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Newsletter 10 ' 23 gennaio 2005

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N. 241 del 10 - 23 gennaio 2005

• Videofonini. Le regole per rispettare gli altri
• Milioni di euro per conservare i dati di traffico


Videofonini. Le regole per rispettare gli altri
Lecite le videochiamate ad uso personale, no alla diffusione di immagini senza il consenso degli interessati

Lecite le videochiamate ad uso personale. No, invece, alla diffusione di immagini, anche attraverso Internet,  senza il consenso degli interessati. Cautele anche per l’uso indebito di videofonini sul luogo di lavoro. É opportuno che le imprese produttrici sviluppino la ricerca di nuovi dispositivi tecnologici, dotando ad esempio i cellulari di segnali anche luminosi, che rendano evidente a terzi che la fotocamera o la videocamera dei telefonini è in funzione o rendendo più semplice bloccare l’immagine senza interrompere la conversazione.

Il Garante (Stefano Rodotà, Giuseppe Santaniello, Gaetano Rasi, Mauro Paissan) interviene per chiarire i limiti per un corretto uso dei videofonini. I nuovi cellulari dotati di videocamere, infatti, consentono con facilità di registrare fotografie e filmati, comunicando a singoli o diffondendo immagini e suoni in tempo reale. Si tratta per lo più di applicazioni lecite utilizzate prevalentemente nell’ambito di relazioni interpersonali. I nuovi dispositivi, in crescente evoluzione, denotano tuttavia alcune potenzialità che permettono di violare più facilmente, anche involontariamente, i diritti delle persone interessate dalla ripresa, come pure terzi inconsapevoli. I videotelefoni possono essere in particolare impiegati per usi invasivi –in luoghi sia pubblici, sia aperti al pubblico, sia privati– della sfera privata e lesivi di altri diritti e libertà fondamentali, tra i quali spicca la libertà di conversare e di comunicare in assenza di molestie e intercettazioni indebite. Le immagini e i suoni sono infatti dati personali che in alcuni casi possono anche essere sensibili, quando riguardano lo stato di salute, la sfera politica, religiosa o sindacale o le abitudini sessuali.

Rispetto ai cellulari che inviano Mms, in ordine ai quali il Garante si è già pronunciato nel marzo del 2003, i videofonini offrono nuove funzionalità: sono dotati di videocamere di dimensioni molto ridotte, orientabili in vario modo e con diverse funzioni (anche di ingrandimento di immagini) mediante le quali si possono effettuare agevolmente alcune riprese anche durante una conversazione. Tali riprese possono essere realizzate anche clandestinamente, grazie alla ricorrente assenza nell’apparecchio di segnali luminosi o acustici che  segnalino a terzi la ripresa in atto. Con questi apparecchi è possibile raccogliere immagini e suoni anche nel corso di una chiamata e trasmettere immagini relative a chi chiama, a chi è chiamato e a ciò che  si svolge attorno a loro.

Si tratta, dunque, di un uso ulteriore rispetto all’utilizzazione ordinaria del cellulare che consente di raccogliere, archiviare o condividere con terzi, immagini e suoni anche in rete e diffonderle in tempo reale attraverso strumenti informatici, telematici e televisivi. Anche rispetto alle fotocamere e videocamere digitali, il collegamento diretto con lo strumento telefonico rappresenta un elemento distintivo di rilievo.

Ecco allora le regole richiamate dal Garante. Se le videochiamate sono utilizzate ad uso personale e le immagini rimangono nella sfera personale o circolano solo tra un numero ristretto di persone, non si applica il Codice sulla protezione dei dati personali. Chi utilizza l’apparecchio è tenuto, anche in questi casi, a rispettare gli obblighi previsti in materia di sicurezza dei dati, a risarcire i danni anche morali nel caso cagioni danni a terzi, a non ledere il diritto all’immagine e al ritratto.

Sarebbe invece illecita una comunicazione sistematica attraverso il videofonino o una diffusione anche via Internet delle immagini, senza rispettare i diritti degli interessati e chiedere, quando è necessario, il preventivo consenso, libero e informato (che deve essere manifestato per iscritto in caso di dati sensibili). L’informativa ed il consenso riguardano anche eventuali terzi, identificati o identificabili,  ripresi nelle immagini. Il Garante richiama l’attenzione anche sull’eventualità che in determinati uffici pubblici, luoghi pubblici e privati o aperti la pubblico, l’uso dei videotelefoni sia inibito. Si tratta di limiti e cautele (in alcuni Paesi introdotti anche con norme) che possono essere prescritti legittimamente da soggetti pubblici e privati e che, se non sono rispettati, rendono il trattamento illecito o non corretto. Garanzie vengono richiamate anche per l’uso di immagini in forum on line.

L’Autorità ha, infine, invitato imprese produttrici di apparecchi o impegnate nella realizzazione di software di valutare l’opportunità di dotare di cellulari di nuove funzioni, tra cui anche segnali luminosi, per rendere più evidente a terzi che il videotelefono è in funzione, come pure di funzioni per il blocco della trasmissione dell’immagine senza che venga interrotta la conversazione.

Il provvedimento è stato adottato al termine di una consultazione pubblica sull’argomento, all’esito della quale il Garante ha tenuto conto di alcuni suggerimenti pervenuti.

 


Milioni di euro per conservare i dati di traffico
Uno studio del Governo olandese conferma i timori degli ISP e le critiche delle autorità di protezione dei dati

La conservazione indiscriminata dei dati di traffico, compreso quello su Internet, imporrà agli ISP investimenti per decine di milioni di euro, e l’aumento costante del volume di traffico aggraverà ulteriormente la situazione.

Questi i risultati emersi dal primo studio condotto in Europa sui costi legati alla conservazione obbligatoria dei dati di traffico. Come si ricorderà (v. Newsletter 8 - 14 novembre 2004), è allo studio una proposta del Consiglio UE che prevede la conservazione a priori di tutti i dati di traffico, utilizzati per la fornitura di servizi pubblici di comunicazione ovvero disponibili su reti pubbliche di comunicazione,  per un periodo oscillante fra 12 e 36 mesi, ai fini della prevenzione, delle indagini, dell’accertamento e del perseguimento di reati (compresi atti di natura terroristica). Sulla scorta di tale proposta, il governo olandese ha deciso di valutare i costi attesi e le problematiche connesse, pubblicando i risultati della ricerca alla fine di dicembre 2004 (http://www.bof.nl/docs/...pdf).

Lo studio (commissionato ad una società di ricerche, KPMG) compie alcune proiezioni sulla base di dati statistici rilevati a fine 2003, gli ultimi disponibili. Per quanto riguarda Internet, viene stimato un volume di traffico nei Paesi Bassi di 25 gigabyte/secondo; nell’ipotesi di un periodo di conservazione compreso fra 12 e 24 mesi, i costi di investimento iniziale sarebbero pari a 15-20 milioni di euro se la conservazione fosse affidata agli ISP stessi, scendendo a 7-10 milioni di euro se gli ISP trasferissero i dati di traffico alle autorità competenti che si occuperebbero della successiva elaborazione.

In realtà, come fanno notare gli autori dello studio, si tratta di stime inferiori al reale, visto che nel corso del 2004 i volumi di traffico Internet nei Paesi Bassi sono complessivamente raddoppiati secondo quanto indicato dall’Amsterdam Internet Exchange. Inoltre, nello studio non si tiene conto di tutti i tipi di traffico attualmente effettuati via Internet (ad esempio, non sono presi in considerazione lo scaricamento di file dagli archivi dei provider, o le attività di file-sharing fra clienti dello stesso provider).

Ricordiamo che la proposta del Consiglio ha ricevuto negli scorsi mesi numerose critiche; quelle mosse dagli ISP trovano ulteriore conferma nelle risultanze dello studio commissionato dal governo olandese, e si aggiungono a quelle avanzate dalle autorità di protezione dati nel Parere 9/2004 adottato il 9 novembre scorso. I Garanti hanno richiamato, in particolare, la necessità di rispettare i principi fondamentali della Direttiva europea sulla protezione dei dati (proporzionalità, pertinenza, finalità specifica) nel gestire la conservazione dei dati di traffico anche per finalità giudiziarie o di polizia; inoltre, hanno sottolineato che l’approccio proposto nel documento del Consiglio trasformerebbe un’eccezione (la sorveglianza delle (tele)comunicazioni) in una regola: tutti gli utenti, e non solo i potenziali sospetti o i criminali, ne sarebbero coinvolti in modo chiaramente sproporzionato e lesivo, inoltre, del principio di rispetto per la vita privata sancito dalla Convenzione europea dei diritti umani (art. 8).


 

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