g-docweb-display Portlet

Parere su una istanza di acceso civico - 9 maggio 2018 [9099910]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9099910]

Parere su una istanza di acceso civico - 9 maggio 2018

Registro dei provvedimenti
n. 278 del 9 maggio 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

Nella riunione odierna, in presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

Visto l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

Visto l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

Vista la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

Visto il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

Vista la documentazione in atti;

Viste le osservazioni dell’Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore la dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici;

PREMESSO

Con le note in atti il Responsabile della prevenzione della corruzione e il Responsabile della trasparenza dell’Università degli Studi di Teramo hanno chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, nell’ambito del procedimento relativo a una richiesta di riesame sul provvedimento di diniego di un accesso civico.

Nello specifico, oggetto dell’accesso civico risulta essere «l’attestazione del conseguimento della laurea in Giurisprudenza con indicazione della data della seduta pubblica di laurea sostenuta dall’allora studentessa [identificata in atti]», facendo presente che «la laurea in qualsiasi Università italiana è conseguita in seduta pubblica».

L’Università ha riscontrato la predetta richiesta di accesso civico, rappresentando che «il dato richiesto non rientr[a] tra i documenti pubblici per i quali è previsto l’accesso civico generalizzato. Tale istituto è stato infatti creato principalmente allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dal co. 2 lett. c) dell’articolo 5-bis del D. Lgs 33/2013». L’amministrazione ha, al riguardo, precisato che «l’intera carriera dello studente è tutelata dal D. lgs. 196/2003 e dai relativi regolamenti […]».

Nella richiesta di riesame il soggetto istante si è opposto al predetto diniego richiedendo nello specifico la «copia o attestazione del diploma di laurea in Giurisprudenza a nome [del soggetto identificato in atti], ove conseguito, rammentandosi che [il predetto soggetto] non è più, laddove abbia conseguito la laurea, nello status di studente».

OSSERVA

1. Introduzione

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede che l’accesso civico è istituto preordinato a «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» e che, in tale contesto, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

La medesima normativa sancisce che l’accesso civico è “rifiutato”, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a)) e che va comunque “escluso”, oltre che nei casi di segreto di Stato, e nei casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, anche nei «casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all'articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990».

Si ricorda, in proposito, che per «dato personale» si intende «qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale» (art. 4, comma 1, lett. b), del Codice).

In tale quadro, sotto il profilo procedurale, occorre evidenziare che l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso civico è tenuta a coinvolgere i controinteressati, individuati ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2 (art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013).

Il Garante deve essere sentito dal Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza nel caso di riesame a esso presentato, laddove l’accesso sia stato negato o differito per motivi attinenti alla tutela della «protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (artt. 5, comma 7; 5-bis, comma 2, lett. a)).

2. Il caso sottoposto al Garante

Dagli atti dell’istruttoria è emerso che è stata presentata a un’Università una richiesta di accesso civico, avente a oggetto l’attestazione del conseguimento della laurea in Giurisprudenza con indicazione della data della seduta pubblica o in alternativa della copia del diploma di laurea.

Sotto il profilo procedurale, dall’istruttoria è emerso che – contrariamente a quanto sancito dalla disciplina di settore – solo dopo il provvedimento di diniego della p.a. e la richiesta di riesame, contemporaneamente alla richiesta di parere al Garante, il responsabile della trasparenza dell’Università abbia inviato la comunicazione della richiesta di accesso civico al soggetto controinteressato, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del d. lgs. n. 33/2013, il cui eventuale riscontro non è pertanto acquisibile agli atti dell’Ufficio.

Nello specifico caso esaminato, deve peraltro essere evidenziato che questa Autorità, con il provvedimento contenuto nel parere n. 18 del 18/1/2018 (in www.gpdp.it, doc. web n. 7688820), si è già espresso nei confronti di un altro accesso civico presentato dal medesimo soggetto istante su dati e documenti, fra cui proprio il certificato di laurea, riferiti allo stesso soggetto interessato, presentato a una diversa amministrazione. Già in quell’occasione il Garante ha ritenuto corretto il provvedimento di diniego dell’accesso civico e il link al relativo parere pubblicato online risulta, peraltro, comunicato al soggetto istante, su sua richiesta, in data 16/2/2018.

Ciò nonostante, rispetto a quanto già evidenziato in passato, si valuta opportuno fornire le seguenti osservazioni, atteso il carattere rilevante della questione.

3. Sul rilascio di certificati da parte delle Università

In linea generale, il rilascio di certificati da parte delle Università – come quello relativo al conseguimento della laurea – è disciplinato dalla specifica normativa di settore, contenuta nel d.P.R. n. 445 del 28/12/2000.

Al riguardo, si fa presente che agli uffici pubblici è vietato rilasciare, persino al soggetto interessato, certificati da esibire ad altre pubbliche amministrazioni e ai gestori di pubblici servizi (art. 40 del d.P.R. n. 445/2000) e che le certificazioni rilasciate dalla pubblica amministrazione in ordine a stati, qualità personali e fatti sono valide ed utilizzabili solo nei rapporti tra privati.

Per il rilascio di ciascun certificato è previsto, in ogni caso, il pagamento dell’imposta di bollo e dei diritti di segreteria ai sensi del d.P.R. 26/10/1972, n. 642, a esclusione degli usi ivi indicati.

Nei rapporti con gli organi della pubblica amministrazione e i gestori di pubblici servizi, i certificati e gli atti di notorietà sono sempre sostituiti dalle dichiarazioni sostitutive. Le amministrazioni pubbliche e i gestori di pubblici servizi «sono tenuti ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive di cui agli articoli 46 e 47, nonché tutti i dati e i documenti che siano in possesso delle pubbliche amministrazioni, previa indicazione, da parte dell’interessato, degli elementi indispensabili per il reperimento delle informazioni o dei dati richiesti, ovvero ad accettare la dichiarazione sostitutiva prodotta dall’interessato» (art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 445/2000).

Il rilascio del certificato di laurea pertanto è sottoposto a specifiche regole che non possono essere superate tramite la disciplina sull’accesso civico, né se a richiedere il medesimo certificato sia il soggetto interessato, né tantomeno se sia un soggetto terzo estraneo.

La citata disciplina di settore contenuta nel d.P.R. n. 445/2000 non è quindi derogabile dalle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 33/2013, che peraltro prevedono espressamente che l’accesso civico debba essere «escluso» nei casi in cui «l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti […]».

Nel caso sottoposto all’esame del Garante, inoltre, risulta che il curriculum del soggetto controinteressato sia pubblicato sul sito web dell’amministrazione di appartenenza, con indicazione del titolo di studio universitario conseguito. In tale contesto e ai sensi della normativa richiamata, la p.a. – e non un terzo privato – è tenuta ad acquisire d’ufficio le informazioni oggetto delle dichiarazioni sostitutive presentate, per verificare la veridicità dei titoli dichiarati (art. 43, comma 1, del d.P.R. n. 445/2000).

4. Sull’esclusione dell’accesso civico a documenti relativi al corso di studio degli studenti

Con particolare riferimento all’accessibilità dei documenti relativi agli studenti, si fa, inoltre, presente che il Regolamento dell’Università degli Studi di Teramo «di attuazione della legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m. recante norme in materia di procedimento amministrativo e diritto di accesso ai documenti amministrativi» (D.R. n. 223 del 16/4/2015) prevede espressamente che sono sottratti all’accesso ai sensi dell’art. 24 della legge n. 241 del 7/8/1990 i «documenti relativi al curriculum studiorum e alla vita privata di studenti, dottorandi, borsisti, allievi di corsi di formazione professionale o altri soggetti che comunque svolgano attività di studio presso l’Ateneo; al fine di favorire l’eventuale accesso al mondo del lavoro di tali categorie di studenti è consentito fornire notizie sul curriculum studiorum e sui dati anagrafici degli studenti a coloro che presentino formale richiesta scritta, a condizione che questi dichiarino che le informazioni sono finalizzate all’eventuale inserimento degli studenti stessi in strutture lavorative proprie o da essi rappresentate. È vietato fornire le informazioni sopra indicate qualora non sia stato acquisito previamente il consenso degli interessati, che può anche essere richiesto invia generale, in sede di immatricolazione ai corsi di studio o durante il percorso formativo, con le modalità previste dalle norme vigenti sulla protezione dei dati» (art. 24, comma 1, lett. p).

In conformità con i precedenti orientamenti del Garante (Parere n. 459 del 9/11/2017, in www.gpdp.it, doc. web n. 7156608; Parere n. 434 del 26/10/2017, doc. web n. 7156279), l’esclusione dei predetti documenti dall’accesso documentale ai sensi della l. n. 241/1990, comporta l’esclusione su di essi anche dell’accesso civico (cfr. TAR Lazio, sez. 1, 3/7/2017 n. 7592; vd. anche TAR Veneto 10/5/2017 n. 463. Sul punto vd. anche Consiglio di Stato, sez. IV, 13/7/2017 n. 3461 che, con riferimento all’accesso civico disciplinato dall’art. 5, commi 1 e 2 del d. lgs. n. 33/2013, ha precisato che «Come la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, sez. VI, 20 novembre 2013 n. 5515), l’accesso civico disciplina situazioni non ampliative, né sovrapponibili a quelle che consentono l’accesso ai documenti amministrativi, ai sensi degli artt. 22 ss. l. n. 241/1990». Cfr. anche TAR Veneto n. 463/2017, cit., laddove si afferma che «In sostanza, l’accesso civico non può essere utilizzato per superare, in particolare in materia di interessi personali e dei principi della riservatezza, i limiti imposti dalla legge 241 del 1990»).

5. Conclusioni

Alla luce di tutto quanto considerato, si ritiene che – in conformità con il citato orientamento del Garante del 18/1/2018 – ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, l’Università, seppur con una sintetica motivazione, abbia correttamente respinto l’accesso civico alla documentazione richiesta.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e del Responsabile della trasparenza dell’Università degli Studi di Teramo, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 9 maggio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Bianchi Clerici

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia