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Sul caso Purgatori si è passato il limite. Il diritto di cronaca non è senza confini - Intervento di Guido Scorza

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Sul caso Purgatori si è passato il limite. Il diritto di cronaca non è senza confini
Una cosa è raccontare la vicenda giudiziaria appena agli esordi, specie se è volontà della famiglia, una cosa completamente diversa è ritenere di aver capito tutto prima ancora che giustizia e specialisti abbiano iniziato le loro indagini
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(HuffPost, 24 luglio 2023)

Andrea Purgatori come tutti i veri giornalisti amava la verità e la giustizia, amava scoprire, capire e raccontare e, quindi, probabilmente, la famiglia ha interpretato nel migliore dei modi possibile il suo desiderio chiedendo all’Autorità giudiziaria di capire cosa sia successo davvero nel corso del fulminante calvario che lo ha condotto alla morte.

La sua fama, la sua notorietà, il suo essere un personaggio pubblico per quanto schivo, riservato, severo custode della linea di confine che separava la sua vita privata dalla sua vita pubblica assieme agli innegabili dubbi che avvolgono il decorso della sua malattia, fanno – verrebbe da dire purtroppo – del suo caso indiscutibilmente una storia di cronaca con tutto ciò che inevitabilmente ciò comporta: un po’ del suo privato condannato a diventare pubblico per soddisfare il diritto dei suoi colleghi di raccontare e, soprattutto, quello dei suoi lettori e telespettatori a sapere.

E, tuttavia – e questa è la questione che credo meriti di essere discussa – né la notorietà di un personaggio, né qualche legittimo sospetto sulle sue ultime settimane di vita possono bastare a sgretolare il suo diritto alla privacy – che, vale la pena ricordarlo, gli sopravvive – e, ancora prima, la sua dignità personale.

Insomma, il diritto di cronaca, anche in un caso nel quale è innegabile l’esistenza di un interesse pubblico, non è senza confini, non legittima chiunque – giornalisti inclusi – a raccontare qualsiasi cosa sino ad arrivare alle misure, in centimetri, del tumore che pare lo avesse colpito e non legittima nessuno – a cominciare naturalmente dai sanitari - a consegnare dati tanto sensibili a chiunque, anche se giornalista, glieli chieda per le più nobili delle ragioni e con le migliori delle intenzioni.

E, questo, soprattutto – ma è un altro profilo – mentre c’è un’inchiesta giudiziaria in corso.

Vale la pena scriverlo e scriverlo nel modo più chiaro possibile perché la sensazione che si ha a scorrere giornali e social degli ultimi giorni è che si sia passato il segno, superata la linea di confine che separa il diritto di cronaca dall’invasione umanamente intollerabile prima ancora che giuridicamente illecita della privacy e dal travolgimento della dignità della persona.

Una cosa è raccontare la vicenda giudiziaria appena agli esordi, specie se è volontà della famiglia – l’unica vera custode del diritto alla privacy e della dignità personale di chi non c’è più – nei limiti di quanto necessario a soddisfare il sacrosanto diritto del pubblico a essere informato, una cosa completamente diversa e scrivere che “sono bastate un paio di telefonate” a capire tutto – o, almeno, a ritenere di aver capito tutto prima ancora che giustizia e specialisti abbiano iniziato le loro indagini – e a mettere nero su bianco dettagli sensibili, sanitari, personalissimi e dolorosissimi – specie per chi ha voluto bene a Purgatori – delle sue ultime settimane di vita, proponendo semplici ipotesi, teorie, punti di vista.

Ma questo, sfortunatamente, è accaduto.

Per carità guai a suggerire che sia semplice ciò che non lo è.

Trovarsi d’accordo su dove finisce la cronaca e inizia il rispetto della dignità di una persona, specie se quest’ultima non c’è più e quello della sua privacy è difficilissimo.

Fior fiore di giuristi e giornalisti, spesso, hanno idee diverse, non si trovano d’accordo, traccerebbero la linea di confine in posizioni diverse.

E, però, specie quando si parla della morte di un gigante del giornalismo, di un professionista che aveva fatto del metodo scientifico nell’esecuzione anche della più complicata inchiesta giornalistica la sua cifra distintiva, non dovremmo mai dimenticarci, che prima di mettere mano alla tastiera e di scrivere anche una riga soltanto, un’idea – magari discutibile – di come tracciare quella linea di confine, bisognerebbe averla.

È sbagliato, inaccettabile, umanamente insostenibile prima ancora che giuridicamente probabilmente illecito, pensare e dare a pensare che tutto – ma proprio tutto – possa considerarsi pubblico e che nulla debba restare privato, personale, intimo, magari anche solo fino a quando le certezze scientifiche e giudiziarie non avranno preso il posto delle teorie, delle supposizioni, delle idee di ciascuno che, come tali, possono sempre essere, tra l’altro, inesatte con tutto ciò che ne consegue, ancora una volta, prima sotto il profilo umano e poi sotto quello giuridico.

E, per la verità, anche quando l’inchiesta giudiziaria avrà accertato la sua verità, se si parla di dati sanitari e condizioni di salute di una persona, l’etica prima, la deontologia poi, e le regole della privacy da ultimo, dovrebbero suggerire di non dare per scontato che tutto possa o, addirittura, debba diventare pubblico.

Non conoscevo Andrea Purgatori così bene da potermi azzardare a ipotizzare dove avrebbe tracciato quel confine tra cronaca e dignità della persona in un caso come il suo ma ho almeno il forte sospetto che avrebbe atteso che scienza e giustizia facessero il loro corso, avrebbe atteso di conoscerne le conclusioni e di esaminarle a fondo prima, eventualmente, di contestarle sempre che avesse trovato solidi elementi per farlo e credo di poter essere certo che, nel farlo, non avrebbe reso pubblico neppure un elemento in più – specie se relativo a un momento di fragilità di una persona malata – rispetto a quelli strettamente necessari a fare il suo mestiere di giornalista e a consentire al suo pubblico di capire per davvero.

Sarebbe bello se, almeno per ricordarlo nel migliore dei modi possibile, d’ora in avanti, nel raccontare la fine di un campione del nostro giornalismo, non ci dimenticassimo più che il diritto di cronaca incontra un limite invalicabile nel rispetto della dignità della persona e che la privacy, almeno sulla salute, è garanzia irrinunciabile di questa dignità.