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Provvedimento del 4 dicembre 2019 [9232581]

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[doc. web n. 9232581]

Provvedimento del 4 dicembre 2019

Registro dei provvedimenti
n. 217 del 4 dicembre 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo, presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento e regolarizzato in data 15 luglio 2019, con il quale XX, rappresentato e difeso dall’avv. XX, ha chiesto di ordinare a Google LLC la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al suo nominativo di un URL rinviante ad un articolo giornalistico pubblicato in un quotidiano locale e riguardante un procedimento giudiziario nel quale lo stesso è stato coinvolto;

CONSIDERATO che l’interessato ha:

rappresentato che tale procedimento giudiziario si è concluso con la sua condanna in primo grado, parzialmente “riformata in appello [con condanna] alla pena di mesi dieci di reclusione” e con pronuncia divenuta definitiva nell’aprile del 2018;

lamentato il pregiudizio alla propria reputazione personale e professionale derivante dalla perdurante reperibilità in rete di informazioni risalenti relative a fatti avvenuti circa nove anni fa, facendo presente di aver intrapreso “un serio percorso di revisione personale” anche attraverso l’avvio di una piccola attività che, tuttavia, risentirebbe del discredito derivante dalla presenza in rete dell’articolo indicato nell’atto di reclamo;

VISTA la nota del 16 settembre 2019 con la quale l’Autorità ha chiesto al titolare del trattamento di fornire le proprie osservazioni in ordine a quanto rappresentato nell’atto introduttivo del procedimento;

VISTA la nota del 7 ottobre 2019 con la quale Google LLC ha comunicato di non poter aderire alle richieste dell’interessato ritenendo sussistente l’interesse del pubblico alla conoscibilità della vicenda in quanto:

il medesimo è stato sottoposto a processo penale a conclusione del quale è stato condannato in primo grado per aver “raggirato XX, inducendola a sostenere quasi 40 mila Euro di spese per permettergli di avviare un’attività commerciale nel settore della telefonia (…), dichiarando peraltro falsamente di svolgere la professione di infermiere e di poterla aiutare XX”;

la natura giornalistica dell’articolo costituirebbe un elemento da tenere in considerazione al fine di escludere i presupposti per invocare il diritto all’oblio;

l’episodio narrato nell’articolo è stato oggetto di un recentissimo accertamento nell’ambito del giudizio di secondo grado svoltosi presso la competente corte di appello che, nell’aprile del 2017, ha confermato la condanna già pronunciata dal giudice di primo grado con riguardo al reato di truffa;

dal contenuto dell’articolo sembrerebbe che il reclamante sia stato chiamato “a rispondere di truffa per almeno sette casi del genere ai danni di XX” e tale circostanza troverebbe dimostrazione “nel testo delle sentenze di condanna, prodotte dal [medesimo] nelle quali si legge di molteplici testimonianze che confermano la reiterazione della condotta contestata”;

VISTA la nota del 20 novembre 2019 con la quale l’interessato ha ribadito la richiesta di rimozione dell’URL indicato, eccependo di non essere mai stato condannato “per altri casi di truffa (…) [e di] non svolge[re] alcun ruolo pubblico o politico” e rilevando come sia ormai decorso un lasso di tempo sufficiente a far ritenere esaurito l’interesse pubblico sotteso al diritto di cronaca giornalistica esercitato mediante la pubblicazione dell’articolo “avvenuta nel 2012 per fatti del 2010”, anche in considerazione “della scarsa gravità dei reati [a lui] contestati”;

CONSIDERATO, preliminarmente, che:

come comunicato da Google alle Autorità di controllo europee, il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del proprio motore di ricerca da parte degli utenti risulta direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC avente sede negli Stati Uniti;

la competenza del Garante a trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente risulta pertanto fondata sull’applicazione dell’art. 55, par. 1, del Regolamento in quanto la società risulta stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014 (causa C-131/12);

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO, con riguardo all’istanza di rimozione degli URL indicati nell’atto di reclamo che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente esercitato il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 a seguito della citata sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea;

RILEVATO, alla luce di tutto quanto sopra considerato, che:

la vicenda descritta nell’articolo è stata oggetto di valutazione attraverso due diversi gradi di giudizio che si sono conclusi con l’accertamento della responsabilità dell’interessato riguardo al reato di truffa;

il giudizio di appello si è concluso nell’aprile 2017 con la conferma, in ordine a quest’ultimo reato, delle conclusioni del giudice di primo grado che, in considerazione della particolare gravità delle modalità con le quali è stata posta in essere la condotta nonché dell’esistenza di una precedente condanna per altro reato a carico dell’imputato, ha ritenuto che non vi fossero le condizioni per la concessione dei benefici di legge;

la sentenza di secondo grado è divenuta definitiva nell’aprile del 2018, ovvero in epoca molto recente, circostanza quest’ultima che, unitamente alla specificità della vicenda oggetto dell’articolo e del fatto che il reclamante, sulla base delle informazioni tratte dal registro delle imprese, risulta svolgere un’attività analoga a quella in relazione alla quale è stato commesso il reato, porta a ritenere tuttora sussistente l’interesse della collettività alla conoscibilità delle relative informazioni;

RITENUTO di dover pertanto considerare il reclamo infondato;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 4 dicembre 2019

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia