g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 30 gennaio 2020 [9299143]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9299143]

Provvedimento del 30 gennaio 2020

Registro dei provvedimenti
n. 19 del 30 gennaio 2020

GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante dal sig. XX in data 29 dicembre 2018, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, con il quale, ha lamentato una violazione della vigente disciplina in materia di protezione dei dati personali in relazione alla pubblicazione della notizia dell’arresto del figlio a XX, con la specificazione che fosse “il figlio di un funzionario della Corte di Appello di XX”, da parte di alcune testate giornalistiche e siti di informazione individuati nel reclamo attraverso l’allegazione dei seguenti articoli:

1) ANSA - XX 2016: XX;

2) Primocanale.it – XX 2016: XX

3) Libero 24x7 – XX 2016: XX

4) Il Secolo XIX - XX 2016: XX; - XX 2016: XX;

5)  XX

6) laRepubblica.it/Archivio – XX 2016: XX; - XX 2017: XX;

CONSIDERATO che l’interessato ha, in particolare, rappresentato:

─ di aver subìto una perquisizione nel proprio appartamento in data XX  2018 a seguito della quale si procedeva all’arresto di uno dei suoi figli, convalidato dal GIP del Tribunale di XX il successivo 1° aprile;

─  di aver ricevuto lo stesso XX telefonate da conoscenti e amici che segnalavano di aver appreso la notizia in quanto riportata sul sito on line di “Primocanale.it” e de “Il Secolo XIX”;

─ di aver appreso dalla redazione de “Il Secolo XIX” che la notizia nei termini descritti era stata pubblicata in prima battuta dall’ANSA;

─  che in data XX il “Secolo XIX” e “La Repubblica” corredavano la notizia e il riferimento al rapporto familiare con l’arrestato con una fotografia, il primo quotidiano, del Tribunale di XX, il secondo, del Palazzo di Giustizia;

─ di aver querelato per diffamazione l’ANSA e denunciato per il reato di “Rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio” ignoti giornalisti della medesima Agenzia, procedimenti successivamente archiviati dal GIP il quale però avrebbe richiesto al PM «indagini suppletive riguardo all’ipotesi contravvenzionale di cui al 684 c.p. “Indebita pubblicazione di notizie concernenti un procedimento penale”» in occasione delle quali avrebbe appreso i nominativi dei giornalisti autori degli articoli per conto dell’ANSA;

─ che nella richiesta di archiviazione da parte del P.M. di tale ulteriore procedimento «si apprendeva come nella movimentazione del fascicolo penale ancora nella prima fase di indagine vi è stata la c.d. “fuga di notizie” e non sia stato possibile individuare con certezza il nominativo del responsabile della c.d. “fuga di notizie” come risulta dalla annotazione di P.G. che si allega»;

─ le pubblicazioni oggetto di reclamo hanno violato l’art. 5 del Codice di deontologia relativo al trattamento dei dati personali nell’esercizio dell’attività giornalistica [ora Regole deontologiche relative al trattamento dei dati personali nell'esercizio dell'attività giornalistica] il quale «sancisce il dovere del giornalista di evitare di fare riferimenti a congiunti delle persone protagoniste nei propri articoli» previsione che «va a tutela delle persone estranee al fatto oggetto di cronaca e che pertanto hanno il diritto alla propria riservatezza»;

─ di «non contestare la verità dei fatti narrati in quanto accaduti, piuttosto la pertinenza dell’indicazione dell’attività lavorativa» da lui svolta con la vicenda riportata, nonché di essere stato reso riconoscibile dall’associazione di questo dato con il nome del figlio arrestato – quest’ultimo riportato per intero «senza alcun motivo giustificato dal “dovere di cronaca» − unitamente alla fotografia del Tribunale di XX;

VISTE la nota del 12 aprile con cui GEDI News Network s.p.a. (“Il Secolo XIX”) e GEDI Gruppo Editoriale S.p.a. (La Repubblica) affermano che «l’Editore nel pieno esercizio del diritto di cronaca, si è limitato a riportare una vicenda di rilevante interesse pubblico e sociale nonché idonea a generare un particolare allarme nella collettività, proprio alla luce delle modalità (violente) dell’esecuzione dei fatti narrati e dell’ambiente familiare dei soggetti coinvolti in cui la stessa si inquadra»

VISTA la nota del 15 aprile 2019 con cui Italiaonline S.p.a. (“247.libero.it”) ha comunicato di aver rimosso l’Url relativo all’articolo oggetto di contestazione, precisando che il servizio “24x7” si avvale di «sistemi completamente automatizzati che si avvalgono di algoritmi matematici» che consentono all’utente di visualizzare su internet estratti di articoli di attualità, senza effettuare una verifica in ordine alla pubblicabilità o meno degli stessi; nel caso di specie ciò era avvenuto con riferimento ad un articolo pubblicato sul sito www.ilsecoloxix.it;

VISTA la nota del 15 aprile 2019 di Edinet s.r.l. (“XX”) in cui eccepisce preliminarmente la carenza di legittimazione passiva e la violazione dell’art. 142 del Codice trattandosi di un reclamo non contenente una specificazione delle doglianze di fatto e di diritto rivolte nei propri confronti (coinvolto nel reclamo solo «nell’allegazione documentale») essendo invece le doglianze riferite e riferibili a «condotte di altri giornalisti ed altri soggetti editoriali»;

Inoltre rileva che:

─ l’aver pubblicato per esteso il nome della persona arrestata non configura una violazione di legge, per costante giurisprudenza, e inoltre alcuna fotografia del Tribunale di XX è presente negli articoli ad essa riconducibili (circostanza contestata invero ad altre testate);

─  il «riferimento, comunque generico, al lavoro del padre» va inquadrato alla luce del principio di “essenzialità dell’informazione”, tenuto conto del tipo di reato contestato - lo spaccio di droga e le minacce di morte - ed il rapporto della persona arrestata con il reclamante, «un soggetto riconosciuto – automaticamente – come uomo di legge» e quindi costituente informazione rilevante ai fini della conoscenza del contesto sociale di provenienza dell’autore della condotta;

─  «l’art. 5 del codice deontologico [ora Regole deontologiche] si riferisce a soggetti non interessati ai fatti» e tale non può essere considerato il reclamante «considerato che presso la sua abitazione è avvenuta una perquisizione» e sempre presso la sua abitazione è avvenuto l’arresto del figlio;

VISTA la nota del 16 aprile 2019 con cui P.T.V. Programmazioni Televisive S.p.a. (“www.primocanale.it”) ha rappresentato di essersi limitata a riportare il testo della notizia, così come pubblicato dall’Ansa, senza l’aggiunta di alcuna fotografia, in modo conforme al codice di deontologia e ai principi dettati in tema di diritto di cronaca dalla giurisprudenza di legittimità; tuttavia «per mero spirito conciliativo e senza riconoscimento di responsabilità alcuna... ha provveduto alla immediata cancellazione dell’articolo oggetto di contestazione»;

VISTA la nota del 19 aprile con cui ANSA replica alle argomentazioni del reclamante eccependo che:

─  l’art. 5 del codice di deontologia invocato nel reclamo, e in particolare il divieto di riferimento a congiunti e ad altri soggetti non interessati ai fatti si riferisce ad un ambito definito, e non generalizzato, riguardando solo determinati dati (origine razziale ed etnica, convinzioni religiose, filosofiche ecc.) e non quello relativo alla professione del congiunto;

─ il reclamante non può essere considerato “congiunto non interessato ai fatti” in quanto nel corso delle indagini i carabinieri hanno perquisito la sua abitazione;

─ l’indicazione della funzione del reclamante messa in relazione con l’arresto del figlio «ha di fatto un sicuro rilievo giornalistico, poiché permette al lettore di inquadrare il contesto e di valutare che non esistono aree di impunità davanti all’Autorità giudiziaria anche quando l’indagato è figlio di un funzionario della corte di Appello»;

─  ANSA ha comunque da tempo cancellato dal proprio sito qualsiasi notizia relativa alla vicenda, ritenendo essere venuta meno l’attualità dell’interesse pubblico;

─ con riferimento ai giornalisti specificamente coinvolti dal reclamo, per profili analoghi è già intervenuta una richiesta di archiviazione da parte dell’autorità giudiziaria e comunque per essi valgono le stesse argomentazioni esposte per l’Agenzia in ordine alla liceità della loro condotta;

VISTA la replica del reclamante del 28 maggio 2019 con cui questi, nel ribadire la propria posizione:

─ invoca il «principio, generalissimo e non esclusivo dell’attività giornalistica, della correttezza e lealtà nella fase della raccolta dei dati (contenuto nell’articolo 11 del Codice Privacy)» la cui violazione sarebbe dimostrata dalla possibile fuga di informazioni dagli uffici giudiziari, di cui pure è cenno nell’annotazione di P.G. allegata al reclamo, grazie alla quale i giornalisti sono riusciti a risalire al suo ruolo;

─ contesta che il riferimento alla sua persona possa giustificarsi in ragione del luogo – la sua abitazione – in cui è avvenuta la perquisizione da parte degli agenti di polizia giudiziaria, posto che tale atto di indagine non risulta menzionato negli articoli indicati nel reclamo; «particolare che, evidentemente, era rimasto all’oscuro del giornalista»;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

RILEVATO che gli articoli oggetto di doglianza riferiscono gli esiti di un’indagine relativa ad un’attività di traffico di sostanze stupefacenti la cui divulgazione − costituisce espressione del diritto/dovere di cronaca su fatti di interesse pubblico (art.137, comma 3, Codice, artt. 1, 2, 6 e 12 Regole deontologiche); 

CONSIDERATO tuttavia che, con riferimento specifico alle contestazioni in esame, il richiamo all’attività lavorativa del reclamante, suscettibile di agevolarne peraltro l’identificabilità in associazione con il nominativo del figlio,  non appare giustificato da alcuna esigenza informativa, non avendo la professione del padre dell’arrestato assunto alcun rilievo nella realizzazione dei fatti né, tantomeno, negli sviluppi giudiziari successivi;

RITENUTO che il riferimento, contenuto negli articoli in esame ai dati personali del reclamante, sia dunque da ritenersi incompatibile con il principio di essenzialità dell’informazione di cui all’articolo 6 delle citate Regole deontologiche, il cui rispetto costituisce requisito di liceità e correttezza del trattamento ai sensi dell’articolo 2-quater, comma 4, del Codice;

RILEVATA pertanto la fondatezza del reclamo, nei termini suesposti,  con conseguente ingiunzione a GEDI News Network s.p.a. (“Il Secolo XIX”), GEDI Gruppo Editoriale S.p.a. (La Repubblica) ed Edinet s.r.l. (“XX”) ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) del Regolamento, di adozione delle misure necessarie a soddisfare le richieste dell’interessato, in conformità a quanto indicato sopra, nel termine di dieci giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento,

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti delle citate testate deriva da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, la relativa iscrizione nel registro interno suindicato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti dei medesimi titolari del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57 par. 1, lett. f) del Regolamento, dichiara il reclamo fondato nei termini di cui in motivazione e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c), del Regolamento stesso, ingiunge a GEDI News Network s.p.a. (“Il Secolo XIX”), GEDI Gruppo Editoriale S.p.a. (La Repubblica) ed Edinet s.r.l. (“XX”) di adottare le misure necessarie a soddisfare le richieste dell’interessato, conformandosi a quanto indicato nella parte motiva, nel termine di dieci giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento.

Il Garante, ai sensi dell'art. 157 del Codice, invita GEDI News Network s.p.a. (“Il Secolo XIX”), GEDI Gruppo Editoriale S.p.a. (La Repubblica) ed Edinet s.r.l. (“XX”) a comunicare, entro quindici giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di adempiere a quanto prescritto.

Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra integra gli estremi dell’illecito amministrativo di cui all'art. 166, c.2, del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 30 gennaio 2020

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

 

Scheda

Doc-Web
9299143
Data
30/01/20

Argomenti


Tipologie

Prescrizioni del Garante

Vedi anche (10)