g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 14 gennaio 2021 [9547299]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9547299]

Provvedimento del 14 gennaio 2021

Registro dei provvedimenti
n. 13 del 14 gennaio 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 31 marzo 2020 con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. Devid Leggi, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di due URL collegati ad articoli relativi a vicende risalenti nel tempo ed il cui contenuto ha il solo fine di “denigrare la reputazione sia personale che professionale dell’interessato”;

CONSIDERATO che l'interessato ha, in particolare, lamentato il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità in rete dei predetti contenuti rappresentando che:

il primo di tali articoli risale al 2001 – circostanza quest’ultima “da ritenersi assolutamente assorbente e tale da rendere superflua qualsiasi altra considerazione attinente il contenuto del medesimo” – ed è riferito alla campagna politica condotta all’epoca dai due candidati giunti al ballottaggio per l’elezione alla carica di sindaco di un importante comune italiano, indugiando però in “attacchi gratuitamente offensivi” nei confronti degli appartenenti al gruppo di supporto di uno di essi del quale anche il medesimo faceva parte;

la perdurante reperibilità di tali informazioni, che già all’epoca “nessun contributo [erano] in grado di apportare alle scelte politiche dei fruitori delle” stesse, non può dirsi pertanto giustificata dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale ad averne conoscenza;

il secondo degli articoli oggetto di contestazione risale al 2013 e descrive l’iter amministrativo seguito per la realizzazione di un impianto fotovoltaico su di un’area divenuta, a seguito di vari passaggi, di proprietà del Comune menzionato all’interno dell’articolo, utilizzando tuttavia modalità espressive tali da ingenerare nel lettore “il convincimento che si sia trattato di un’operazione tutt’altro che lecita condotta, tra le varie società”, anche da quella della quale il medesimo era amministratore unico, nonché socio ed inducendo con ciò il destinatario della notizia a ritenere che le società coinvolte – “di cui il giornalista si premura di indicare legali rappresentanti, soci ed oggetto sociale nell’apposita “scheda società” in calce all’articolo per evitare che qualche protagonista possa sfuggire all’occhio del ciclone” – abbiano strumentalizzato un ente pubblico al fine di percepire incentivi non dovuti;

in tal caso non può dirsi pertanto sussistente l’interesse del pubblico a conoscere le informazioni riportate nell’articolo, eccependo di non essere mai stato sottoposto ad alcun procedimento giudiziario con riguardo ai fatti descritti all’interno di esso che, come tali, sono peraltro idonei ad integrare gli estremi del reato di diffamazione aggravato dal mezzo utilizzato per la diffusione delle false notizie;

VISTA la nota del 19 giugno 2020 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 9 luglio 2020 con la quale Google LLC ha comunicato:

di non poter aderire alla richiesta di rimozione degli URL indicati dall’interessato ritenendo tuttora sussistente l’interesse del pubblico ad avere conoscenza delle relative informazioni in quanto attinenti all’attività politica e professionale del medesimo e dunque utili per chiunque intenda conoscere il percorso da lui seguito nella vita pubblica “a prescindere dal tempo trascorso dalla data di pubblicazione dei contenuti”;

che, nel caso in esame, si tratta di notizie pubblicate da testate giornalistiche di rilevanza nazionale;

che le argomentazioni dedotte dal reclamante con riferimento all’asserita portata diffamatoria del contenuto degli articoli non rileva nell’ambito di una richiesta avanzata ai sensi dell’art. 17 del Regolamento, ma “semmai fondano una richiesta di rimozione per diffamazione che (…) non è da ritenersi di competenza del Garante per la protezione dei dati personali”;

VISTA la nota del 16 luglio 2020 con la quale l’interessato, nel replicare al riscontro fornito da Google, ha rilevato:

di non aver mai posto in dubbio il proprio ruolo pubblico, ma che la sussistenza di quest’ultimo “non possa comunque comportare il venir meno del criterio della proporzionalità per effetto del quale l’interessato può opporsi al trattamento da parte del motore di ricerca nel caso in cui il pregiudizio subito non risulti giustificato” trattandosi di una “condotta impropria di minima rilevanza o significato che non è più – o non è mai stata – oggetto di dibattito pubblico e se non vi è alcun interesse pubblico (…) generale alla disponibilità di tal[i] informazion[i]”;

che il tempo decorso dalla pubblicazione degli articoli, rispettivamente diciannove e sette anni, unitamente al loro contenuto “volto unicamente a denigrar[lo]”, non ne giustificano più la reperibilità tramite il motore di ricerca in associazione al proprio nominativo e ciò a prescindere dal ruolo da lui ricoperto che peraltro, contrariamente a quanto affermato dal titolare del trattamento, non svolge più alcuna attività politica come all’epoca in cui fu pubblicato il primo dei predetti articoli;

la legittimità della propria richiesta di deindicizzazione rivolta al gestore del motore di ricerca, titolare autonomo del relativo trattamento, tenuto conto del fatto che ciò che è stato chiesto è la rimozione di alcuni URL in quanto reperibili in associazione al proprio nominativo e non l’accertamento della diffamatorietà dei contenuti degli articoli ad essi collegati, argomento quest’ultimo utilizzato solo per dimostrare come “la loro permanenza online, proprio per il tempo trascorso ed il contenuto fuorviante ed oltraggioso, stesse di fatto cagionando un pregiudizio in alcun modo bilanciato da un effettivo interesse pubblico alla conoscibilità delle notizie”;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL individuati nell’atto introdutivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPD) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

il primo degli articoli indicati nell’atto di reclamo, pur essendo risalente nel tempo, riferisce del ballottaggio verificatosi nel 2001 in occasione dello svolgimento delle elezioni alla carica di sindaco di un importante comune italiano, dando atto della partecipazione alla campagna elettorale anche dell’interessato che, facendo parte del gruppo di supporto di uno dei candidati, ambiva a ricoprire, in caso di vittoria, un ruolo nella giunta che si sarebbe successivamente formata;

le informazioni riportate all’interno dell’articolo, in quanto riguardanti eventi di vita pubblica ai quali il reclamante ha preso parte, si rivelano utili a fornire notizie in ordine all’impegno politico profuso nel tempo dal medesimo anche alla luce del percorso da lui intrapreso tramite la recente creazione di un movimento civico che, nella prospettiva della partecipazione alle elezioni amministrative che si terranno nel medesimo comune nel 2021, mira a promuovere, attraverso un proprio programma, il rinnovamento della città tramite il coinvolgimento di esponenti di varie categorie professionali;

tale circostanza appare pertanto idonea a determinare la riattualizzazione dell’interesse del pubblico a conoscere anche delle passate vicende del reclamante in ambito politico, né tale interesse può ritenersi escluso in virtù dell’utilizzo, da questi lamentato, di termini ritenuti offensivi nei confronti della propria persona, profilo quest’ultimo che attiene alla lesione di beni della vita diversi dal diritto alla protezione dei dati personali, quali il diritto alla reputazione, la tutela del quale è rimessa all’autorità giudiziaria ordinaria;

il secondo articolo ripercorre invece vicende legate all’iter amministrativo che, in altro comune, era stato avviato per la costruzione di un impianto fotovoltaico da realizzare su di un’area che, tramite alcuni passaggi, è divenuta di proprietà pubblica, prevedendo la costituzione di un diritto di superficie in capo ad una società riconducibile all’interessato che, insieme ad altre, è stata coinvolta nella vicenda;

il predetto articolo, nel quale vengono espresse dall’autore alcune perplessità in ordine ai passaggi attraverso i quali si è realizzata la cessione di proprietà delle aree, ha ad oggetto, in via esclusiva, l’attività delle società menzionate al suo interno ed i loro rapporti con il Comune interessato, senza tuttavia fare alcun riferimento diretto alla persona del reclamante se non nell’ambito di una scheda pubblicata in calce all’articolo e finalizzata a rendere nota la compagine sociale delle stesse che, sulla base di quanto noto all’Autorità, risultano essere informazioni ancora attuali, almeno con riguardo a quelle facenti capo al reclamante;

l’interesse in ordine a tale contenuto è da ritenersi peraltro riattualizzato anche in considerazione della pubblicazione di un articolo successivo, risalente al 2017, riguardante l’esito della vicenda – risoltasi, per quanto consta, con lo smantellamento dell’impianto fotovoltaico e la revoca degli incentivi – e che, in ogni caso, le doglianze espresse dal reclamante in ordine alla ritenuta lesività delle asserite suggestioni ed allusioni utilizzate dal giornalista autore dell’articolo appaiono riguardare profili più propriamente correlati ad un bene della vita diverso dalla protezione dei dati personali, quale il diritto alla reputazione, che peraltro, nel caso in esame, sembrerebbe riguardare in via principale le società menzionate nell’articolo che, come tali, costituiscono soggetti giuridici distinti dalle persone fisiche che le amministrano, il nominativo delle quali è riportato all’interno di una scheda in calce all’articolo come un dato oggettivo risultante da visura camerale;

RITENUTO di dover pertanto dichiarare il reclamo infondato con riguardo agli URL indicati nell’atto introduttivo;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del Regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 14 gennaio 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei