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Provvedimento del 25 novembre 2021 [9732385]

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[doc. web n. 9732385]

Provvedimento del 25 novembre 2021

Registro dei provvedimenti
n.  417 del 25 novembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 25 febbraio 2021 con il quale XX, rappresentato dall’avvocato XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di alcuni URL collegati ad articoli riferiti ad una vicenda giudiziaria nella quale è stato coinvolto con riferimento a fatti gravi riguardanti l’amministrazione dell’ente locale presso il quale prestava all’epoca la propria attività e che si è conclusa nei propri confronti con la pronuncia di un decreto di archiviazione;

CONSIDERATO che l’interessato ha rappresentato, in particolare:

il pregiudizio derivante alla propria reputazione personale e professionale dalla perdurante reperibilità, in associazione al proprio nominativo, di articoli risalenti a qualche anno prima e contenenti informazioni non aggiornate relative ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa nei propri confronti in relazione ad indagini rispetto alle quali è stata poi pronunciata nei propri confronti l’archiviazione; 

che, in considerazione di ciò, il trattamento posto in essere dal gestore del motore di ricerca sarebbe illecito tenuto anche conto delle particolari garanzie dalle quali è assistito il trattamento di dati giudiziari;

l’insussistenza, nel caso in esame, di un interesse pubblico attuale alla conoscibilità di tali informazioni in associazione al proprio nominativo in quanto divenute obsolete per effetto della successiva evoluzione giudiziaria della vicenda a sé favorevole;

VISTA la nota del 26 marzo 2021 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 15 aprile 2021 con la quale Google LLC ha rilevato:

che gli URL indicati con i nn. da 1 a 5 nella prima pagina del riscontro fornito non risultano visualizzati in associazione al nominativo dell’interessato e di non poter pertanto adottare provvedimenti al riguardo;

di non poter aderire alle richieste avanzate dall’interessato con riferimento ai restanti URL non ritenendo sussistenti, nel caso di specie, i presupposti per l’esercizio del diritto all’oblio tenuto conto del fatto che i contenuti reperibili per il tramite di essi riguardano una misura cautelare adottata nei confronti dell’interessato in epoca recente con riguardo a fattispecie criminose gravi in relazione alle quali è stata avviata un’indagine da parte della direzione distrettuale antimafia del luogo in cui i fatti si sono verificati;

che, a fronte delle dichiarazioni del reclamante circa l’intervenuta archiviazione del procedimento penale che lo ha riguardato, il medesimo non ha fornito specifici elementi idonei a confermare tale circostanza, precisando che “dei 25 URL oggetto di reclamo (…) solamente uno (…) menziona la richiesta di archiviazione avanzata dal P.M., mentre nulla viene detto relativamente agli effettivi sviluppi del procedimento”;

che i fatti descritti negli articoli oggetto di contestazione “riguardano reati asseritamente commessi nell’esercizio della sua professione, quando peraltro lo stesso ricopriva un ruolo pubblico”;

che si tratta di contenuti di pubblicazione recente ed aventi natura giornalistica in quanto diffusi da quotidiani nazionali e locali e dunque da fonti particolarmente qualificate;

che, in considerazione di tali ragioni, deve ritenersi tuttora sussistente l’interesse pubblico alla conoscibilità delle informazioni reperibili tramite gli URL oggetto di reclamo;

VISTA la nota del 23 aprile 2021 con la quale il reclamante, con riguardo al riscontro fornito dal titolare, ha:

confermato che gli URL indicati con i nn. da 1 a 5 nel predetto riscontro non risultano reperibili in associazione al proprio nominativo;

ribadito le proprie richieste con riferimento agli ulteriori URL, contestando il riscontro ottenuto tenuto conto del fatto che le asserite ragioni di interesse pubblico connesse alla gravità dei reati contestati potrebbero rilevare solo nel caso in cui le notizie corrispondessero a verità, circostanza quest’ultima che, nel caso in esame, risulta smentita dall’intervenuta archiviazione della quale, a conferma di quanto asserito, ha depositato copia in allegato alla memoria;

rilevato che il pregiudizio subìto per effetto della perdurante diffusione di informazioni non aggiornate non appare bilanciato dalla sussistenza di un interesse pubblico attuale del pubblico ad avere conoscenza di tali informazioni per ricerche effettuate utilizzando il proprio nominativo;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi  trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

PRESO ATTO, con riguardo agli URL indicati con i nn. da 1 a 5 del riscontro fornito da Google LLC, che quest’ultima ha dichiarato che gli stessi non sono reperibili in associazione al nominativo dell’interessato, circostanza peraltro confermata anche dal medesimo, e ritenuto pertanto che rispetto ad essi non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli ulteriori URL indicati nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c), e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

RILEVATO che:

i contenuti reperibili tramite i predetti URL riportano informazioni riferite ad un procedimento penale nel quale il reclamante è stato coinvolto e che, tuttavia, si è concluso con l’archiviazione della relativa posizione;

di quest’ultima circostanza non è dato atto all’interno dei predetti articoli, né in ulteriori articoli reperibili in rete determinando con ciò la circolazione di informazioni sul conto dell’interessato divenute ormai inesatte le quali, essendo collegate a gravi fattispecie di reato, risultano peraltro particolarmente pregiudizievoli per i diritti del medesimo;

il perdurante trattamento di tali dati in associazione al nominativo dell’interessato appare dunque fuorviante ed in contrasto con i principi di esattezza ed aggiornamento degli stessi  espressamente previsti dal Regolamento (cfr. art. 5, par. 1, lett. d)), nonché con quanto affermato dalle citate “Linee Guida” del 26 novembre 2014 (cfr. punti nn. 4 e 7 della Parte II) tenuto peraltro conto della particolare tutela riconosciuta dell’art. 10 del Regolamento ai dati giudiziari;

la Corte di Giustizia nella sentenza del 24 settembre 2019, causa C-136/17 ha stabilito che il gestore di un motore di ricerca è tenuto, con riguardo al trattamento dei dati giudiziari di cui all'art. 10 del Regolamento europeo – tra i quali, secondo le conclusioni rese dall’avvocato generale nella relativa causa, devono comprendersi le informazioni relative ad un procedimento giudiziario a carico di una persona fisica, come quelle riferite all’apertura di un’indagine o al processo, ed eventualmente alla condanna che ne è risultata, indipendentemente dal fatto che, nel corso di tale procedimento giudiziario, sia stata effettivamente dimostrata o meno la commissione del reato per il quale la persona era perseguita (cfr. punto n. 72 della citata sentenza) – ad adottare le medesime cautele imposte agli altri titolari del trattamento, pur dovendosi tenere conto della necessità di bilanciare il diritto alla protezione dei dati dei singoli interessati con il diritto della collettività ad essere informata laddove la conoscibilità di talune informazioni sia da ritenersi strettamente necessaria;

le indicazioni fornite dalla Corte tramite la predetta sentenza (in particolare punti nn. 73, 74 e 75) inducono pertanto a tenere conto, nell’eseguire il predetto bilanciamento, delle finalità per le quali i dati sono stati raccolti o trattati al fine di valutare se, in virtù di ciò, gli stessi “appaiano inadeguati o non siano più pertinenti oppure siano eccessivi rispetto alle finalità suddette e al tempo trascorso” (cfr. sentenza della Corte di Giustizia del 13 maggio 2014, causa C-131/12);

nel caso in esame, per le ragioni sopra esposte, non può ritenersi che la conoscibilità delle predette informazioni risulti strettamente necessaria per l’esercizio del diritto all’informazione degli utenti della rete, risultando piuttosto prevalente il diritto del singolo alla tutela della propria sfera giuridica che da tale ulteriore divulgazione sembra invero subire un pregiudizio sproporzionato (cfr. punto n. 8 parte II delle Linee guida del 26 novembre del 2014);

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione dei sopra indicati URL e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di disporne la rimozione quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell’interessato nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO, ai sensi dell’art, 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alle misure adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

RILEVATO che, in caso di inosservanza di quanto disposto dal Garante, può trovare applicazione la sanzione amministrativa di cui all’art. 83, par. 5, lett. e), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento:

1) prende atto, con riguardo agli URL indicati con i nn. da 1 a 5 del riscontro fornito da Google LLC, che quest’ultima ha dichiarato che gli stessi non sono reperibili in associazione al nominativo dell’interessato e ritenuto pertanto che rispetto ad essi non vi siano i presupposti per l’adozione di provvedimenti in merito da parte dell’Autorità;

a) dichiara il reclamo fondato con riguardo alla richiesta di rimozione degli ulteriori URL indicati nell’atto di reclamo e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di disporne la rimozione quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

b) ai sensi dell’art. 17 del regolamento del Garante n. 1/2019, dispone l’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, delle misure adottate nei confronti di Google LLC in conformità all’art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo, senza tuttavia attribuire a tale annotazione – per le ragioni di cui in premessa – valore di precedente in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, ai fini previsti dall’art. 83, par. 2), lett. c), del Regolamento.

Ai sensi dell'art. 157 del Codice, si invita Google LLC a comunicare, entro trenta giorni dalla data di ricezione del presente provvedimento, quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione a quanto ivi prescritto. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta di cui sopra è punito con la sanzione amministrativa di cui all'art. 166 del Codice.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 25 novembre 2021

IL VICEPRESIDENTE
Cerrina Feroni

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei