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Un governo sostenibile della Rete serve per difendere la democrazia - Intervista a Pasquale Stanzione

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Un governo sostenibile della Rete serve per difendere la democrazia
Intervista a Pasquale Stanzione, Presidente del Garante per la protezione dei dati personali
(di Massimiliano Cannata, Il Mattino, 18 dicembre 2022)

La sicurezza nel Cyber Spazio è destinata a intrecciarsi con gli scenari evolutivi della scienza giuridica, impegnata nella ricerca di unefficace governo del fattore tecnologico, in una società che oggi vive la rete in una dimensione omeopatica". Pasquale Stanzione, presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali, affronta il delicato rapporto tra diritto, tecnologia e Privacy.

Presidente, l'ultimo rapporto sull'Internet Society ha denunciato lo strapotere dei giganti del web. Lei ha curato una ricerca sui "Poteri privati delle piattaforme e le nuove frontiere della privacy (ed. Giappichelli)". Questa nuova forma di capitalismo può mettere a rischio la democrazia?

"Il controllo della rete garantisce oggi alle piattaforme un potere di condizionamento che nessun mezzo di comunicazione di massa poteva avere prima, un potere che si risolve nella capacità di orientare l'opinione pubblica agendo con la formidabile leva della profilazione, capace di proporre in modo capillare e personalizzato non solo pubblicità ma persino informazioni mirate e, cosa assai grave, persuasive. Questa capacità di condizionamento può avere effetti determinanti non solo sulle scelte individuali ma anche su quelle più determinanti per la democrazia, come quelle politico-elettorali".

Quali sono le conseguenze?

"Il caso di Cambridge Analytica ha fatto vedere come, utilizzando lo strumento del microtargeting si possa modellare il messaggio politico da promuovere, orientando il consenso elettorale verso il risultato voluto. Si eludono così le garanzie previste per il pluralismo informativo e politico, come pure per l'autodeterminazione individuale, con il rischio di una manipolazione del consenso, tale da alterare in radice i più rilevanti processi democratici".

Il diritto che armi possiede per difendere le libertà dell'individuo costituzionalmente garantite?

"Bisogna mettere in atto un'azione di sistema per regimentare, con criteri di equità, l'impetuosa diffusione delle tecnologie digitali. La prospettiva che ispira, per esempio, il Digital Services Act, che impone una responsabilizzazione delle piattaforme, prescrivendo degli obblighi di trasparenza verso gli utenti è la strada giusta da percorrere, se vogliamo attuare un governo sostenibile della rete".

"La via europea al digitale" a che punto è arrivata?

"L'Europa sta progressivamente affermando, attraverso le discipline normative messe in campo, una propria egemonia "culturale" volta a promuovere un governo antropocentricoe democraticamente sostenibile dell'innovazione. Dal Gdpr (Regolamento della Privacy, ndr), passando per il Data Governance Act, I'Artificial Intelligence Act e il Digital Services (e Markets) Act, che prima ricordavo, il Vecchio continente ha investito sul governo del digitale quale tema centrale dell'agenda politica. Gli effetti di questo mutato atteggiamento si vedranno molto presto".

La protezione dei dati ha delle ricadute sugli equilibri geopolitici, come dimostra il conflitto in Ucraina. Ritiene che Cina, Stati Uniti, Europa stiano combattendo una guerra per la"sovranità digitale"?

"Della sovranità digitale si può dare una duplice lettura. Una prima minimalista e pragmatica, che enfatizza l'indipendenza nazionale nella fornitura, gestione, fino agli stessi assetti proprietari delle infrastrutture tecnologiche. Questa problematica è emersa quando ci si è trovati di fronte ai casi di acquisizione, da parte di aziende straniere, del controllo societario di determinati asset strategici. Una soluzione si può trovare se si tiene a mente che l'assetto delle tecnologie non può prescindere dall'esigenza di una governance non solo nazionale, ma direi pubblica delle infrastrutture critiche che hanno oggi un'anima digitale".

La seconda lettura cui faceva riferimento?

"Guarda ai valori e quindi al governo della tecnica nel rispetto di una gerarchia conforme all'identità e alle tradizione costituzionali. L'Ue ha saputo dare una risposta proprio sul terreno del governo antropocentrico della tecnica, riaffermando la propria identità come ordinamento fondato su alcuni, irrinunciabili principi giuridici e valori".

Nella sua Relazione annuale ha messo in guardia gli utenti parlando del processo di "datificazione della vita individuale e collettiva". Dobbiamo concludere che l'innovazione deve spaventarci?

"No di certo. Piuttosto dobbiamo riflettere sul fatto che esiste una vulnerabilità che caratterizza ciascuno di noi nel rapporto con la tecnica e che è imputabile al rischio di esserne dominati, anziché di dominarla, per effetto di meccanismi che non comprendiamo fino in fondo o della facilità con cui cediamo frammenti di noi (e quindi anche della nostra libertà) in cambio di servizi on line o poco più. Dobbiamo superare questo rischio con quella che i greci definivano paideia: che vuoi dire formazione complessiva di tutti, nativi digitali o meno, singoli ed enti, soggetti privati e pubblici, tale da fornire a ciascuno le coordinate essenziali per orientarsi consapevolmente in una dimensione, quale quella virtuale, che ormai ci assorbe sempre più".