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Dati sensibili - 'Proporzionale etnica', censimenti e garanzie per gli interessati - 6 febbraio 2001 [40943]

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 [doc web n. 40943]

Dati sensibili - ´Proporzionale etnica´, censimenti e garanzie per gli interessati - 6 febbraio 2001

I trattamenti di dati in attuazione della c.d. “proporzionale etnica” nella provincia di Bolzano, anche in relazione al censimento della popolazione, sono leciti, ma devono rispettare le disposizioni in materia di dati sensibili e di sicurezza dei dati.
Si segnala l’opportunità di riconsiderare i bilanciamenti realizzati in passato tra il diritto alla riservatezza e l’interesse pubblico perseguito
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IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

In data odierna, con la partecipazione del prof. Stefano Rodotà, presidente, del prof. Giuseppe Santaniello, vice presidente, del prof. Ugo De Siervo e dell’ing. Claudio Manganelli, componenti, e del dott. Giovanni Buttarelli, segretario generale;

VISTA la legge 31 dicembre 1996, n. 675;

VISTA la segnalazione inviata al Garante ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. d) della l. n. 675/96 da parte dell’Associazione "Convivia - Associazione plurilingue e interculturale" in persona del suo Presidente nonché, a titolo personale ed individuale, da parte di altri cittadini;

VISTI gli atti d’ufficio;

VISTE le osservazioni formulate dal Segretario generale ai sensi dell’art. 7, comma 2, lettera a) del d.P.R. 31 marzo 1998, n. 501 ;

RELATORE prof. Ugo De Siervo;

PREMESSO:

A questa Autorità è pervenuta una segnalazione ai sensi dell’art. 31, comma 1, lett. d), legge n. 675/96 , da parte dell’Associazione "Convivia - Associazione plurilingue e interculturale" in persona del suo presidente nonché, a titolo personale ed individuale, da parte di altri cittadini. In essa vengono posti diversi interrogativi sulla compatibilità fra la disciplina sulla tutela dei dati personali e le disposizioni normative riguardanti la cosiddetta "proporzionale etnica" nella provincia di Bolzano, nonché le relative prassi attuative. Ciò, anche in vista del censimento generale della popolazione, previsto nella seconda metà del corrente anno.

CIÓ PREMESSO IL GARANTE OSSERVA:

Come è noto, le informazioni idonee a rivelare l’origine razziale ed etnica sono considerate dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675 come dati sensibili (art. 22 ). Per tale ragione, la normativa in materia di riservatezza ha prescritto che questi dati siano trattati con cautele particolari, dirette ad evitare che la loro conoscenza, comunicazione, diffusione o, comunque, il loro utilizzo possa ingiustamente comprimere la sfera dei diritti, delle libertà fondamentali, nonché la dignità dei soggetti interessati.


Il trattamento da parte dei soggetti pubblici delle informazioni sull’appartenenza etnica
Con riguardo ai trattamenti realizzati da soggetti pubblici, il legislatore ha previsto che il contemperamento fra la tutela della riservatezza dei singoli e le finalità di interesse pubblico perseguite -invece di essere affidato, come accade per i privati, alla possibilità di concedere o rifiutare il consenso da parte dell’interessato- sia delineato anzitutto dallo stesso legislatore, che volta per volta deve individuare l’equilibrio più opportuno.

Questa scelta ha trovato espressione nell’art. 22, commi 3 e 3-bis della citata legge n. 675/96 . Tali disposizioni prevedono infatti che il trattamento da parte di soggetti pubblici di dati quali quelli idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica è consentito solo se autorizzato da espressa disposizione di legge, nella quale siano specificati i dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e le rilevanti finalità di interesse pubblico perseguite.

Nei casi in cui invece è specificata, secondo quanto appena detto, la finalità di rilevante interesse pubblico, ma non sono individuati i tipi di dati e le operazioni eseguibili, i soggetti pubblici sono chiamati ad identificare e rendere pubblici, secondo i rispettivi ordinamenti, i tipi di dati e di operazioni strettamente pertinenti e necessari in relazione alle finalità perseguite nei singoli casi, aggiornando tale identificazione periodicamente.

È dunque sempre necessario che una disposizione normativa (che il Garante ha più volte ricordato dover avere almeno rango regolamentare) regoli specificamente il trattamento realizzato, proprio al fine di garantire un bilanciamento adeguato per il caso di specie.


Il fondamento normativo dei trattamenti realizzati nella provincia di Bolzano
Per quanto attiene ai trattamenti sottoposti all’attenzione di questa Autorità, si deve dapprima ricordare che essi -come correttamente sottolineato nella segnalazione citata- trovano fondamento nello stesso Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, e quindi in una disposizione di rango costituzionale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 - Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige).

Questo, infatti, al fine di garantire una tutela per le diverse componenti linguistiche presenti nella Regione, ha previsto che l’appartenenza ai gruppi italiano, tedesco e ladino venga volta a volta considerata ai fini della formazione degli organi istituzionali, della ripartizione delle risorse della Regione, dell’assunzione presso gli uffici pubblici, ecc. (si vedano gli artt. 15, 30, 36, 49 50, 61, 62, 89, 91, 92, 93 e 100).

Successivamente, tali disposizioni sono state articolate in una serie di norme di attuazione dello statuto speciale contenute in particolari tipi di decreti legislativi, che ne hanno specificato il significato anche per quanto attiene al trattamento dei dati sull’appartenenza ai differenti gruppi linguistici.


Il censimento generale della popolazione
Fra queste, innanzi tutto, il d.P.R. 26 luglio 1976, n. 752 (più volte modificato ed integrato) in materia di proporzione negli uffici statali siti nella provincia di Bolzano e di conoscenza delle due lingue nel pubblico impiego. Esso, all’art. 18, disciplina specificamente la raccolta della dichiarazione individuale di appartenenza ai gruppi linguistici, soffermandosi sulla conformazione dei moduli con cui tale dichiarazione deve essere espressa, nonché sulle modalità con cui devono essere compilati ed inviati ai competenti uffici.

Mentre la copia della dichiarazione inviata all’Ufficio del censimento di Bolzano (comma 2) non sembra rilevare ai fini della protezione dei dati personali, in quanto anonima, ricade invece sotto tale disciplina quella nominativa spedita ai sensi del comma 3.

Con riguardo a quest’ultima, la disposizione in discorso si preoccupa di precisare che il foglio contenente la dichiarazione, sottoscritto dal dichiarante, sia dal medesimo "collocato in apposita busta gialla chiusa nominativa, e trasmesso direttamente dal rilevatore alla pretura circondariale ovvero alla sezione distaccata di pretura". La stessa disposizione stabilisce inoltre che "il cancelliere che conserva il foglio…certifica… l’appartenenza o l’aggregazione al gruppo linguistico soltanto a richiesta del dichiarante, ovvero dell’autorità giudiziaria per esigenze di giustizia". Infine, la medesima norma prevede che "il personale della prefettura è tenuto al segreto d’ufficio" e che "la richiesta di esibizione del certificato o della predetta copia in casi diversi da quelli consentiti dalla legge costituisce fatto penalmente sanzionato ai sensi di legge".

Tali disposizioni, come pure le altre di cui agli articoli 18, 18-bis e 18-ter del d.P.R. n. 752/76 soddisfano i requisiti di specificità di cui al citato art. 22, comma 3 della legge n. 675/96, avendo il legislatore compiuto un bilanciamento sufficientemente puntuale fra i diversi diritti tutelati in relazione alle differenti operazioni menzionate.


Le ulteriori cautele necessarie per la protezione dei dati personali
Quanto appena detto sulla legittimità delle operazioni descritte, non fa venire meno l’obbligo, per le Amministrazioni che trattino tali informazioni, di rispettare i principi sopravvenuti, fissati in linea generale per i trattamenti di dati sensibili realizzati dai soggetti pubblici (si veda il capo I del d.P.R. 11 maggio 1999, n. 135 ).

Le stesse Amministrazioni, per i casi in cui ciò non sia già stato fatto e per quelli in cui non esistano eventuali norme specifiche che dispongano in senso diverso, sono fra l’altro tenute a:

  • informare gli interessati ai sensi dell’art. 10 della legge n. 675/96 , facendo espresso riferimento alla normativa che prevede gli obblighi o i compiti in base alla quale è effettuato il trattamento;
  • trattare i dati sensibili che siano contenuti in elenchi, registri o banche dati tenuti con l’ausilio di mezzi elettronici o comunque automatizzati, con tecniche di cifratura o mediante l’utilizzazione di codici identificativi o di altri sistemi che, considerato il numero e la natura dei dati trattati, permettano di identificare gli interessati solo in caso di necessità;
  • adottare le misure occorrenti per facilitare l’esercizio dei diritti dell’interessato ai sensi dell’art. 13 della legge n. 675/96 ;


Le misure di sicurezza necessarie
Considerazioni analoghe devono essere fatte anche per quanto attiene ai profili della sicurezza. La legge n. 675/96 ha infatti previsto che i dati personali oggetto di trattamento siano custoditi e controllati in modo da ridurre al minimo, mediante l’adozione di idonee e preventive misure di sicurezza, i rischi di distruzione o perdita anche accidentale, dei dati stessi, di accesso non autorizzato o di trattamento non consentito o non conforme alle finalità della raccolta (art. 15 ).

In attuazione del comma 2 dell’art. 15 citato, il d.P.R. 28 luglio 1999, n. 318 ha individuato alcune misure minime di sicurezza -penalmente sanzionate dall’art. 36, l. n. 675/96 - che devono essere puntualmente rispettate da tali Amministrazioni nello svolgimento dei trattamenti sopra indicati, per conformarsi pienamente alle disposizioni dettate in materia di dati personali.


La conservazione dei dati
La legge n. 675/96 prevede altresì fra i suoi principi generali che i dati personali -ed in particolare quelli sensibili- devono essere conservati in una forma che consenta l’identificazione dell’interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti e successivamente trattati (art. 9).

Il citato decreto n. 135/99, con specifico riguardo ai dati come quelli relativi all’origine etnica, dispone che i soggetti pubblici verifichino periodicamente la pertinenza, la completezza la non eccedenza e la necessità delle informazioni raccolte ed utilizzate rispetto alle finalità perseguite nei singoli casi, anche con riferimento ai dati che l’interessato fornisce di propria iniziativa. I dati che, anche a seguito delle verifiche, risultano eccedenti o non pertinenti o non necessari non possono essere utilizzati, salvo che per l’eventuale conservazione, a norma di legge, dell’atto o del documento che li contiene (art. 3).

Alla luce di tali disposizioni, i soggetti pubblici competenti devono valutare per quanto tempo sia necessario ed indispensabile utilizzare i dati raccolti attraverso il censimento dopo che abbia avuto luogo quello successivo, disciplinando di conseguenza i tempi, le modalità e le forme in cui deve avvenire la conservazione dei dati, nonché le garanzie legate all’eventuale conservazione dei documenti in cui i dati sono contenuti.

Ulteriori casi in cui viene richiesta la dichiarazione di appartenenza etnica
Quanto detto vale anche per gli altri profili sollevati "a titolo esemplificativo" nella segnalazione pervenuta all’Autorità e relativi allo svolgimento dei concorsi pubblici, alla pubblicazione delle relative graduatorie, all’uso della lingua in atti amministrativi o introduttivi di un giudizio civile in cui il cittadino sia citato da una pubblica amministrazione, all’arresto in fragranza ed al fermo di polizia, alla presentazione delle candidature ed a tutti gli altri casi in cui viene esibita o richiesta la dichiarazione di appartenenza etnica.

Anche in tali ipotesi, dunque, i trattamenti disciplinati da disposizioni sufficientemente dettagliate sulla base di quanto disposto dall’art. 22, commi 3 e 3-bis della citata legge n. 675/96 , possono essere legittimamente continuati purché si dia integrale applicazione alle cautele di cui al d.P.R. n. 135/99 ed al d.P.R. n.318/99.

Così, quando non vi siano puntuali disposizioni che regolino diversamente la materia, si può ritenere che la conoscenza dell’appartenenza etnica non sia necessaria fin dal momento della presentazione delle domande per la partecipazione ai concorsi pubblici, ma solamente a conclusione degli stessi, quando devono essere formate le graduatorie. Per tale ragione, può essere necessario conoscere a quale gruppo appartengono coloro che completano le procedure concorsuali, in modo da inserirli in graduatoria e consentire i necessari controlli sulla legittimità con cui la stessa è stata formata. Tuttavia, non sembra indispensabile richiedere i certificati di appartenenza di coloro che si siano per qualunque ragione ritirati durante lo svolgimento delle procedure concorsuali. Si potrebbe quindi pensare che sia possibile richiedere il certificato di appartenenza etnica solo a conclusione delle prove o -qualora ciò rischi di rallentare eccessivamente le procedure- anche al momento della domanda, ma in un’apposita busta chiusa nominativa, destinata ad essere distrutta prima di essere aperta per i candidati che, appunto, si siano ritirati prima della conclusione del concorso o che, se anche abbiano completato le stesse, chiedano di non essere inseriti nella graduatoria finale in quanto non risultati vincitori, sulla base dei punteggi ricevuti.

Analogamente, la diffusione dei dati sull’appartenenza etnica attraverso la pubblicazione delle graduatorie dei concorsi, può essere ritenuta legittima solo ove l’appartenenza stessa sia indispensabile per verificare la correttezza con cui è stata formata la graduatoria.

La diffusione dei dati sull’appartenenza ai gruppi linguistici relativi ai candidati alle elezioni regionali, provinciali e comunali appare invece necessaria al fine di consentire ai cittadini di esprimere consapevolmente e liberamente il proprio voto, in conformità a quanto previsto dall’art. 48 della Costituzione, ogniqualvolta l’appartenenza medesima abbia rilievo nella composizione degli organi elettivi.

Sotto altro profilo, nel diverso contesto dell’attività giudiziaria, va ricordato come nelle ipotesi di arresto in flagranza o di fermo di polizia, la previsione che l’autorità giudiziaria o l’organo di polizia, prima di procedere all’interrogatorio o ad altri atti processuali, sono tenuti a chiedere all’arrestato o al fermato quale sia la sua "lingua materna" (art. 14, comma 1, d.P.R. n. 574/1988), appare in sintonia con le norme sulla protezione dei dati ove tale espressione si intenda nel senso di "lingua che la persona conosce meglio" e non di "lingua della sua famiglia" (legata all’origine etnica). Ciò, anche perché la garanzia per l’imputato o il fermato sottesa a tale disposizione viene infatti soddisfatta solo se tali soggetti sono sentiti nella lingua che conoscono meglio, la quale potrebbe in taluni casi non coincidere con quella della propria famiglia.

In un quadro ancora diverso si colloca, infine, la disposizione in base alla quale le assunzioni di personale nelle società, negli enti pubblici economici o negli enti comunque denominati o strutturati che abbiano assunto o assumano funzioni delle disciolte aziende delle Poste e telecomunicazioni o delle Ferrovie dello Stato vengono realizzate nel rispetto delle quote proporzionali di ciascuno dei gruppi linguistici italiano, tedesco e ladino, in rapporto all’ultimo censimento ufficiale della popolazione (art. 32-bis del d.P.R. n. 752/76, aggiunto dall’art. 1 del d.lgs. 9 settembre 1997, n. 354).


I vincoli posti dai principi di stretta necessità ed indispensabilità
Si deve invece ribadire la non conformità alla normativa sui dati personali di tutti i trattamenti di informazioni sull’origine etnica eventualmente svolti dalle Amministrazioni pubbliche esclusivamente in via di prassi e che non siano previsti da una disciplina dettagliata ai sensi dell’art. 22, commi 3 e 3-bis della legge n. 675/96 , come pure da particolari soggetti privati diversi da quelli prima richiamati.

Per tale ragione, le Amministrazioni competenti dovranno vagliare caso per caso l’effettiva indispensabilità di utilizzare i dati sull’appartenenza ai gruppi linguistici, evitando che il loro trattamento venga effettuato anche in operazioni connesse con quelle disciplinate normativamente, ma non strettamente necessarie per il perseguimento delle finalità verso cui i trattamenti sono diretti (come la formazione di banche dati non contemplate da particolari disposizioni, le quali si limitino invece a prevedere specifiche forme di conservazione dei dati). Questo, anche in considerazione del carattere di specialità delle disposizioni prima richiamate, che non consente un’interpretazione analogica o estensiva delle stesse.

Inoltre, tenuto conto della necessità di dare sempre applicazione al principio di stretta necessità, posto alla base del medesimo d.P.R. n. 135/99, nonché di verificarne il rispetto nel tempo il legislatore (o il soggetto competente ad emanare i necessari atti regolamentari) potranno valutare l’opportunità di riconsiderare i bilanciamenti realizzati in passato fra il diritto alla riservatezza e le finalità di rilevante interesse pubblico perseguite, al fine di dare una più ampia protezione ai dati personali.

Ciò, soprattutto in considerazione del fatto che le disposizioni in base alle quali oggi vengono svolti i trattamenti sopra richiamati, risalgono ad un momento antecedente rispetto all’approvazione della legge n. 675/96, la quale -dando attuazione ad un preciso disposto della direttiva n. 95/46/CE- ha introdotto una serie di principi diretti a garantire una maggiore tutela della riservatezza.

Anche in considerazione della molteplicità di questioni poste dalla segnalazione in epigrafe, il Garante si riserva di far pervenire ai soggetti interessati ulteriori elementi di valutazione, una volta assunte le necessarie informazioni sulle modalità con cui concretamente si procede al trattamento dei dati relativi all’appartenenza ai gruppi linguistici.

Questa Autorità resta sempre disponibile a fornire ogni ulteriore chiarimento che dovesse essere ritenuto necessario, anche in occasione delle consultazioni previste dall’art. 31, comma 2 della legge n. 675/96 .

Roma, 6 febbraio 2001

IL PRESIDENTE
Rodotà

IL RELATORE
De Siervo

IL SEGRETARIO GENERALE
Buttarelli