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Ordinanza ingiunzione nei confronti di Paesano Francesco [9023949]

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[doc. web n. 9023949]

Ordinanza ingiunzione nei confronti di Paesano Francesco - 16 maggio 2018

Registro dei provvedimenti
n. 295 del 16 maggio 2018

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, componente e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale; 

RILEVATO che la Legione Carabinieri Trentino Alto Adige, Comando provinciale di Bolzano, a fronte della concessione di specifico nulla osta della Procura della Repubblica di Bolzano datato 30 agosto 2017, ha accertato che la società Handy Treff s.a.s. di Paesano Francesco & c., con sede legale in Silandro (BZ), via Covelano n. 17, P.I. 02710230216, in qualità di dealer della società Vodafone, ha provveduto nel corso del 2016 all’attivazione di n. 6 schede telefoniche nei confronti di altrettante persone, del tutto ignare di tali attribuzioni, le quali sono state escusse in atti e hanno disconosciuto le utenze telefoniche di cui sono risultate intestatarie;

VISTI i verbali n. 27/1, 27/2, 27/3, 27/4, 27/5 e 27/6 datati 14 settembre 2017, che qui integralmente si richiamano, con cui è stata contestata a Paesano Francesco, nato a Silandro (BZ) il 10.08.1985, C.F. PSNFNC85M10I729E, in qualità di titolare della società Handy Treff s.a.s. di Paesano Francesco & c., la violazione amministrativa prevista dall’art. 162, comma 2-bis, del Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. 30 giugno 2003 n. 196, di seguito “Codice”) per aver effettuato un trattamento di dati personali di 6 soggetti, intestando a loro insaputa schede telefoniche, in assenza del consenso previsto dall’art. 23 del medesimo Codice;

RILEVATO che dal rapporto predisposto dal predetto Comando ai sensi dell’art. 17 della legge n. 689/1981, non risulta cha la parte abbia effettuato il pagamento in misura ridotta;

VISTI gli scritti difensivi, inviati in data 16 ottobre 2017 ai sensi dell’art. 18 della legge n. 689/1981, con cui la parte ha evidenziato in primo luogo che la mancata ostensione della documentazione, richiesta all’Ufficio del Garante ai sensi della legge n. 241/1990, le ha impedito di esercitare il proprio diritto di difesa nell’ambito del procedimento sanzionatorio, “in quanto non le permette di avere una piena cognizione della dinamica delle violazioni di legge contestate”. Nella nota del 6.10.2017, prot. n. 31892, il Garante aveva osservato che l’istanza di accesso, presentata dalla parte ai sensi della legge n. 241/1990, in realtà doveva essere valutata dall’A.G. in quanto titolare del procedimento penale e, in quanto tale, l’unica a poter valutare quali atti del procedimento fossero ostensibili in relazione alle esigenze di trasparenza di cui all’art. 329 c.p.p. La parte ha, invece, argomentato che titolare dell’indagine di cui al procedimento penale n. 6864/17 RGNR è il Garante, in quanto “il materiale probatorio ottenuto con il nulla osta concesso dall’Autorità giudiziaria andrà per forza a costituire gli elementi su cui il Garante dovrà basare la propria decisione in merito alla sanzionabilità o meno dell’incolpato (…)”, ciò anche sulla base di alcune recenti pronunce del Consiglio di Stato e del TAR Sicilia. In secondo luogo, la parte ha argomentato la propria estraneità rispetto ai fatti oggetto di contestazione, osservando come l’illecita attivazione delle schede telefoniche sia probabilmente avvenuta ad opera di una dipendente che lavorava presso la società nel periodo oggetto di indagine. Infine, ha chiesto che, nella denegata ipotesi in cui venisse riconosciuta una sua responsabilità in ordine ai fatti oggetto di violazione, si tenga conto, ai fini della quantificazione della sanzione amministrativa, sia delle condizioni economiche che della minore gravità delle violazioni contestate (con conseguente applicazione dell’art. 164-bis, comma 1, del Codice), o, in subordine, che venga applicato il cumulo giuridico, previsto e disciplinato dall’art. 8, comma 1, della legge n. 689/1981;

VISTA la successiva documentazione, inviata dalla parte in data 25 novembre 2017, con cui la parte ha aver introdotto modifiche volte ad adeguare la propria attività alla disciplina di cui al Regolamento UE in materia di protezione dato personali; 

CONSIDERATO che le argomentazioni addotte non consentono di escludere la responsabilità della parte in relazione a quanto contestato. In primo luogo, si osserva che la pronuncia del Consiglio di Stato che la parte ha illustrato nelle proprie memorie difensive attiene a una controversia relativa all’estensione dell’accesso ad atti facenti parte di un processo civile, ma assunti all’interno di un procedimento amministrativo. Rispetto a tali atti, il Consiglio di Stato ha ritenuto di dover garantire l’accesso in quanto trattasi di un’attività giurisdizionale (tra l’altro già conclusa), assunta a presupposto di una successiva attività amministrativa (Cons. Stato, IV sez., 14/02/2012, n 734). Tale principio non può, tuttavia, trovare applicazione al caso in esame per le evidenti differenze sostanziali, trovandoci nell’ambito di un procedimento penale (ancora in corso) in cui l’autorità giudiziaria ha concesso, con nulla osta, l’autorizzazione all’utilizzo a fini amministrativi degli atti acquisiti nell’ambito dell’indagine penale. Tale provvedimento ha, infatti, lo scopo di tutelare la riservatezza e la segretezza degli atti propri del procedimento penale, ai sensi dell’art. 329 c.p.p. Considerato, inoltre, che l’istanza di accesso, avanzata dalla parte, atteneva alla richiesta della “documentazione (…) che hanno determinato la redazione dei verbali di contestazione”, deve confermarsi quanto osservato dall’Ufficio del Garante con la citata nota del 6.10.2017 relativamente al fatto che solo l’autorità giudiziaria può individuare, qualora la parte avesse presentato ad essa apposita istanza, quali sono gli atti coperti da segreto istruttorio e quali, invece, sono ostensibili ai sensi della legge n. 241/1990. Con riferimento, invece, all’argomentazione addotta dalla parte secondo cui responsabile dell’illecita attivazione delle schede telefoniche sarebbe una ex dipendente della società, deve rilevarsi l’assoluta inconferenza di quanto asserito, posto che, in mancanza di ogni elemento di prova che sostenga tale tesi, la responsabilità amministrativa per l’illecito contestato va imputata al titolare del trattamento, individuato nella persona del titolare della ditta, a cui competono tutte le decisioni attinenti le finalità e le modalità del trattamento, anche sotto il profilo della sicurezza. Riguardo, infine, alle richieste avanzate dalla parte in ordine all’applicazione dell’attenuante di cui all’art. 164-bis, comma 1, del Codice e all’applicazione del cumulo giuridico di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 689/1981, si rappresenta che nessuno dei due criteri può essere applicato alla fattispecie sanzionatoria in argomento. Infatti, la violazione relativa all’attivazione illecita di schede telefoniche non può essere ricompresa tra le violazioni di minore entità di cui all’art. 164-bis, comma 1, non ricorrendone i presupposti, con conseguente esclusione dell’applicabilità dell’attenuante; mentre, per quanto riguarda l’istituto del cumulo giuridico di cui all’art. 8, comma 1, della legge n. 689/1981, si rileva che le condotte, poste in essere nei confronti di 6 soggetti diversi, sono distinte e indipendenti l’una dall’altra. Infatti, la parte ha violato più volte la medesima disposizioni, ma nei confronti di soggetti diversi, commettendo pertanto più azioni illecite, tanto che sono stati redatti distinti verbali di contestazione per ognuna delle persone i cui dati sono stati trattati illecitamente;

RILEVATO, pertanto, che Paesano Francesco, in qualità di titolare del trattamento ai sensi degli artt. 4 e 28 del Codice, ha effettuato un trattamento di dati personali di 6 soggetti, intestando a loro insaputa n. 6 schede telefoniche, in assenza del loro consenso previsto ai sensi dell’art. 23 del Codice;

VISTO l’art. 162, comma 2-bis, del Codice, che punisce la violazione delle disposizioni indicate nell’art. 167 del Codice, tra le quali quelle di cui all’art. 23, del medesimo Codice, con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da diecimila euro a centoventimila euro per ciascuna delle 6 violazioni contestate;

CONSIDERATO che, ai fini della determinazione dell’ammontare della sanzione pecuniaria, occorre tenere conto, ai sensi dell’art. 11 della legge 24 novembre 1981 n. 689, dell’opera svolta dall’agente per eliminare o attenuare le conseguenze della violazione, della gravità della violazione, della personalità e delle condizioni economiche del contravventore e che pertanto l’ammontare della sanzione pecuniaria per la violazione di cui all’art. 162, comma 2-bis deve essere quantificato nella misura di euro 10.000,00 (diecimila) per ciascuno dei 6 rilievi, per un importo complessivo pari a euro 60.000,00 (sessantamila);

VISTA la documentazione in atti;

VISTA la legge 24 novembre 1981 n. 689, e successive modificazioni e integrazioni;

VISTE le osservazioni dell’Ufficio, formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000, adottato con deliberazione del 28 giugno 2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

ORDINA

a Paesano Francesco, nato a Silandro (BZ) il 10.08.1985, C.F. PSNFNC85M10I729E, in qualità di titolare della società Handy Treff s.a.s. di Paesano Francesco & c., con sede legale in Silandro (BZ), via Covelano n. 17, P.I. 02710230216, di pagare la somma complessiva di euro 60.000,00 (sessantamila) a titolo di sanzione amministrativa pecuniaria per la violazione prevista dall’art. 162, comma 2-bis del medesimo Codice;

INGIUNGE

al medesimo soggetto di pagare la somma di euro 60.000,00 (sessantamila), secondo le modalità indicate in allegato, entro 30 giorni dalla notificazione del presente provvedimento, pena l’adozione dei conseguenti atti esecutivi a norma dall’art. 27 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. n. 150/2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero. 

Roma, 16 maggio 2018

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia

Scheda

Doc-Web
9023949
Data
16/05/18

Tipologie

Ordinanza ingiunzione o revoca