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Procedimento relativo ai ricorsi - Inammissibilità della richiesta di cancellare dati per la pendenza di un giudizio dinanzi al giudice del lavoro...

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[doc web n. 1075936]

Procedimento relativo ai ricorsi - Inammissibilità della richiesta di cancellare dati per la pendenza di un giudizio dinanzi al giudice del lavoro

Il ricorso al Garante è inammissibile quando è stata già adita l´autorità giudiziaria sul medesimo oggetto e tra le stesse parti (nel caso di specie impugnazione di un licenziamento dinanzi al giudice del lavoro), sebbene alcuni dati personali contenuti negli atti posti alla base della decisione che ha comportato la cessazione del rapporto di lavoro riguardino giudizi ed apprezzamenti su profili personali, caratteriali, familiari e professionali del ricorrente, cui è applicabile la legge n. 675/1996.


IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

In data odierna, in presenza del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof. Gaetano Rasi e del dottor Mauro Paissan, componenti e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

esaminato il ricorso presentato dal Sig. Giuseppe Piano, rappresentato e difeso dall´avv. Maria Luisa Palmieri presso il cui studio sito in Bari ha eletto domicilio;

nei confronti di

Azienda mista ospedali - Università "Ospedali Riuniti" di Foggia;

VISTA la documenta zione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000 adottato con deliberazione n. 15 del 28 giugno 2000 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 162 del 13 luglio 2000;

RELATORE il dottor Mauro Paissan;

PREMESSO:

Il ricorrente, già dirigente dell´Azienda ospedaliera "Ospedali Riuniti" di Foggia, ha ricevuto comunicazione della deliberazione n. 23 del 18 gennaio 2000, adottata dal direttore generale del citato titolare del trattamento, nella quale si dichiarava il mancato superamento del periodo di prova e la conseguente risoluzione del contratto di lavoro. Tale decisione era assunta con particolare riferimento ad una contestata relazione relativa al lavoro svolto, redatta dal dirigente dell´Area gestione patrimonio alla quale l´interessato era stato assegnato all´atto dell´entrata in servizio.

Tale relazione, a giudizio del ricorrente, conterrebbe "una serie di fatti, notizie e circostanze direttamente involgenti" la propria sfera privata, familiare e caratteriale che si porrebbero in contrasto con i principi della legge sulla protezione dei dati personali ed in particolare con l´art. 9 della stessa. Espressioni egualmente censurabili sarebbero riportate in una successiva nota del direttore generale, nonché nella predetta deliberazione.

Con il ricorso l´interessato chiede che questa Autorità:

  • accerti e dichiari l´illiceità del trattamento dei dati personali sopra citati;
  • dichiari la retroattività degli effetti della cancellazione degli stessi "come disposta ex nunc dal direttore generale dell´azienda…con delibera n. 445 del 14 aprile 2000";
  • disponga in ordine al rimborso delle spese del procedimento.

All´invito ad aderire spontaneamente a tali richieste, formulato il 4 maggio 2001 ai sensi dell´art. 20 del d.P.R. n. 501/1998, il titolare del trattamento ha risposto con nota del 10 maggio 2001 con la quale è stata inviata la deliberazione del Direttore generale dell´azienda ospedaliera n. 402 del 9 maggio 2001. Con tale atto il titolare del trattamento ha riconfermato integralmente quanto già statuito con la citata deliberazione n. 445 del 13 aprile 2000, nella quale si era sostenuto che:

  • le espressioni contestate non si configurerebbero quali "dati personali", essendo in parte (gli apprezzamenti riferiti ai profili caratteriali dell´interessato) "insindacabili giudizi di natura tecnica" e in parte (i riferimenti allo svolgimento di altre attività professionali) "meri fatti posti a base" del giudizio formulato sul dipendente;
  • nonostante l´infondatezza, l´istanza dell´interessato poteva essere comunque accolta in quanto il procedimento si era ormai concluso e poteva essere quindi disposta la cancellazione delle contestate espressioni, mediante la loro interlineatura e con annotazione di tale decisione "sugli originali di ciascuno degli atti…indicati".

La posizione del titolare del trattamento è stata ribadita nell´audizione svoltasi il 18 maggio 2001, nel corso della quale è stata altresì fornita copia del ricorso proposto dall´interessato innanzi al Tribunale di Foggia, sezione lavoro, il 19 marzo 2001. La parte resistente ha chiesto altresì di porre a carico del ricorrente delle spese del procedimento.

L´interessato ha replicato ai riscontri forniti dall´Azienda con una nota in data 15 maggio 2001, nella quale sono state ribadite tutte le richieste già avanzate e si è sottolineata "l´assoluta autonomia del procedimento" attivato presso questa Autorità rispetto al giudizio instaurato dinanzi al Tribunale di Foggia.

CIÒ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA:

Il ricorso è inammissibile.

Le richieste del ricorrente sono volte ad ottenere la cancellazione di alcuni dati personali contenuti in atti amministrativi posti alla base della decisione che ha comportato la cessazione del rapporto di lavoro.

I medesimi atti sono però oggetto di specifica censura già avanzata dal´interessato, anche in relazione alla "violazione delle norme e dei principi in materia di tutela della privacy", nel giudizio promosso innanzi al Tribunale di Foggia con ricorso depositato il 19 marzo 2001, con particolare riferimento alla relazione sul periodo di prova prodotta dal dirigente dell´Area gestione del patrimonio alla quale l´interessato era stato assegnato.

Il giudizio di recente instaurato dinanzi al Tribunale è teso, oltre che alla reintegrazione nel posto di lavoro dell´interessato, alla disapplicazione, "previo accertamento dell´illegittimità" della citata deliberazione n. 23 del 2000 (nella quale sono comprese o richiamate le espressioni oggetto di censura nel ricorso successivamente proposto ai sensi dell´art. 29 della legge n. 675). Come già accennato, tra i motivi di illegittimità figurano anche espressi riferimenti alla ritenuta inosservanza della disciplina sulla protezione dei dati personali e (punto d.4) del ricorso) , nonché alla pertinenza e non eccedenza dei dati rispetto alla determinazione direttoriale.

La successiva presentazione di un ricorso al Garante si pone quindi in contrasto con l´art. 29, comma 1, della legge n. 675/1996, secondo il quale "il ricorso al Garante non può essere proposto qualora, per il medesimo oggetto e tra le stesse parti, sia stata già adita l´autorità giudiziaria".

Il ricorso è quindi inammissibile, sebbene le contestate espressioni contengano giudizi ed apprezzamenti su profili personali, caratteriali, familiari e professionali del ricorrente comprensivi (contrariamente a quanto sostenuto dal titolare del trattamento) di dati personali cui è applicabile la legge n. 675 (vedi, ad esempio, la decisione del Garante dell´11 gennaio 2001 pubblicata sul Bollettino dell´Autorità n. 16/2001, pag. 25 ss.)

L´accertata inammissibilità del ricorso preclude l´esame sia di eventuali, ulteriori motivi di inammissibilità del ricorso (concernenti le richieste rivolte al Garante e le precedenti istanze presentate al titolare del trattamento), sia del merito (in relazione ai riscontri del titolare del trattamento e alle misure da questi adottate).

Per quanto concerne le richieste delle parti in ordine alle spese del procedimento, considerati i profili di novità e complessità della vicenda in oggetto, sussistono giusti motivi per compensare le stesse fra le parti.

PER QUESTI MOTIVI IL GARANTE DICHIARA:

a) inammissibile il ricorso nei termini di cui in motivazione;

b) compensate le spese fra le parti.

Roma, 28 maggio 2001

IL PRESIDENTE
Rodotà

IL RELATORE
Paissan

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli