g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 6 aprile 2017 [6517133]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 6517133]

Provvedimento del 6 aprile 2017

Registro dei provvedimenti
n. 181 del 6 aprile 2017

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso presentato al Garante in data 11 gennaio 2017 da XX, rappresentato e difeso da Reputation Manager srl, nei confronti di Google, con il quale l´interessato, ribadendo le istanze già avanzate ai sensi dell´art. 7 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" (di seguito "Codice"), ha chiesto la rimozione di alcuni URL specificamente indicati nell´atto introduttivo e contrassegnati con i numeri da 1 a 27;

CONSIDERATO che il ricorrente ha, in particolare, rappresentato:

- di essere stato coinvolto, nel mese di marzo 2011, in una vicenda giudiziaria con l´accusa di corruzione e di detenzione illecita di armi da fuoco;

- che il relativo procedimento per il reato di corruzione si è concluso nel mese di gennaio 2012, con una sentenza di "patteggiamento" ex art. 444 cpp, che ha previsto la condanna ad un anno e due mesi di reclusione, con concessione del beneficio della sospensione della pena e non menzione nel casellario giudiziale;

- che il Tribunale di Milano ha inoltre accolto l´istanza di oblazione dallo stesso presentata in relazione alla illecita detenzione di armi;

- di aver avanzato nel 2016 varie istanze a diverse testate giornalistiche affinché, in ragione del tempo trascorso e dell´evoluzione storica dei fatti, queste procedessero alla deindicizzazione degli articoli nei quali tali vicende, in forma ormai incompleta e non aggiornata, erano narrate, ottenendo così che molti URL presenti nei risultati di ricerca di Google associati al suo nominativo venissero effettivamente rimossi;

- che, ad oggi, permangono in rete ventisette link ritenuti gravemente lesivi della propria immagine e reputazione, rispetto ai quali "a causa di oggettive impossibilità nella individuazione dei titolari cui rivolgere le istanze o di assenza prolungata di riscontro da parte dei pochi identificabili", ha deciso di avanzare, in data 18 ottobre 2016, apposita richiesta a Google per ottenere la deindicizzazione dei relativi URL;

- che a tale richiesta, Google ha risposto di non poter procedere in ragione del fatto che gli articoli in questione si riferiscono alla vita professionale del ricorrente e pertanto sono da considerarsi di "potenziale interesse pubblico";

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, in particolare, la nota del 31 gennaio 2017 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell´interessato, nonché la nota del 6 marzo 2017 con la quale è stata disposta, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTE le note datate 8 e 20 febbraio 2017 con le quali la resistente, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, ha comunicato che:

- gli URL contrassegnati nell´atto introduttivo con i nn. 14 e 19 non sono stati oggetto di interpello preventivo, ma indicati solo con la presentazione del ricorso;

- gli URL contrassegnati nell´atto introduttivo con i nn. 9 e 10 hanno rinviato a pagine prive di contenuto e che pertanto sono state adottate "misure manuali per impedire il posizionamento delle stesse tra i risultati associati al nome dell´interessato nelle versioni europee del motore di ricerca Google";

- non può trovare accoglimento la domanda di rimozione degli altri URL avanzata dal ricorrente, non ricorrendo nel caso di specie i parametri delineati dalla sentenza della Corte di Giustizia dell´Unione Europea del 13 maggio 2014 c-131/12 (c.d.: "sentenza Costeja") e dalle "Linee Guida" del 26 novembre 2014 del WP29 – Gruppo di lavoro articolo 29 per la protezione dei dati personali, poiché gli articoli cui essi rinviano:

a) si riferiscono a fatti piuttosto recenti e per i quali non può quindi considerarsi trascorso un lasso di tempo sufficiente per poter legittimamente invocarsi l´esercizio del diritto all´oblio;

b) riportano fatti di particolare gravità (una vicenda di corruzione legata ad appalti pubblici, che ha visto coinvolti politici e personaggi pubblici), che hanno avuto ampia rilevanza sia nella stampa locale sia in quella nazionale;

c) riguardano una persona (l´interessato) che svolge un ruolo che può considerarsi "pubblico" e come tale idoneo a giustificare un maggior periodo di conoscibilità da parte dell´opinione pubblica;

VISTE le note del 16, 20 febbraio e 3 marzo 2017 con le quali il ricorrente, nel contestare quanto affermato da Google, ha ribadito le richieste avanzate con il proprio atto introduttivo, rilevando altresì che:

- gli articoli di cui agli URL oggetto del presente ricorso, trattano di avvenimenti oltre che non più aderenti alla loro evoluzione storica, anche risalenti nel tempo, ai quali, ormai è stata data ampia ed esaustiva diffusione, dovendosi ritenere così raggiunte le finalità che originariamente giustificavano il trattamento dei suoi dati personali;

- molti degli organi di stampa hanno già dato positivo riscontro alle sue richieste, provvedendo a deindicizzare o rimuovere i relativi contenuti;

- le sue condotte non possono essere classificate come "reato di particolare gravità", poiché con tale locuzione si fa riferimento a fatti "di rilevanza penale tale da suscitare allarme sociale e severità di giudizio", elementi non presenti nel caso di specie; né può essere riconosciuta rilevanza pubblica al suo ruolo, tenuto conto peraltro che lo stesso "non ha più intrattenuto alcun rapporto professionale con Enti Pubblici" dopo i fatti oggetto del presente ricorso;

- la richiesta di deindicizzazione riferita al link contrassegnato nell´atto introduttivo con il n. 14 è stata correttamente posta insistendo per il suo accoglimento, ma rinunciando contestualmente a quella riguardante l´URL posto al successivo punto n. 19;

VISTA la comunicazione del 28 marzo 2017 con la quale Google ha comunicato che, da una verifica effettuata, dieci URL, indicati nell´elenco in ricorso con i nn. 6, 7, 8, 11, 16, 17, 22, 25, 26 e 27, non risultano più indicizzati pur non avendo essa effettuato alcun intervento, a differenza degli ulteriori  tredici URL indicati con i nn. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 13, 15, 18, 20, 21, 23 e 24, che invece rimangono tuttora indicizzati;

CONSIDERATO, in via preliminare, che gli URL, contrassegnati nell´elenco in ricorso con i nn. 14 e 19 non risultano essere stati oggetto di interpello preventivo e che pertanto la richiesta della loro  deindicizzazione deve essere dichiarata inammissibile, ai sensi dell´art. 148, comma 1, lett. b), del Codice;

CONSIDERATO, altresì, con riferimento agli URL indicati nell´elenco citato con i nn. 9 e 10, che Google, non avendo individuato alcun contenuto nelle relative pagine, ha adottato misure manuali per impedire il posizionamento delle stesse tra i risultati di ricerca associati al nome del ricorrente e che pertanto, rispetto ad essi, si debba dichiarare, ai sensi dell´art. 149, comma 2, del Codice, non luogo a provvedere;

CONSIDERATO, poi, con riguardo all´insieme dei dieci URL più sopra menzionati che, pur non risultando effettuato alcuno specifico intervento da parte della resistente, gli stessi non sono più rinvenibili tra i risultati di ricerca associati al nome del ricorrente e che pertanto, rispetto ad essi, si debba dichiarare non luogo a provvedere sul ricorso, ai sensi dell´art. 149, comma 2, del Codice;

RITENUTO, infine, che, con riferimento alla richiesta di deindicizzazione dei rimanenti tredici URL più sopra indicati, il periodo di tempo trascorso dai fatti che sono stati oggetto di accertamento giudiziale deve ritenersi, alla luce delle loro caratteristiche, tale da aver determinato l´affievolimento dell´interesse pubblico alla reperibilità  della notizia mediante i motori di ricerca;

CONSIDERATO che in base ai criteri fissati dalla direttiva europea in materia di protezione dei dati personali (cfr. art. 6, lett. d), direttiva 95/46/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio), nonché dall´art. 11 del Codice, i dati personali devono "essere esatti e, se necessario, aggiornati" e che pertanto un trattamento inizialmente lecito di dati possa divenire con il tempo non più compatibile con il rispetto di tali principi;

RILEVATO che, come affermato anche dalle citate Linee Guida (cfr. punto 4), le Autorità di Protezione dei Dati (APD) "tenderanno a ritenere idonea la deindicizzazione di un risultato di ricerca se si rilevano inesattezze in termini di circostanze oggettive e se ciò genera un´impressione inesatta, inadeguata o fuorviante rispetto alla persona interessata. Se un interessato si oppone ad un risultato di ricerca a motivo della sua inesattezza, le APD possono trattare il relativo ricorso a condizione che tale interessato fornisca tutte le informazioni necessarie per stabilire la palese inesattezza del dato in questione";

RILEVATO, rispetto al caso in esame, che gli articoli cui rinviano gli URL ancora indicizzati non risultano più corrispondenti alla realtà dei fatti secondo quanto comprovato dalla documentazione prodotta dall´interessato (sentenza Tribunale Milano ex art. 444 e ss. c.p.p., del 25 gennaio 2012 e decreto di restituzione delle cose sequestrate);

CONSIDERATO, altresì, l´avvenuto riconoscimento, nei confronti del ricorrente, del beneficio della non menzione nel casellario giudiziale della sentenza di condanna e che la facile reperibilità in rete dei predetti articoli potrebbe contrastare con la ratio insita nel beneficio medesimo;

CONSIDERATO che l´interessato ha rappresentato, con dichiarazione di cui lo stesso risponde anche ai sensi dell´art. 168 del Codice ("falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante"), di aver previamente cercato di far valere i propri diritti presso i soggetti che avevano pubblicato o riprodotto gli articoli ritenuti lesivi e di essersi rivolto al motore di ricerca solo dopo aver riscontrato l´impossibilità pratica di ottenere soddisfazione da alcuni di essi;

RITENUTO, pertanto, alla luce delle considerazioni sopra esposte, di dover accogliere le richieste del ricorrente con riferimento ai tredici URL tuttora indicizzati e, per l´effetto, di dover ordinarne a Google la rimozione dai risultati di ricerca a partire dal nome e cognome dell´interessato, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

VISTE le decisioni dell´Autorità del 15 gennaio e del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria delle spese e dei diritti per i ricorsi e ritenuto congruo, nel caso di specie, quantificare detto importo nella misura di euro 500,00, da addebitarsi per euro 200,00 a carico di Google in considerazione degli adempimenti connessi alla presentazione del ricorso, compensando la restante parte per giusti motivi e, in particolare, in ragione del parziale accoglimento del ricorso;

VISTA la documentazione in atti;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) accoglie parzialmente il ricorso e, per l´effetto, ordina alla resistente quale misura necessaria ai sensi dell´art. 150, comma 2, del Codice, di provvedere alla rimozione dai risultati di ricerca a partire dal nome e cognome dell´interessato, entro venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento, degli URL indicati dal ricorrente che risultano ancora indicizzati, con particolare riguardo a quelli specificati nell´elenco in atti con i nn. 1, 2, 3, 4, 5, 12, 13, 15, 18, 20, 21, 23 e 24;

b) dichiara non luogo a provvedere con riguardo agli URL indicati dal ricorrente che risultano non più indicizzati o rispetto ai quali Google ha adottato misure manuali per impedirne il posizionamento tra i risultati di ricerca associati al nominativo del ricorrente;

c) dichiara il ricorso inammissibile con riferimento agli URL, indicati nell´elenco in ricorso con i nn. 14 e 19, che non sono stati oggetto di interpello preventivo al titolare del trattamento;

d) determina l´ammontare delle spese del presente procedimento nella misura forfettaria di euro 500,00, di cui euro 200,00 da addebitarsi al titolare del trattamento, che dovrà liquidarli direttamente a favore del ricorrente; compensa la restante parte per giusti motivi.

Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell´art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro trenta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che l´inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell´art. 170 del Codice. Ricorda altresì che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all´art. 164 del Codice.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 del d.lgs. n. 150 del 1° settembre 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 6 aprile 2017

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia