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Parere su istanza di accesso civico - 29 settembre 2023 [9953581]

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[doc. web n. 9953581]

Parere su istanza di accesso civico - 29 settembre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 461 del 29 settembre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in https://www.anticorruzione.it/-/determinazione-n.-1309-del-28/12/2016-rif.-1 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente l’«Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la richiesta di parere del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza (di seguito “RPCT”) dell’Università degli Studi dell’Insubria (di seguito  “Università”), presentata ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013;

CONSIDERATO che il predetto art. 5, comma 7, prevede che il Garante si pronunci entro il termine di dieci giorni dalla richiesta;

RITENUTO che il breve lasso di tempo per rendere il previsto parere non permette allo stato la convocazione in tempo utile del Collegio del Garante;

RITENUTO quindi che ricorrono i presupposti per l’applicazione dell’art. 5, comma 8, del Regolamento n. 1/2000 sull’organizzazione e il funzionamento dell’ufficio del Garante, nella parte in cui è previsto che «Nei casi di particolare urgenza e di indifferibilità che non permettono la convocazione in tempo utile del Garante, il presidente può adottare i provvedimenti di competenza dell’organo, i quali cessano di avere efficacia sin dal momento della loro adozione se non sono ratificati dal Garante nella prima riunione utile, da convocarsi non oltre il trentesimo giorno» (doc. web n. 1098801);

VISTA la documentazione in atti;

PREMESSO

Con nota in atti, successivamente integrata, il RPCT dell’Università ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33/2013, in ordine a un provvedimento di diniego parziale di un’istanza di accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata una richiesta di accesso civico avente a oggetto copia del “decreto delle pesature per l'anno 2022 con i dovuti criteri di ripartizione delle indennità”. Il soggetto istante ha rappresentato nella domanda di accesso di voler ottenere i predetti documenti per ragioni di trasparenza dell’amministrazione nonché “di interessi legittimi di cui [sarebbe] titolare e per ragioni giudiziali”.

L’Università ha accolto parzialmente l’istanza, trasmettendo la “copia anonimizzata del DDG 10 maggio 2023, n. 494 “Pesatura e indennità per le funzioni specialistiche e per le posizioni organizzative categoria C, D ed EP – anno 2022” e la “copia del DDG 14 luglio 2023, n. 721 “Pesatura e indennità per le funzioni specialistiche e per le posizioni organizzative categoria C, D ed EP – anno 2022: integrazione”. Ciò “omettendo, al fine di tutelare la riservatezza dei lavoratori, i dati riconducibili ai singoli responsabili”.

Con successiva nota, il soggetto istante ha fatto presente che “mancavano gli importi che a proprio avviso avrebbero dovuto essere quantificati”, chiedendo, pertanto, “che [gli stessi] fossero messi in chiaro”.

L’Università ha riscontrato la predetta richiesta, evidenziando che “la pubblica amministrazione è tenuta al rispetto degli obblighi relativi alle esclusioni e ai limiti in materia di accesso civico generalizzato previsti dalla normativa vigente in rapporto alla protezione dei dati personali (es., nel caso in questione, nome, cognome, categoria e importo delle indennità)”.

Il soggetto istante ha, tuttavia, insistito nelle proprie richieste, ribadendo la volontà di ottenere “copia del DDG 10 maggio 2023, n. 494 “Pesatura e indennità per le funzioni specialistiche e per le posizioni organizzative categoria C, D ed EP – anno 2022” completo degli importi al fine di poter ricorrere al giudice per ottenere quanto [di sua spettanza]”. Inoltre, con successiva nota, qualificata dal RPCT come istanza di riesame, l’istante, facendo riferimento alla pregressa corrispondenza, ha chiesto allo stesso di esprimersi in merito al provvedimento di accoglimento parziale adottato dall’Università, domandando, in particolare, “se gli importi delle indennità costituiscano un dato protetto da privacy”.

OSSERVA

1. Introduzione

Ai sensi della normativa di settore in materia di accesso civico generalizzato, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In relazione ai profili di competenza di questa Autorità, si evidenzia, che il citato art. 5-bis prevede che l’accesso civico generalizzato è rifiutato, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD). Ai sensi della richiamata disciplina europea «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (ibidem).

Ciò premesso, occorre avere presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

Inoltre, è necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b) e c)).

Ciò anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Il caso sottoposto all’attenzione del Garante

Oggetto di accesso civico nel caso di specie risulta essere il “decreto delle pesature per l'anno 2022 con i dovuti criteri di ripartizione delle indennità”, con le relative integrazioni, con il quale è stata approvata “la pesatura e le indennità per le funzioni specialistiche e per le posizioni organizzative cat. C, D e EP per l’anno 2022”; e, in particolare, – come si evince dalla richiesta di riesame – gli importi riconosciuti al personale.

L’allegato n. 1 al predetto decreto riporta, nella versione integrale, un elenco di dipendenti dell’Università, con l’indicazione del nome, del cognome, dell’ufficio o dipartimento di appartenenza, della titolarità di posizione organizzativa e/o funzione specialistica, della categoria di appartenenza (C, D e EP), del valore della pesatura (ossia del punteggio attribuito per la funzione specialistica esercitata e per la titolarità di posizione organizzativa ricoperta) e dell’importo lordo spettante a fronte del pesatura/punteggio riconosciuto. I dipendenti in questione afferiscono all’area tecnico-amministrativa e non hanno qualifica dirigenziale.

3. Osservazioni

In generale, l’inquadramento, la collocazione dei dipendenti pubblici nelle varie unità organizzative e le relative remunerazioni non sono dati pubblici e la relativa conoscibilità, nel caso in esame, va valutata alla luce delle regole e dei limiti previsti dalla disciplina in materia di accesso civico.

Rispetto alle predette informazioni, infatti, la normativa statale in materia di trasparenza ha previsto specifici obblighi di pubblicazione online unicamente per alcune categorie di soggetti, per i quali non possono essere opposti motivi di riservatezza, come ad esempio nel caso di titolari di incarichi o cariche di amministrazione, di direzione, di governo, di incarichi dirigenziali (art. 14, comma 1-bis del d. lgs. n. 33/2013), nonché di soggetti titolari di posizioni organizzative a cui sono affidate deleghe da parte di dirigenti o che svolgono in ogni caso funzioni dirigenziali (art. 14, comma 1-quinques, ivi) oppure nel caso di titolari di incarichi di collaborazione o consulenza (art 15, ivi).

Al di fuori delle predette fattispecie, in relazione alle quali il legislatore ha espressamente effettuato un bilanciamento tra le esigenze di trasparenza e il diritto alla riservatezza dei lavoratori, individuando le specifiche categorie di lavoratori soggetti a un particolare regime di conoscibilità delle informazioni che li riguardano nel contesto lavorativo, le informazioni relative alle remunerazioni e ai compensi percepiti dai dipendenti, pur non rientrando nelle categorie particolari di dati di cui all’art. 9 RGPD, sono comunque dati personali a cui va accordata, in ogni caso, la tutela prevista dal RGPD.

Ciò chiarito, si rappresenta che – nel caso in esame – dagli atti non emerge se ai dipendenti controinteressati (o anche solo ad alcuni), a cui spetta l’indennità per le funzioni specialistiche o per le posizioni organizzative, siano state affidate anche deleghe da parte di dirigenti oppure se gli stessi svolgano in ogni caso funzioni dirigenziali. In tale caso, infatti, non sarebbe possibile richiamare alcuna esigenza di riservatezza in ordine all’entità dell’indennità riconosciuta, considerando il regime di trasparenza prima ricordato. Si ritiene, pertanto, che spetti, in via preliminare, all’Amministrazione valutare l’eventuale applicabilità a tutti (o anche solo ad alcuni) dei dipendenti controinteressati l’applicabilità del regime di trasparenza previsto dal citato art. 14, comma 1-quinques del d. lgs. n. 33/2013.

In caso contrario – ossia laddove l’amministrazione non ritenga applicabile il regime di trasparenza di cui all’art. 14, comma 1-quinques del d. lgs. n. 33/2013 – si ritiene che la soluzione adottata dall’Università di accogliere in ogni caso l’istanza di accesso civico – allo scopo di soddisfare le esigenze informative alla base dell’accesso civico e di «favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico» (art. 5, comma 2, del d. lgs. n. 33/2013) – oscurando l’importo dell’indennità attribuita a ciascun dipendente, sia conforme alle regole in materia di protezione dei dati personali.

In proposito – conformemente al consolidato orientamento di questa Autorità sull’accesso civico ai dati dei dipendenti o alle loro mansioni e retribuzioni o progressioni economiche (cfr. i pareri in materia di accesso civico a valutazioni/schede e progressioni economiche e di carriera dei lavoratori: n. 343 del 03/08/2023, in www.gpdp.it, doc. web n. 9925408; n. 308 del 13/7/2023, in corso di pubblicazione; n. 199 del 13/5/2021, ivi, doc. web n. 9672790; n. 147 del 29/7/2020, ivi, doc. web n. 9445796; n. 466 dell’11/10/2018, ivi, doc. web n. 9063969; n. 421 dell’11/7/2018, ivi, doc. web n. 9037343; n. 231 del 18/4/2018, ivi, doc. web n. 8983308; n. 142 dell´8/3/2018, ivi, doc. web n. 8684742; n. 574 del 29/12/2017, ivi, doc. web n. 7658152) – si ritiene che la conoscenza, derivante da un eventuale accoglimento della richiesta di accesso civico a dati e informazioni personali di dettaglio dell’attività lavorativa svolta dai dipendenti in questione, anche considerando il particolare regime di pubblicità dei dati e informazioni ricevuti tramite l’istituto dell’accesso civico (cfr. art. 3, comma 1, d. lgs. n. 33/2013), potrebbe determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei dipendenti stessi, in violazione del principio di minimizzazione dei dati (art. 5, par. 1, lett. c, del RGPD).

Al riguardo, si deve, infatti, tenere conto della tipologia e della natura delle informazioni e dei dati personali, anche di dettaglio, dei dipendenti, contenuti nel predetto decreto, quali oltre al nome e al cognome, anche lo specifico importo lordo dell’indennità spettante, per quanto, come precisato dall’Università, si tratti in ogni caso di importi “meramente indicativi in quanto soggetti alla contrattazione in corso con le rappresentanze sindacali e, come tali, […] determinati solo dopo la definizione della suddetta contrattazione”.

Più precisamente, la conoscenza derivante da un eventuale accoglimento integrale della richiesta di accesso civico a dati personali di dettaglio dei lavoratori, anche considerando il particolare regime di pubblicità dei dati e informazioni ricevuti tramite l’istituto dell’accesso civico (cfr. art. 3, comma 1, d. lgs. n. 33/2013), potrebbe determinare ripercussioni negative sul piano professionale, relazionale e personale, anche all’interno dell’ambiente lavorativo (esponendo gli interessati a possibili difficoltà relazionali con i colleghi o a eventuali ingiustificati pregiudizi da parte degli utenti esterni con i quali possono venire a contatto nell’esercizio delle loro funzioni) e potrebbe arrecare ai dipendenti, a seconda delle ipotesi e del contesto in cui i dati e le informazioni fornite possono essere utilizzate da terzi, proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Bisogna, inoltre, tener conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità dei dipendenti in questione, che non hanno qualifica dirigenziale (e laddove non rientrino nella fattispecie disciplinata dall’art 14, comma 1-quinques, del d. lgs. n. 33/2013), in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’Università, nonché della non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti ai dipendenti in questione dall’eventuale conoscibilità, da parte di chiunque, dei dati richiesti tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

Per completezza, si rappresenta che nel caso in esame – anche considerando che il soggetto istante ha rappresentato di avere necessità dei dati richiesti per la presenza “di interessi legittimi di cui [sarebbe] titolare e per ragioni giudiziali” – resta chiaramente ferma ogni valutazione in ordine alla sussistenza di un interesse qualificato che possa consentire l’accesso ai sensi della diversa disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi, ossia laddove il richiedente l’accesso motivi l’esistenza di un interesse «diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’Università degli Studi dell’Insubria, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

In Roma, 29 settembre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione