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Parere su istanza di accesso civico - 15 ottobre 2021 [9721245]

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[doc. web n. 9721245]

Parere su istanza di accesso civico -  15 ottobre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 365 del 15 ottobre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, «relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati)» (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013, recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione-ANAC, adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. serie generale n. 7 del 10/1/2017 e in http://www.anticorruzione.it/portal/public/classic/AttivitaAutorita/AttiDellAutorita/_Atto?ca=6666 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (RPCT) dell’Agenzia delle entrate presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell'organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (in www.gpdp.it, doc. web n. 1098801);

Vista la documentazione in atti;

OSSERVA

La disciplina di settore in materia di accesso civico contenuta nel d. lgs. n. 33/2013 prevede, fra l’altro, che «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2).

Per i profili di competenza di questa Autorità, la medesima normativa sancisce che l’accesso civico è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (art. 5-bis, comma 2, lett. a). Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» e si considera “identificabile” «la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD).

Nel caso in esame, la richiesta di accesso civico generalizzato inoltrata all’Agenzia delle entrate riguarda l’ostensione della copia integrale delle dichiarazioni reddituali e patrimoniali riferite a quattro anni (dal 2007 al 2010) presentate da un soggetto al tempo titolare di un incarico di assessore provinciale.

Nella richiesta di parere al Garante il RPCT dell’Agenzia delle entrate ha evidenziato di non essere «in possesso delle dichiarazioni patrimoniali e reddituali prodotte [dal soggetto controinteressato allora assessore] alla Provincia […] per gli anni dal 2007 al 2010 previste dalla Legge n. 441/1982», ma di detenere invece «le sole dichiarazioni reddituali presentate dal medesimo soggetto all’amministrazione finanziaria».

Sul punto, pertanto, si conviene con quanto rappresentato dal medesimo RPCT che non è possibile accogliere l’istanza con riferimento alle dichiarazioni patrimoniali, in quanto oggetto della richiesta di accesso civico generalizzato possono essere solo informazioni, dati e documenti «detenuti dalle pubbliche amministrazioni» (cfr. art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

Quanto alla richiesta di accesso alle dichiarazioni dei redditi detenute dall’Agenzia delle entrate nel periodo considerato (anni 2007-2010) presentate dal contribuente all’amministrazione finanziaria – che nel caso di specie all’epoca rivestiva un incarico di indirizzo politico – si osserva quanto segue.

Nel provvedimento di diniego dell’accesso civico l’amministrazione ha rappresentato che l’accesso civico non poteva essere accolto, in quanto «i dati e i documenti trasmessi a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7» (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013), per cui «Alla luce di tale regime di pubblicità, l’ostensione dei dati contenuti nelle dichiarazioni dei redditi – in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi – può determinare proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013». Inoltre, secondo l’amministrazione la richiesta, per come formulata, era «diretta non ad esercitare un legittimo controllo sulla regolarità dell’operato dell’Amministrazione, bensì sottende[va] ad un interesse conoscitivo di natura esclusivamente privatistica all’acquisizione di specifica documentazione inerente ad un soggetto terzo». Per tale motivo, si invitava il soggetto istante a «valutare la presentazione di un’istanza di “accesso documentale ex L. 241/1990”, corredata da idonea motivazione».

Dalla documentazione allegata dall’Agenzia delle entrate risulta che, effettivamente, il soggetto istante desidera ottenere la documentazione richiesta per un interesse meramente privato, in quanto «necessari[a] al fine di pre-istruire una controversia ereditaria, […] finalizzat[a] all’instaurazione della medesima dinnanzi al competente Tribunale».

Va anche aggiunto, tuttavia, che nella richiesta di riesame, il soggetto istante ha in ogni caso evidenziato che l’Agenzia delle entrare non avrebbe potuto rifiutare l’accesso civico, in quanto i dati di cui richiede l’ostensione sarebbero oggetto di un preciso regime di pubblicità ai sensi degli artt. 1, comma 4; 2; 3, 8, 9 e 11 della legge n. 441 del 5/7/1982; nonché delle disposizioni contenute nel d. lgs. n. 33/2013 riguardanti gli obblighi di pubblicità sui siti web istituzionali delle pp.aa. aventi a oggetto le dichiarazioni reddituali e patrimoniali dei soggetti titolari di incarichi di indirizzo politico (art. 14).

In tale quadro, si rileva che la fattispecie sottoposta all’attenzione del Garante è di natura complessa e si segnala per la circostanza che la documentazione richiesta è riferita a documenti risalenti a più di dieci anni fa (anni 2007-2010) nell’epoca in cui il soggetto controinteressato rivestiva un incarico di indirizzo politico nella veste di assessore provinciale.

Al riguardo, in relazione al regime di pubblicità delle dichiarazioni dei redditi richieste, deve essere evidenziato che – contrariamente a quanto rappresentato dal soggetto istante – non è possibile richiamare per tali documenti un obbligo di pubblicazione obbligatoria ai sensi dell’art. 14 del d. lgs. n. 33/2013, sulla base del fatto che tale decreto è entrato in vigore in epoca successiva agli anni delle dichiarazioni dei redditi richieste, che risalgono, come detto, al periodo dal 2007 al 2010 in cui il controinteressato ha rivestito la carica istituzionale.

Inoltre, in generale e come indicato dal Garante, le dichiarazioni dei redditi oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa statale in materia di trasparenza non possono comunque essere pubblicate nella loro forma integrale, ma, caso per caso, vanno oscurati determinati dati e informazioni personali «a cura dell´interessato o del soggetto tenuto alla pubblicazione qualora il primo non vi abbia provveduto», come le «informazioni eccedenti e non pertinenti rispetto alla ricostruzione della situazione patrimoniale degli interessati (quali, ad esempio, lo stato civile, il codice fiscale, la sottoscrizione, etc.), nonché […] quelle dalle quali si possano desumere indirettamente dati di tipo sensibile, come, fra l´altro, le indicazioni relative a: - familiari a carico tra i quali possono essere indicati figli disabili; - spese mediche e di assistenza per portatori di handicap o per determinate patologie; - erogazioni liberali in denaro a favore dei movimenti e partiti politici;- erogazioni liberali in denaro a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle iniziative umanitarie, religiose, o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nei paesi non appartenenti all´OCSE; - contributi associativi versati dai soci alle società di mutuo soccorso che operano esclusivamente nei settori di cui all´art. 1 della l. 15 aprile 1886, n. 3818, al fine di assicurare ai soci medesimi un sussidio nei casi di malattia, di impotenza al lavoro o di vecchiaia, oppure, in caso di decesso, un aiuto alle loro famiglie;- spese sostenute per i servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordomuti ai sensi della l. 26 maggio 1970, n. 381; - erogazioni liberali in denaro a favore delle istituzioni religiose; - scelta per la destinazione dell´otto per mille;- scelta per la destinazione del cinque per mille», ecc. (parte prima, par. 9.b, del provvedimento generale n. 243 del 15/5/2014 recante le «Linee guida in materia di trattamento di dati personali, contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati», in G.U. n. 134 del 12/6/2014 e in www.gpdp.it, doc. web n. 3134436).

A ciò si aggiunge, quanto ai tempi di pubblicazione, che le dichiarazioni non rimangono online per sempre, ma solo «per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell’incarico» (art. 14, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013).

Sull’oggetto dell’obbligo di trasparenza previsto dal citato art. 14, anche l’ANAC ha peraltro evidenziato che la dichiarazione dei redditi può non essere pubblicata in forma integrale e che «In ragione dell’estensione introdotta dal d.lgs. 97/2016 della misura di trasparenza in questione ad un elevato numero di soggetti e del conseguente impatto organizzativo che l’attuazione della stessa comporta, l’obbligo può ritenersi assolto anche con la pubblicazione del quadro riepilogativo della dichiarazione dei redditi» (cfr. par. 6 della Determinazione n. 241 dell’8/3/2017, in G.U. n. 70 del 24/3/2017 e in https://www.anticorruzione.it/documents/91439/121069/Delibera_n.241_2017.pdf/73f3aa53-3107-63d5-41eb-cc52114f224e?t=1589556139197).

Per altro verso – pur essendo vero, come evidenziato nell’istanza di riesame, che la l. n. 441/1982 prevede un certo regime di pubblicità, fra l’altro, per le dichiarazioni dei redditi dei componenti della giunta provinciale (cfr. art. 1, comma 1, n. 4; art. 2, comma 1, n. 2; art. 11), anche «secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli» – non può essere tralasciata la circostanza che si tratti di un onere che sussisteva a carico dell’ente presso cui il soggetto controinteressato ha svolto l’incarico di assessore più di dieci anni fa, negli anni 2007-2010.

Sul punto, va, altresì, ricordato che il soggetto istante ha provato a rivolgersi alla Provincia interessata, per ricevere copia dei documenti desiderati, ma il predetto ente ha riscontrato l’istanza sostenendo di non essere più in possesso dei dati richiesti a causa di «eventi sopravvenuti e imprevedibili».

La questione, quindi, riguarda la possibilità per l’Agenzia delle entrate – che detiene le dichiarazioni dei redditi in forma integrale di tutti i contribuenti, non per finalità di trasparenza, ma per l’esercizio dei propri compiti istituzionali e per le finalità legate all’accertamento fiscale – di rendere ostensibili tramite l’istituto dell’accesso civico generalizzato i documenti richiesti i cui oneri di pubblicità gravavano però più di dieci anni fa su di un’altra amministrazione, in un contesto in cui – fra l’altro – il soggetto istante ha dichiarato espressamente di agire per la tutela di un interesse privato di natura ereditaria.

Al riguardo, si ritengono condivisibili le osservazioni presentate dal RPCT dell’Agenzia delle entrate nella richiesta di parere al Garante, laddove è evidenziato che:

- «in linea generale la richiesta di accesso alle dichiarazioni dei redditi presentate dai contribuenti all’amministrazione finanziaria [dovrebbe essere] oggetto di diniego, considerato che i dati e i documenti che si ricevono a titolo di accesso civico generalizzato divengono “pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli” [per cui] si ritiene […] fondata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, con violazione del principio di riservatezza della sfera privata, considerata anche la non prevedibilità delle conseguenze derivanti dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati e delle informazioni richieste»;

- «Nel caso in questione l’ostensione di dati e informazioni personali, quali sono quelli contenuti nella dichiarazione dei redditi, connessi ad aspetti della vita privata di un cittadino, in relazione ai casi e al contesto in cui gli stessi possono essere utilizzati da terzi, può integrare proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5 bis, comma 2, lett. a) del d.lgs n. 33/2013»;

- «Pregiudizio che si determinerebbe in conseguenza della violazione dei principi di “limitazione delle finalità” e di “minimizzazione dei dati”, in base ai quali i dati personali devono essere “raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime e, successivamente, trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità”, nonché “adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati” (art. 5, par. 1, lett. b e c del Regolamento UE 2016/679)»;

- «È sulla base di tali considerazioni che è stato, dunque, effettuato il bilanciamento tra l’interesse pubblico della trasparenza e l’interesse del controinteressato»;

- «Sebbene nel caso di specie emerga la particolarità di una richiesta volta ad accedere a documenti che, per effetto di quanto disposto dalla Legge n. 441/1982, si caratterizzerebbero per un particolare regime di pubblicità, tuttavia, si ritiene che in questa sede il bilanciamento tra interesse alla conoscenza del richiedente e diritto alla riservatezza del controinteressato, debba prescindere da eventuali obblighi di pubblicazione a carico di altre amministrazioni, sui quali questa Agenzia difetta di competenza sia per quanto concerne la valutazione circa l’effettiva sussistenza del predetto obbligo, sia con riferimento alle eventuali modalità di espletamento dello stesso laddove sussistente […]»;

«Ad avviso dello scrivente va, inoltre, tenuta in debita considerazione la ragionevole aspettativa di confidenzialità dei contribuenti in relazione al trattamento dei propri dati personali da parte dell’amministrazione finanziaria».

Inquadrata la fattispecie in tal modo, anche considerando la risalenza nel tempo dei dati personali richiesti per i quali attualmente non sussiste un obbligo di pubblicità, si ritiene che non vi siano motivi per discostarsi dalle valutazioni effettuate dall’Agenzia delle entrate, che – ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico (par. 8.1.) – ha rifiutato l’accesso civico alla copia integrale delle dichiarazioni dei redditi presentate dal contribuente e detenute ai fini di accertamento fiscale.

Per completezza, si evidenzia, in ogni caso, che, come indicato anche nelle citate Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, l’accesso “generalizzato” è servente rispetto alla conoscenza di dati e documenti detenuti dalla p.a. «Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013) (cfr. par. 8.1).

Nel caso sottoposto all’attenzione del Garante, invece, risulta che le ragioni che hanno condotto alla richiesta di accesso civico riguardano una vicenda strettamente personale, legata alla necessità di tutelare uno specifico interesse dell’istante «al fine di pre-istruire una controversia ereditaria, […] finalizzat[a] all’instaurazione della medesima dinnanzi al competente Tribunale».

Per questi aspetti, quindi, rimane impregiudicata ogni valutazione dell’Agenzia delle entrate in ordine alla verifica, nel caso in esame, dell’esistenza di un interesse qualificato dell’istante e dei presupposti per l’esercizio del diverso diritto di accesso ai documenti amministrativi ai sensi della legge n. 241 del 7/8/1990, laddove venga dimostrato il possesso di «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso».

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 15 ottobre 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione