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Un social sotto scacco - Intervento di Guido Scorza - MF

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Un social sotto scacco
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(MilanoFinanza, 9 aprile 2022)

Elon Musk, l'uomo più ricco del mondo, ha comprato 2,5 miliardi di euro in azioni di Twitter, divenendone uno dei maggiori azionisti e garantendosi un posto nel CdA del gruppo, E questo è accaduto dopo che lo stosso Musk aveva a più riprese contestato a Twitter di non rispettare abbastanza la libertà di parola dei suoi utenti e lasciato filtrare l'intenzione di creare un nuovo social. Poi, all'improvviso, l'inversione a U e la decisione di provare a cambiare Twitter dall'interno.

Non c'è niente di strano che uno dei signori della Silicon Valley investa in uno dei giganti della Silicon Valley, Però la decisione di Musk di investire in Twitter suggerisce qualche riflessione sull'intreccio tra finanza, media e libertà di parola online. Giornali, radio e televisioni rappresentano da sempre in tutto il mondo, Italia inclusa, oggetto del desiderio di tycoon della finanza e dell'economia, e da sempre questi ultimi, dopo averne conquistato il controllo in borsa, li utilizzano per condizionare, in un modo o l'altro, l'opinione pubblica.

Ma non si può negare che nel caso di social network globali il fenomeno meriti un'attenzione superiore, perché controllare finanziariamente uno di questi giganti vuoi dire essere nella posizione di plasmare, più o meno a proprio piacimento, l'opinione pubblica globale, portandola atrovare giusto o sbagliato o il contrario di tutto con effetti infiniti sulle cose dei mercati, della politica, della cultura e della società. Bisogna riconoscere che sedere alla cloche di uno di questi giganti permette di decidere quali contenuti lasciar circolare di più, o addirittura promuovere, quali far circolare di meno e quali non far circolare affatto, O anche a chi lasciare il diritto di parlare a centinaia di milioni di persone, miliardi talvolta, e chi privare di questo diritto.

L'ostracismo digitale a suo tempo disposto, dopo i fatti di Capitol Hill, nei confronti dell'allora presidente Usa in carica, Donald Trump, tra gli altri proprio da Twitter, è lì a ricordarcelo. Musk non ha mai fatto mistero di non aver condiviso quella decisione e ha sempre dichiarato di ritenere che i social network dovrebbero riconoscere agli utenti molta più libertà di parola. Ma il punto non è questo e non può essere questo. La libertà di parola nella dimensione digitale globale non può essere o, almeno, non dovrebbe poter essere alla mercé del mercato azionario e di chi, di volta in volta, si ritrova proprietario di più o meno azioni di questo o quell'amplificatore digitafe di pensieri, opinioni e parole. Difficile accettare l'idea di dover tirare un sospiro di sollievo al pensiero che sia stato Musk, sin qui paladino della libertà di parola online, a essere diventato un azionista di maggioranza di Twitter e non un altro qualsiasi signore della finanza globale con meno rispetto - almeno dichiarato - per la stessa libertà. Il diritto di ciascuno di pensare, dire e scrivere ciò che si ritiene senza divieti nè condizionamenti che non siano indispensabili per difendere i diritti e le libertà di qualcun altro e, comunque, nei soli limiti previsti dallalegge, è troppo importante per esserelasciato alla mercé dei mercati azionari.

Le nostre democrazie, la nostra società, la nostra cultura, il nostro modo di pensare. la nostra libertà di scelta negli ambiti più diversi, dai mercati alla politica, vanno sottratte alla liquidità e volatilità dei mercati finanziari e di chi, di volta in volta, li controlla. Anche perché Twitter & C., ormai, sanno troppo su di noi e sono in grado di usare quello che sanno per indurre ciascuno a dire, fare e pensare più o meno quello che chi di volta in volta li controlla, ha interesse a che noi si dica, si faccia o si pensi. Big data, algoritmi e intelligenza artificiale sono destinati ad amplificare a dismisura questo scenario. Che la soluzione sia scongiurare il rischio che una manciata di persone o società abbiano il controllo di uno qualsiasi dei mezzi di condizionamento di massa dell'opinione pubblica o, invece, limitare il potere di questi giganti dell'informazione di decidere chi ostracizzare dall'agorà digitale e chi lasciarvi parlare, il problema va affrontato senza ulteriori indugi. Davanti al sistema mediatico tradizionale, ci siamo sempre preoccupati di evitare - non sempre con successo - il formarsi di concentrazioni incompatibili con il pluralismo dell'informazione e abbiamo sempre difeso il principio secondo il quale tocca solo ai giudici e alle autorità, peraltro in casi eccezionali, il potere di decidere di privare qualcuno del diritto di parola o di ordinare la rimozione di un contenuto, Non c'è ragione perché analoghe preoccupazioni non debbano guidarci nel governo dell'ecosistema mediático digitale attualmente condizionato da oligopoli informativi davanti ai quali i più grandi imperi mediatici di ieri impallidiscono.