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Provvedimento del 25 novembre 2021 [9733159]

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[doc. web n. 9733159]

Provvedimento del 25 novembre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 418 del 25 novembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti ed il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante, ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 12 maggio 2020, con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Di Pietro, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione, dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nominativo, di un URL rinviante ad un articolo del “Corriere del Giorno” del XX dal titolo “XX” contenente il riferimento ad una vicenda giudiziaria che lo ha visto coinvolto, avente ad oggetto fenomeni corruttivi nell’ambito della Giustizia Tributaria;

CONSIDERATO che il reclamante ha rappresentato di aver avuto un ruolo marginale nella vicenda e di aver a suo tempo scelto di «accettare le contestazioni, senza difendersi, pur di mettere la parola fine a quella esperienza per lui drammatica», optando per una sentenza di “applicazione della pena su richiesta della parte” ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (c.d. patteggiamento), passata in giudicato in data 20 luglio 2017;

CONSIDERATO che l'interessato, ha rappresentato:

- di aver formulato preventivamente a Google LLC, in data 13 marzo 2019, una richiesta di deindicizzazione riguardante una pluralità di link rinvianti ad articoli relativi alla vicenda giudiziaria citata, tra cui quello sopraindicato, e di aver ricevuto una risposta da Google in data 21 marzo 2019 con la quale veniva comunicato il rigetto per la quasi totalità dei link;

- di aver provveduto a richiedere la deindicizzazione degli articoli direttamente agli editori e di aver ottenuto tale misura da parte di tutti i titolari interpellati, permanendo, alla data del 14 febbraio 2020, solo l’articolo del “Corriere del Giorno” soprarichiamato, al cui editore sono state avanzate richieste di deindicizzazione rimaste senza successo;

- che la mera deindicizzazione richiesta a Google LLC «non avrebbe alcun impatto negativo su contrapposto diritto alla libertà di stampa (già pienamente esercitato illo tempore), perché consentirebbe di salvaguardare comunque le comprensibili esigenze di archivio e documentazione giornalistica» e il diniego opposto dalla Società si palesa ingiustificato alla luce degli artt. 17 e 21 del Regolamento, trattandosi di un articolo relativo a «fatti storicamente avvenuti nel 2012, ormai quasi otto anni, e quindi ormai privi di un apprezzabile e attuale interesse pubblico» − la cui sussistenza deve essere provata dal gestore del motore di ricerca – e riguarda peraltro una persona non avente rilievo pubblico;

- che il diritto all’oblio trova fondamento anche nell’art.27, comma 3, Cost., il quale affida alla sanzione penale la funzione di “rieducazione del condannato”, nell’ottica di un suo reinserimento sociale;

VISTA la nota del 20 novembre 2020 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto di reclamo e di comunicare la propria eventuale intenzione di aderire alle richieste del reclamante;

VISTA la nota del 10 dicembre  2020 con la quale Google LLC ha comunicato di non poter aderire alla richiesta di rimozione ritenendo che l’URL in questione rimandi ad una notizia la cui reperibilità risponde ad un interesse generale in quanto:

di recente pubblicazione (2016) e riguardante gravi fatti di rilevanza penale (l’accusa al commercialista di aver preso parte ad una “associazione a delinquere finalizzata alla concussione e corruzione anche in atti giudiziari”) dei quali l’interessato, come affermato nel reclamo, ha deciso di accettarne la contestazione;

pubblicata da una testata giornalistica; circostanza rilevante ai fini della conferma del sussistente interesse pubblico alla notizia, secondo quanto indicato nelle Linee Guida del WP29 (p.19);

afferente al ruolo ricoperto dal reclamante nella vita pubblica, in qualità di commercialista, e riguardante la contestazione di condotte che sarebbero state poste in essere dall’interessato proprio nell’esercizio dell’attività svolta e che potrebbero tuttora avere rilievo con riguardo alla sua professione (in linea con quanto previsto dalle Linee Guida WP29, pag. 13, e da diversi provvedimenti del Garante);

VISTA la nota del 23 dicembre 2020 con cui il reclamante ha replicato alle osservazioni del titolare ribadendo la sussistenza dei presupposti per vedere riconosciuto il diritto all’oblio, precisando che:

con riferimento al profilo eccepito da Google LLC riguardo al rilievo pubblico dell’interessato, quest’ultimo «ebbe a cancellarsi spontaneamente dall’Albo dei dottori Commercialisti in data 22 giugno 2015» (circostanza documentata con la copia di una comunicazione del Consiglio dell’Ordine del 3 luglio 2015), quindi prima delle contestazioni di natura penale e della pubblicazione dell’articolo giornalistico, ciò che destituirebbe di fondamento l’ipotesi formulata dalla Società in merito alla permanente rilevanza dei fatti con riguardo alla professione del reclamante;

la qualifica di homo publicus, che giustificherebbe un possibile interesse alla reperibilità della notizia anche in assenza della sua attualità, andrebbe piuttosto riferito ai magistrati della Giustizia Tributaria, pure coinvolti nella vicenda giudiziaria;

di fatto, dopo le pubblicazioni del 2016, gli organi di stampa hanno smesso di occuparsi totalmente di questa vicenda processuale, come si evince da una ricerca effettuata anche attraverso i dati degli altri soggetti coinvolti nei fatti giudiziari, circostanza che evidenzia la mancanza di un interesse pubblico attuale alla reperibilità dell’URL in questione tra i risultati del motore di ricerca in associazione al nome e cognome del reclamante;

l’informazione resa attraverso l’URL predetto, infine, contravviene al principio sancito dalla Corte di Cassazione (n.5525/2012) in base al quale – nel contesto di Internet − una notizia non aggiornata diventa una notizia inattuale e tale è l’informazione che residua riguardo all’interessato, la cui posizione si è definita nel 2017 ed è certificata dall’assenza di carichi penali pendenti (come da documento allegato del 17 dicembre 2020);

VISTA la successiva comunicazione del 31 maggio 2021 con la quale il reclamante ha fornito copia della sentenza di “applicazione della pena su richiesta delle parti” ai sensi dell’art. 444 c.p.p. emessa nei suoi confronti e divenuta irrevocabile in data 20 luglio 2017;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall'art. 3, par. 1;

il trattamento di dati personali connesso all'utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell'art. 55, par. 1, del Regolamento, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione dell’URL indicato nell'atto introduttivo avanzata nei confronti di Google LLC, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per il riconoscimento del diritto all’oblio ai sensi degli artt. 17, par. 1, lett. c). e 21, par. 1, del Regolamento, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

VISTI gli artt. 17 e 21, par. 1, del Regolamento;

RILEVATO che:

la vicenda giudiziaria descritta nell’articolo reperibile tramite l’URL indicato nel reclamo riguarda un procedimento penale conclusosi nel 2017 - e quindi in epoca relativamente recente – a seguito dell’ “applicazione della pena su richiesta della parte”, ai sensi dell’art. 444 c.p.p., con conseguente condanna dell’interessato ad una pena di 3 anni di reclusione (e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici), non corredata dai benefici (“non menzione nel casellario giudiziale” e estinzione del reato decorsi i 5 anni dalla sentenza) previsti per pene inferiori a due anni (art. 445 c.p.p.), i quali possono invece avere un rilievo ai fini dell’accoglimento della richiesta di deindicizzazione (come avvenuto per altri casi esaminati dal Garante);

l’URL rinvia a un contenuto di natura giornalistica relativamente a fatti che hanno avuto vasta eco (come si evince dai numerosi articoli tutt’oggi reperibili in rete), il cui interesse pubblico deve ritenersi tuttora sussistente, tenuto conto che riguarda condotte di particolare gravità ascritte (anche) al reclamante (“corruzione in atti giudiziari”), poste in essere in correlazione con la propria attività professionale; rilievo che non viene meno per il fatto che egli si sia cancellato «spontaneamente dall’Albo dei dottori commercialisti in data 22 giugno 2015, ... prima di ricevere le contestazioni di natura penale e ben prima della pubblicazione dell’articolo giornalistico», essendosi peraltro limitato a migrare in un “Elenco speciale” istituito per i casi di incompatibilità tra l’esercizio della professione e altri incarichi assunti (come si desume dalla documentazione fornita dal reclamante stesso nel corso del procedimento);

RITENUTO pertanto di dover dichiarare il reclamo infondato;

RILEVATO che resta comunque impregiudicato il diritto dell´interessato di chiedere l´integrazione dei dati che lo riguardano, alla luce della definizione della propria posizione processuale nei termini illustrati nel reclamo, rivolgendo apposita e documentata istanza all’editore, ai sensi dell´art. 16 del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Agostino Ghiglia;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1 lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato per le ragioni di cui in premessa.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 25 novembre 2021

IL VICEPRESIDENTE
Cerrina Feroni

IL RELATORE
Ghiglia

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei