano "prive di fondamento sia alla luce della disciplina che regola le attività degli Internet Service Provider (ISP) come Google di cui al d.lgs n.70/2003, che ha implementato la Direttiva 2000/31/CE (c.d. Direttiva E-Commerce) sia alla luce della sentenza resa dalla Corte di Giustizia Europea del 13 maggio 2014 (c.d. sentenza Costeja), nonché delle linee guida redatte dal Gruppo di lavoro art. 29 (WP29))"; ciò in quanto "il motore di ricerca di Google, denominato Web Search consente agli utenti di ricercare contenuti nella rete internet, digitando uno o più termini di ricerca nella relativa stringa, ottenendo come risultato l´elenco delle pagine web esistenti, il cui contenuto risulti attinente alla/e parola/e chiave inserita/e come criterio di ricerca. Google, rispetto al servizio Web Search, sotto il profilo giuridico, è un caching provider (…) e come tale non è responsabile della memorizzazione automatica, intermedia e temporanea di tali informazioni effettuata al solo scopo di rendere più efficace il successivo inoltro ad altri destinatari a loro richiesta. Tale irresponsabilità dell´ISP è poi completata dal successivo art. 17 del d.lgs. n. 70/2003  a norma del quale Google "non è assoggettato ad un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite""; ciò posto, la resistente ha evidenziato che "ogni eventuale, seppure non dovuto, intervento del provider – che non ha alcun potere, né dovere, di controllo sui contenuti immessi da terzi in rete e, di conseguenza, alcuna conoscenza degli stessi – non può prescindere dalla corretta e specifica indicazione dei contenuti rispetto ai quali si richiede tale intervento"; in proposito le stesse "Linee Guida pubblicate dal WP29 prevedono espressamente che il soggetto che intenda ottenere la rimozione dei contenuti trasmessi o ospitati sui servizi di un Internet Service Provider deve indicare specificamente gli URL rilevanti, in quanto il provider non è tenuto ad individuarli a seguito di segnalazioni generiche"; nella medesima nota la parte resistente ha tuttavia affermato che, "ferma restando l´inesistenza di alcun obbligo di Google di attivarsi nella ricerca di ulteriori eventuali (e non meglio identificate) "scie digitali", la stessa, non appena "appreso che alcuni contenuti relativi all´URL già rimosso comparivano in alcuni risultati di ricerca Google associati a URL completamente non correlati, ha provveduto ad esaminare il caso (…) e in seguito all´implementazione di misure correttive poste in essere, la problematica evidenziata dalla ricorrente sembra non sussistere più";

VISTA la nota datata 8 aprile 2015 con la quale la ricorrente, nel ribadire le richieste formulate con il ricorso, ha sottolineato che, nonostante quanto affermato da Google, "ad oggi 8 aprile 2015 sono ancora presenti "scie digitali" o in termine tecnico "snippet" lesivi dell´onore e della reputazione della ricorrente e sicuramente ricollegabili all´URL dell´articolo di cui è stata chiesta la rimozione, essendone gli stessi un puro e semplice abstract; evidente quindi come la domanda di rimozione degli "snippet" sia strutturalmente collegata a quella principale di rimozione dell´URL e tale fatto ne legittimi l´ammissibilità e rilevanza"; la ricorrente ha inoltre evidenziato come la "presenza di tali e molteplici "snippet" abbia l´effetto di rendere de facto quasi irrilevante a livello pratico l´effetto della rimozione dell´URL dell´articolo in questione, poiché il nome della ricorrente – associato a parole quali "carcere", "prostituta", "batteva il marciapiede" – continua ad essere visibile in 6" snippet" su 10 della pagina 2 dei risultati di ricerca di Google e relativi alla semplice query che include il nome della ricorrente"; l´interessata ha infine ribadito che tale problema sussiste unicamente con Google e non invece con altri motori di ricerca (Yahoo e Bing);

VISTA la nota del 13 aprile 2015 con cui Google, nel ribadire di avere tempestivamente provveduto alla deindicizzazione dell´articolo indicato dalla ricorrente, ha ulteriormente precisato che la questione delle c.d. "scie digitali" "è del tutto diversa e distinta da quella oggetto del ricorso" in quanto non solo le stesse "rappresentano evidentemente materiale diverso e distinto dall´oggetto del ricorso, che è chiaramente identificato e circoscritto all´articolo segnalato e al suo URL, ma sono altresì identificate da URL completamente diversi da quello di cui la ricorrente ha chiesto la deindicizzazione"; la resistente ha quindi ribadito di "non avere alcun obbligo, in qualità di caching provider, di ricercare e/o intervenire rispetto a contenuti, immessi e di responsabilità di terzi, che non le siano stati precedentemente segnalati a mezzo di URL"; ciò premesso la resistente ha tuttavia affermato che, "per mero spirito di collaborazione e buona fede sta esaminando il caso e, ad oggi, le pagine dei risultati di Web Search restituite a seguito della ricerca del nome della ricorrente non risultano più presenti in riferimento ai seguenti link, identificati negli allegati alle note avversarie (…)";

RILEVATO che, al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero – e con essa anche l´esercizio della libera ricerca storica e del diritto allo studio e all´informazione –  la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per tali finalità, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati (cfr. artt. 136 e ss. e art. 102, comma 2, lett. a), del Codice, nonché artt. 1, comma 1, e art.  3 comma 1 del Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici, pubblicato in G. U. 5 aprile 2001, n. 80);

RILEVATO che il trattamento dei dati personali della ricorrente cui fa riferimento l´odierno ricorso, a suo tempo effettuato in modo lecito per finalità giornalistiche, nel rispetto del principio dell´essenzialità dell´informazione riguardo a fatti di interesse pubblico, rientra ora, attraverso la riproposizione dei medesimi dati nell´articolo pubblicato quale parte integrante dell´archivio storico del quotidiano reso disponibile on-line sul sito internet dell´editore resistente, tra i trattamenti effettuati al fine di concretizzare e favorire la libera manifestazione del pensiero e, in particolare, la libertà di ricerca, cronaca e critica anche storica; rilevato che, alla luce di ciò, l´attuale trattamento può essere effettuato senza il consenso degli interessati (cfr. art. 136 e ss. del Codice), è compatibile con i diversi scopi per i quali i dati sono stati in precedenza raccolti o trattati e può essere effettuato in termini generali anche oltre il periodo di tempo necessario per conseguire tali diversi scopi (cfr. art. 99 del Codice);

RILEVATO altresì che il diritto alla deindicizzazione ("de-listing"), secondo la sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione europea del 13 maggio 2014, è attualmente azionabile dall´interessato direttamente nei confronti del motore di ricerca allo scopo di ottenere la deindicizzazione dei risultati ottenuti inserendo come chiave di ricerca il nome del soggetto cui si riferiscono le informazioni;

RILEVATO che, a seguito del ricorso, RCS Mediagroup S.p.A. ha provveduto ad adottare le misure tecniche necessarie ad interdire l´indicizzazione dell´articolo oggetto del medesimo dai motori di ricerca esterni al sito internet del quotidiano, seppur nel corso del procedimento; ritenuto pertanto che deve essere dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso ai sensi dell´art. 149 comma 2 del Codice;

RITENUTO altresì che, allo stato della documentazione in atti, deve essere parimenti dichiarato non luogo a provvedere sul ricorso nei confronti di Google, avendo la società resistente provveduto alla deindicizzazione dell´ URL indicato dalla ricorrente, seppure solo nel corso del procedimento;

RILEVATO che anche con riferimento al profilo degli "snippet" dell´articolo in questione segnalati dalla ricorrente in relazione ad URL diversi rispetto a quello oggetto del presente ricorso, Google ha dichiarato che, allo stato, "le pagine dei risultati di Web Search restituite a seguito della ricerca del nome della ricorrente non risultano più presenti in riferimento ai link identificati dalla ricorrente medesima";

VISTA la determinazione generale del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria dell´ammontare delle spese e dei diritti da liquidare per i ricorsi; valutato congruo determinare, su questa base, l´ammontare delle spese e dei diritti inerenti all´odierno ricorso nella misura  di euro 500, di cui euro 150 per diritti di segreteria, e ritenuto di porli, a carico di RCS Mediagroup S.p.A e di Google Inc., nella misura di euro 150 cadauno, compensandone la residua parte per giusti motivi;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

1) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso nei confronti di RCS Mediagroup S.p.A;

2) dichiara non luogo a provvedere sul ricorso nei confronti di Google Inc.;

3) determina nella misura forfettaria di euro 500 l´ammontare delle spese e dei diritti del procedimento, che vengono posti nella misura di 150 euro cadauno a carico di RCS Mediagroup S.p.A e di Google Inc., i quali dovranno liquidarli direttamente a favore della ricorrente; compensa tra le parti la residua porzione delle spese.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 16 aprile 2015

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia