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Newsletter 27 luglio 2005

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N. 261 del 27 luglio 2005

• Elenchi telefonici: semplificate l e procedure per i  "categorici"
• Raccolta differenziata e tutela della privacy
• No all´uso di impronte digitali per controllare le presenze dei lavoratori


Elenchi telefonici: semplificate le procedure per i "categorici"

Si possono usare per contatti commerciali

Procedure semplificate per gli editori dei nuovi elenchi telefonici "categorici", come ad esempio le "Pagine gialle" o le "Pagine utili", nei quali si possono consultare i nominativi di  aziende, esercizi commerciali, enti e liberi professionisti. Completezza dei nominativi che compariranno nelle diverse categorie ed esclusione di coloro che hanno dichiarato di non voler essere inseriti in tali elenchi telefonici o in quelli "alfabetici".

Queste in sintesi le novità introdotte dal provvedimento del Garante, di cui è stato relatore Giuseppe Fortunato, nel quale sono indicate le regole per le società che intendono pubblicare anche on line elenchi telefonici organizzati per categorie merceologiche e professionali.

I dati contenuti in tali elenchi "categorici" sono di carattere commerciale e riguardano i rapporti consumatore-azienda, impresa-impresa, cliente-professionista, cittadino-ente, le cui finalità sono differenti da quelle degli  elenchi "alfabetici" degli abbonati ai servizi dei telefonia fissa e mobile (il cui scopo specifico è quello della comunicazione interpersonale), essendo, a date condizioni, possibile utilizzare i "categorici" per alcune forme di  contatto commerciale telefonico e postale.

Per la formazione degli elenchi "categorici", le società che li pubblicano possono avvalersi di una disposizione di carattere generale del Codice delle privacy che permette di prescindere dal consenso degli interessati quando il trattamento riguarda informazioni relative allo svolgimento di attività economiche.

Gli editori dovranno comunque rispettare altri obblighi e diritti in materia di protezione dei dati personali. Dovranno garantire la completezza dei nominativi di professionisti, aziende, esercizi commerciali riportati nelle diverse tipologie di elenchi pubblicati. Inoltre - nel caso in cui i dati personali siano attinti dal nuovo data base unico (dbu) in cui sono confluiti i dati degli abbonati alla telefonia fissa e mobile e i titolari di schede prepagate - in questi elenchi non potranno essere pubblicati i nomi di coloro che hanno manifestato la volontà di non comparire negli elenchi telefonici alfabetici.

Semplificata, infine, l´informativa da fornire a professionisti, esercenti, aziende ecc. che compariranno nell´elenco. Sulla base di quanto previsto dal Codice della privacy il Garante ha  autorizzato ciascun editore ad effettuare l´informativa tramite la pubblicazione, tra settembre e ottobre 2005, di almeno un avviso facilmente leggibile, su un minimo di tre quotidiani ad ampia diffusione nazionale. La stessa informativa dovrà essere comunque inserita con evidenza nella parte iniziale dell´elenco "categorico" cartaceo e di quello pubblicato "on line".


Raccolta differenziata e tutela della privacy
No a sacchetti trasparenti nel "porta a porta" e a controlli indiscriminati. Sì a codice a barre e microchip

Viola la privacy l´obbligo previsto da alcuni comuni  di far utilizzare ai cittadini sacchetti dei rifiuti trasparenti o con etichette adesive nominative per la raccolta "porta a porta". Lecito, invece, contrassegnare il sacchetto con un codice a barre, un microchip o con etichette intelligenti (Rfid). No ai controlli indiscriminati, ma ispezione dei sacchetti  solo nei casi in cui il cittadino, che non ha rispettato la normativa sulla raccolta differenziata, non sia identificabile in nessun altro modo.

Con un  provvedimento a carattere generale, di cui è stato relatore Giuseppe Fortunato, il Garante per la protezione dei dati personali ha dato risposta a vari quesiti di enti locali e a numerosi reclami e segnalazioni di cittadini che lamentavano una possibile violazione della riservatezza, derivante soprattutto dalle modalità di raccolta dei rifiuti e dai controlli amministrativi, riguardo ai dati personali rilevabili attraverso i sacchetti stessi  o dall´ispezione del loro contenuto. Nei rifiuti finiscono, infatti, molti effetti personali (corrispondenza, fatture telefoniche con i numeri chiamati, estratti conto bancari), a volte relativi anche alla sfera della salute (farmaci, prescrizioni mediche, ecc.)  o a convinzioni politiche, religiose, sindacali. Queste informazioni, se trattate in  modo non proporzionato o in caso di abusi, possono comportare seri inconvenienti alle persone. 

"Le lettere d´amore, le bollette, gli estratti conto, le confezioni medicinali che decidiamo di buttare nei nostri rifiuti non devono finire nelle mani di chiunque o essere esposti a sguardi indiscreti - afferma Giuseppe Fortunato, relatore del provvedimento - perché sono tutte informazioni che fanno parte di noi, della nostra identità. Da esse si può capire molto dei nostri gusti, delle nostre preferenze, dei nostri stili di vita, del nostro stato di salute. Quindi, sì ai controlli per sanzionare chi non rispetta la raccolta differenziata, no a indebite invasioni nella nostra privacy."



No all´uso  delle impronte  digitali per controllare le presenze  dei lavoratori

É vietato l´uso generalizzato delle  impronte digitali dei dipendenti per controllare le presenze sul luogo di lavoro.  Tale sistema è troppo invasivo della sfera personale e della libertà individuale. Per raggiungere lo stesso scopo si possono adottare altre tecniche  più proporzionate ed ugualmente efficaci. Con questa motivazione il Garante privacy con un proprio provvedimento (relatore Mauro Paissan) ha vietato il trattamento dei dati biometrici ad una industria del settore costruzioni con  circa trecento dipendenti, che intendeva utilizzare le impronte  per controllare gli orari di ingresso e uscita dei propri dipendenti dai luoghi di lavoro.  L´impresa intendeva con questo metodo prevenire alcune condotte abusive (scambio dei badge) e ovviare allo  smarrimento delle tessere magnetiche in uso.

"Il provvedimento del Garante – commenta il relatore Mauro Paissan – chiarisce ancora una volta che non è lecito l´uso generalizzato e incontrollato dei dati biometrici. Nel caso specifico, esistono moltri altri sistemi altrettanto rigorosi per controllare gli ingressi nei luoghi di lavoro, senza mettere a rischio la dignità stessa dei lavoratori interessati". Nel corso dell´istruttoria svolta dal Garante non sono emersi elementi che potessero giustificare la richiesta di introdurre la rilevazione di dati  biometrici, come ad esempio accessi ad aree dell´azienda che richiedono standard di sicurezza particolarmente elevati in ragione di specifiche circostanze o attività svolte. Il trattamento è risultato, in altri termini, sproporzionato e non necessario rispetto agli scopi perseguiti. Trattamento sproporzionato anche per quanto riguarda le modalità tecniche prefigurate. Alla centralizzazione nella banca dati dei codici identificativi generati dall´esame dell´impronta, si sarebbe potuto ovviare, infatti, con la memorizzazione su un supporto digitale da assegnare al lavoratore e tale da rimanere nella sua esclusiva disponibilità.

 

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