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Provvedimento dell'11 gennaio 2018 [8146486]

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[doc. web n. 8146486]

Provvedimento dell´11 gennaio 2018

Registro dei provvedimenti
n. 8 dell´11 gennaio 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 6 ottobre 2017 da XX nei confronti Google LLC (già Google Inc.), Google Italy s.r.l., Microsoft Corp., Microsoft Italia S.r.l., Oath (Emea) Limited (già Yahoo!EMEA Limited) e Yahoo!Italia S.r.l. in liquidazione – nelle rispettive qualità di gestori dei motori di ricerca "Google", "Bing" e "Yahoo! Search"– con il quale il ricorrente, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, Codice in materia di protezione dei dati personali (di seguito "Codice"), ha chiesto:

la rimozione di alcuni URL, distintamente indicati nell´atto introduttivo con riguardo a ciascuno dei motori di ricerca, in quanto rinvenibili in rete in associazione al proprio nome e cognome e riconducibili ad articoli relativi ad una vicenda giudiziaria nella quale il medesimo è stato coinvolto;

la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

CONSIDERATO che l´interessato, nell´invocare l´applicazione del cd. diritto all´oblio, ha:

lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione dalla perdurante diffusione sul web di notizie ormai risalenti nel tempo (2012) e prive di interesse per la collettività, non ricoprendo lo stesso alcun ruolo pubblico e non essendo nemmeno più dipendente della pubblica amministrazione;

rappresentato che, benché sia stato condannato per i fatti contestati, la costante divulgazione di tali notizie ne impedirebbe comunque il corretto reinserimento sociale e lavorativo;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare: a) la nota del 23 ottobre 2017 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato i resistenti a fornire riscontro alle richieste del ricorrente, b) il verbale dell´audizione svoltasi presso la sede dell´Autorità in data 13 novembre 2017, nonché c) la nota del 5 dicembre 2017 con la quale è stata disposta, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTE le note del 27 ottobre e dell´8 novembre 2017 con le quali Google, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, ha comunicato di non poter aderire alle richieste del ricorrente ritenendo "sussistente l´interesse della collettività alla reperibilità di informazioni di cronaca ancora recenti e riconducibili ad un reato grave che desta particolare allarme sociale", precisando che:

con riguardo a tre degli URL oggetto di richiesta (cfr. quanto specificamente indicato a pag. 3 della nota dell´8 novembre 2017) "le relative pagine web [in quanto prive di contenuto] non vengono attualmente visualizzate dal motore di ricerca digitando il nome e cognome del ricorrente";

relativamente ai restanti nove URL, non ricorrerebbero i presupposti richiesti per il legittimo esercizio del diritto all´oblio tenuto conto del fatto che si tratterebbe di avvenimenti  recenti – l´ultima notizia pubblicata risale "addirittura al 23 febbraio 2016" – collegati a reati di particolare gravità commessi dall´interessato nell´esercizio di pubbliche funzioni ed in ordine ai quali lo stesso è stato condannato sia in primo grado che in appello;

VISTE le note del 3 novembre 2017 con le quali Yahoo!Italia S.r.l. ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva in quanto il servizio relativo al motore di ricerca sarebbe gestito in via esclusiva da Oath (EMEA) Limited – società avente sede in Irlanda e che opera in conformità alla corrispondente normativa – mentre quest´ultima, pur rivendicando nei suoi confronti la giurisdizione del Data Protection Commissioner irlandese, ha comunque fornito un riscontro nel merito delle richieste avanzate dall´interessato dichiarando:

che due degli URL indicati non appaiono tra i risultati di ricerca associati al suo nominativo;

di aver accolto la richiesta con riguardo ad ulteriori tre URL ritenendo sussistenti in tali casi i presupposti indicati dalla Corte di Giustizia dell´Unione Europea nella sentenza pronunciata il 13 maggio 2014 nella causa C-131/12 quale fondamento di una legittima richiesta di deindicizzazione;

di non poter invece aderire alla istanze avanzate con riguardo ai restanti URL in quanto non rispondenti "ai criteri delineati dalla Corte di giustizia dell´Unione Europea";

VISTE le note del 3, 9 e 27 novembre 2017 con le quali Microsoft S.r.l. e Microsoft Corporation, rappresentate e difese dagli avv.ti Antonio Debiasi, Lorenzo Conti, Paolo Todaro e Chiara De Luca, hanno rispettivamente:

eccepito il difetto di legittimazione passiva di Microsoft S.r.l. tenuto conto del fatto che la società alla quale fa capo la gestione del motore di ricerca è Microsoft Corporation e che la stessa non svolge alcuna attività collaterale riconducibile a tale servizio;

rilevato l´inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di Microsoft Corporation in quanto non sarebbe stata destinataria dell´interpello preventivo indicato nell´atto di ricorso – datato 4 settembre 2017 e riguardante sette URL –  ma solo di uno precedente inviato in relazione a due degli URL fatti oggetto di richiesta nel  presente procedimento ed al quale la società avrebbe, peraltro, fornito riscontro nei termini di legge, chiedendo all´interessato di fornire ulteriori elementi al fine di poterne valutare la fondatezza senza che a ciò abbia fatto seguito alcuna integrazione da parte di quest´ultimo;

sostenuto, nel merito, l´infondatezza della richiesta di deindicizzazione in virtù del breve lasso di tempo decorso dai fatti – tenuto peraltro conto che il processo di appello si è concluso nel 2016 e che la relativa notizia, diffusa dall´Ansa, "ha riportato la vicenda giudiziaria (…) nuovamente agli onori della cronaca" – e che, in ogni caso, trattandosi di reati gravi commessi nell´esercizio di funzioni pubbliche, sarebbe tuttora sussistente l´interesse della collettività alla conoscibilità della vicenda;

CONSIDERATO, con riguardo alle richieste avanzate nei confronti di Microsoft S.r.l. e Microsoft Corporation, che:

la prima, come risulta dalla visura della Camera di Commercio di Milano allegata in atti, ha un oggetto sociale che non appare in alcun modo connesso all´attività di gestione del motore di ricerca in quanto riguardante la vendita di componenti hardware e software, nonché la fornitura di assistenza e consulenza in relazione a sistemi informatici (a tale riguardo cfr. anche sentenza del Tribunale di Milano n. 10447/2017 del 19 ottobre 2017, depositata agli atti del fascicolo) e che, pertanto, non può considerarsi, agli effetti del presente ricorso, quale stabilimento italiano di Microsoft Corporation riguardo alle funzioni di web search;

l´interpello preventivo del 4 settembre 2017 citato nell´atto di ricorso, e contenente la richiesta di rimozione di alcuni URL, non può, in quanto indirizzato a Microsoft S.r.l., ritenersi validamente effettuato non potendosi considerare tale soggetto, per effetto di quanto sopra rilevato, un rappresentante stabilito del titolare del trattamento rispetto al servizio del motore di ricerca, come può peraltro rilevarsi anche dall´esame di un´apposita sezione presente sul sito web di Microsoft in cui si dà atto del fatto che, "salvo laddove diversamente indicato, Microsoft Corporation è il responsabile del trattamento dei dati personali raccolti tramite i prodotti" indicati nell´informativa resa sul sito stesso;

il ricorso presentato nei confronti di Microsoft Corporation, in quanto non preceduto dalla ricezione di un interpello preventivo contenente le medesime richieste avanzate con l´atto introduttivo, non può ritenersi correttamente proposto;
RITENUTO di dover pertanto dichiarare il ricorso inammissibile nei confronti di Microsoft S.r.l. e di Microsoft Corporation, rispettivamente, ai sensi dell´art. 148, comma 1, lett. c) e lett. b), del Codice;

CONSIDERATO, poi con riguardo alla preliminare eccezione di giurisdizione sollevata da Oath (Emea) Limited (già Yahoo!EMEA Limited), stabilita in Italia attraverso Yahoo!Italia S.r.l., che, nel caso di specie, risulta applicabile il diritto nazionale e competente l´Autorità italiana per la protezione dei dati personali, secondo un principio già affermato nei provvedimenti n. 83 del 25 febbraio 2016 (in www.gpdp.it doc. web n. 4881581) e n. 30 del 26 gennaio 2017 (doc. web n. 6026501) ed altresì riconosciuto dal Tribunale di Milano con sentenza n. 12623 del 5 gennaio 2017;

RITENUTO di dover dichiarare, ai sensi dell´art. 149, comma 2, del Codice, non luogo a provvedere sul ricorso nei confronti di Oath (Emea) Limited e di Google, avendo le resistenti fornito un riscontro sufficiente, sia pure solo nel corso del procedimento, con riguardo:

agli URL – indicati specificamente nella nota di Oath (Emea) Limited del 3 novembre 2017 – in ordine ai quali quest´ultima ha dichiarato di aver provveduto alla rimozione, nonché agli ulteriori URL che non risultano più reperibili in associazione al nome dell´interessato;

agli URL, individuati da Google nella nota dell´8 novembre 2017 in quanto non più visualizzabili in associazione al nome dell´interessato;

RILEVATO infine, con riguardo ai restanti URL in ordine ai quali Oath (Emea) Limited e Google hanno opposto diniego, alle istanze avanzate dall´interessato, che ai fini della valutazione dell´esistenza dei presupposti per ottenere la rimozione di risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo del medesimo, occorre, in particolare, tenere conto dei criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite "Linee Guida" adottate il 26 novembre 2014 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

RILEVATO, in particolare, che elemento costitutivo del diritto all´oblio è il trascorrere del tempo rispetto al verificarsi dei fatti oggetto delle notizie rinvenibili attraverso l´interrogazione dei motori di ricerca e che, anche laddove sussista, tale elemento incontra tuttavia un limite quando le informazioni per le quali viene invocato risultino riferite a reati gravi dovendo le relative richieste di deindicizzazione, pur nell´ambito di un esame condotto caso per caso, essere valutate con minor favore dalle Autorità di protezione dei dati (punto 13, delle Linee Guida);

CONSIDERATO che:

nel caso di specie i fatti risalgono al 2012 ed in ordine agli stessi l´interessato risulta essere stato condannato in primo grado nel 2013, con sentenza parzialmente riformata in appello nel 2016 – che ha modificato il titolo di reato, pur confermando la condanna – e convalidata in Cassazione nel 2017 che ha giudicato inammissibile il ricorso dallo stesso proposto;

il reato in relazione al quale il ricorrente è stato condannato risulta di particolare gravità tenuto conto del fatto che le condotte ad esso addebitate sono state poste in essere nell´esercizio di una pubblica funzione (nello specifico, il ricorrente, utilizzando il ruolo ricoperto,  ha richiesto ed ottenuto favori sessuali in cambio della promessa di agevolare il rilascio di documenti di fondamentale importanza per le vittime) e che pertanto, in considerazione di ciò, non possa ritenersi cessato l´interesse del pubblico alla conoscibilità delle relative informazioni;

RITENUTO pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, di dover dichiarare il ricorso infondato nei confronti di Oath (Emea) Limited e di Google con riguardo ai restanti URL oggetto di richiesta da individuarsi con riguardo a quanto riportato, rispettivamente, nelle note del 3 e dell´8 novembre 2017 prodotte dalle resistenti nel corso del procedimento;

RITENUTO di dover compensare fra le parti le spese del procedimento, in ragione della specificità della vicenda;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Licia Califano;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) dichiara il ricorso inammissibile nei confronti di Microsoft Corporation e Microsoft S.r.l.;

b) dichiara non luogo a provvedere nei confronti di Oath (Emea) Limited e di Google con riguardo agli URL così come indicati nelle note richiamate in motivazione;

c) dichiara il ricorso infondato nei confronti di Oath (Emea) Limited e di Google in ordine alle restanti richieste;

d) dichiara compensate fra le parti le spese del procedimento.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 11 gennaio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Califano

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia