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Il 76% dei consumatori non comprerebbe da un’azienda di cui non si fida riguardo al rispetto della privacy - Intervento di Guido Scorza

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Il 76% dei consumatori non comprerebbe da un’azienda di cui non si fida riguardo al rispetto della privacy
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(Federprivacy, 18 ottobre 2022)

Il 76% dei consumatori non comprerebbe prodotti o servizi da un’azienda che non ispirasse fiducia circa il rispetto della loro privacy e l’81% si dice convinto che il modo in cui un’azienda è trasparente in relazione al trattamento dei dati personali è sintomatico del rispetto che ha per i consumatori. Sono alcuni dei risultati della quarta edizione della CISCO customer privacy survey appena pubblicati.

E sono risultati che per quanto difficili da conciliare con l’osservazione empirica di un universo nel quale utenti e consumatori, specie nella dimensione digitale, sembrano davvero poco preoccupati della loro privacy, lasciano intravedere un timido lumicino in fondo al tunnel perché raccontano di un mercato che, prima o poi, premierà chi rispetterà di più la privacy di utenti e consumatori e punirà chi, al contrario, la rispetterà di meno.

La survey, infatti, suggerisce che utenti e consumatori esigano dai loro interlocutori commerciali più rispetto per la loro privacy di quanto accaduto sin qui. Si tratta, forse, dell’unica reale speranza di affermazione di un diritto tanto centrale nella nostra società quanto dimenticato, bistrattato e offeso: se i consumatori iniziano a chiedere più rispetto per la loro privacy, ai fornitori di prodotti e servizi non resterà altra alternativa che accontentarli e, a quel punto, il piano potrebbe inclinarsi e le regole, sin qui troppo spesso tradite, ignorate e violate cominceranno a essere rispettate non tanto per paura delle sanzioni ma, invece, per paura di perdere utenti e clienti.

In fondo si tratta di un processo analogo, con i distinguo del caso, a quello registratosi in relazione all’ecologia, al green, alla sostenibilità ambientale. Fino a quando si è trattato semplicemente di rispettare le leggi e sottrarsi al rischio di sanzioni le aziende hanno cambiato poco o nulla nei loro cicli produttivi e nel loro business ma quando il rischio ha cominciato a diventare reputazionale e commerciale perché il rispetto dell’ambiente è diventato uno dei driver capaci di orientare le scelte di consumo, la musica, sebbene timidamente, ha iniziato a cambiare.

Certo c’è ancora tanta strada da fare. Il 43% dei consumatori dichiara di non essere capace di proteggere effettivamente la propria privacy per ragioni diverse tra le quali, senza alcuna sorpresa, spicca l’assoluta mancanza di consapevolezza circa i trattamenti dei propri dati personali svolti da una pletora di soggetti diversi. È così per il 79%. Ma è ancora più difficile da accettare che la metà degli utenti e consumatori che si dichiarano incapaci di proteggere i propri dati personali, imputano tale circostanza al fatto di essere “sotto ricatto”: se vogliamo usare un servizio siamo costretti a cedere i nostri dati personali, rivelano.

Eppure la voglia di capire e proteggersi non manca. Il 26% degli utenti e consumatori italiani esercitano il diritto di accesso loro riconosciuto dalla disciplina europea della materia per sapere chi tratta i loro dati, come e perché. Un dato che pone il nostro Paese sopra la media globale che è del 24%. In testa i Paesi nei quali, evidentemente, cittadini e consumatori sentono la loro privacy più minacciata: India (59%), Brasile (34%), Cina e Messico (30%).

E per la più parte dei consumatori è assolutamente chiaro che per sperare di veder tutelata più efficacemente la loro privacy bisogna leggere per davvero le informative sulla privacy (58%) e non rinunciare a gestire i cookie online attraverso i quali inizia la più parte delle attività di tracciamento (53%). Il 51% di utenti e consumatori si aspetterebbe che a difendere la loro privacy siano le Istituzioni nazionali e locali. Il 21% che lo facessero le singole società mentre il 19% ritiene che la difesa debba essere dei singoli e il 9% delle associazioni.

È uno spaccato interessante sul quale bisogna lavorare per fare in modo che, davvero, nell’universo dei dati si attivi una dinamica analoga a quella attivatasi nell’universo dell’ambiente, dell’ecologia e della sostenibilità ambientale, un universo nel quale la battaglia è lontana dal poter essere considerata vinta ma la strada che si sta percorrendo è quella giusta.

Scheda

Doc-Web
9816334
Data
18/10/22

Tipologie

Interviste e interventi