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Provvedimento del 24 novembre 2016 [5905700]

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[doc. web n. 5905700]

Provvedimento del 24 novembre 2016

Registro dei provvedimenti
n. 496 del 24 novembre 2016

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano e della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale;

VISTO il ricorso pervenuto a questa Autorità il 15 luglio 2016 nei confronti di Google Inc. e Google Italy con il quale XY, rappresentato e difeso dall´avv. Stefano Orlandi, ribadendo le istanze già avanzate a Google ai sensi dell´art. 7 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 "Codice in materia di protezione dei dati personali" (di seguito "Codice"), ha chiesto:

- la rimozione dei seguenti link:

• http://...;

• http://...;

- nonché dei relativi snippet;

- la rimozione, nell´ambito dei suggerimenti resi disponibili all´interno della stringa di ricerca attraverso l´utilizzo della funzione di completamento automatico (cd.autocomplete), dell´associazione tra il nome del ricorrente ed il termine "minacce";

- la liquidazione in proprio favore delle spese sostenute per il procedimento;

CONSIDERATO che il ricorrente ha rappresentato:

- di essere amministratore delegato di KW S.p.A. società che si occupa della gestione di parcheggi e gestore di numerosi parcheggi pubblici siti nella città di Genova, presso i quali "KW si è contrattualmente impegnata, pena gravi conseguenze economiche in caso di inadempimento, a svolgere con la presenza di appositi operatori, il controllo della sosta, al fine di prevenire e sanzionare l´evasione tariffaria";

- che in data 27 aprile 2012, il quotidiano genovese "Il Secolo XIX" pubblicava, anche nella versione on line del giornale, un articolo dal titolo "XX" nel quale era riportata la notizia di indagini giudiziarie in corso nei confronti di manager della società KW, tra i quali veniva citato anche il nome del ricorrente, per "presunte denunce sporte nei confronti di KW per i reati di estorsione, usura  e truffa", commessi attraverso elevate richieste di denaro rivolte a coloro che superavano, anche solo di pochi minuti, l´orario di sosta indicato sul tagliando esposto all´interno dell´automobile;

- che un ulteriore articolo, pubblicato il 16 luglio 2012 dalla medesima testata giornalistica, con il titolo "YY", riferiva di minacce di stampo anarchico indirizzate al ricorrente attraverso il recapito di un biglietto anonimo, riportando anche "come certe alcune notizie, invece, false", riguardanti specifiche indagini nei confronti degli autori di tale biglietto, nonché l´assegnazione di una scorta armata per il ricorrente;

- di avere intrapreso nei confronti dell´editore della testata giornalistica citata, sulla base della ritenuta natura diffamatoria delle informazioni diffuse, un´azione giudiziaria, tuttora pendente, finalizzata all´accertamento della falsità dei contenuti contestati ed alla contestuale rimozione dei relativi articoli, nonché alla conseguente richiesta di risarcimento dei danni subiti per effetto della pubblicazione degli stessi;

- di aver ritenuto di avanzare, anche nei confronti di Google, un´analoga richiesta di rimozione del collegamento ai predetti articoli, resi disponibili dal motore di ricerca in associazione al proprio nome e cognome, reputando carenti, nel caso di specie, sia il presupposto dell´interesse pubblico alla reperibilità dell´informazione – tenuto conto del fatto che non vi è stato alcun accertamento dell´autorità giudiziaria in ordine alla sussistenza dei supposti reati e che, pertanto, le notizie riportate costituiscono "gravi illazioni e suggestioni gratuite da parte degli autori degli articoli, della cui portata diffamatoria il [….] ricorrente è casomai vittima" – che quello del ruolo pubblico dell´interessato che, nella vicenda narrata, ricopriva invece un profilo professionale privo del requisito di pubblicità;

- che nel corpo degli abstract correlati a scopo descrittivo ai link connessi al contenuto degli articoli (cd. snippet) risulta essere stato messo in risalto proprio il nome del ricorrente "provocando così nei suoi confronti una ulteriore pregiudizievole dinamica di compressione della propria dignità personale";

- che tale effetto pregiudizievole della sua reputazione personale e professionale   deriverebbe altresì dalla presenza, tra i suggerimenti proposti dalla funzione di completamento automatico resa disponibile da Google in correlazione alla digitazione del suo nome completo ed ancor prima dell´avvenuta conferma del comando, del termine "minacce" – associazione idonea come tale ad ingenerare nell´utente il sospetto di attività non lecite poste in essere dal medesimo – precisando come in passato la resistente, con riguardo ad una diversa associazione reputata parimenti lesiva dei suoi diritti, abbia già provveduto ad accogliere analoga richiesta;

VISTI gli ulteriori atti d´ufficio e, segnatamente: a) la nota del 25 luglio 2016 con la quale questa Autorità, ai sensi dell´art. 149, comma 1, del Codice, ha invitato il titolare del trattamento a fornire riscontro alle richieste dell´interessato; b) il verbale dell´audizione svoltasi presso gli Uffici del Garante il 7 settembre 2016, c) la nota datata 24 ottobre 2016 con cui è stata disposta, ai sensi dell´art. 149, comma 7, del medesimo Codice, la proroga del termine per la decisione sul ricorso;

VISTE le note del 3 e 25 agosto 2016 con le quali Google, rappresentata e difesa dagli avv.ti Marco Berliri e Massimiliano Masnada, nel comunicare la decisione di non rimuovere gli URL indicati nel ricorso, ha rappresentato:

- che le richieste avanzate dal ricorrente, essendo dirette all´eliminazione integrale dalla rete internet di informazioni asseritamente diffamatorie o giornalisticamente non verificate, risultano incompatibili con quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell´Unione Europea del 13 maggio 2014 c-131/12 (c.d.: "sentenza Costeja") e analogamente interpretato dal WP 29 – Gruppo di lavoro articolo 29 per la protezione dei dati personali nelle "Linee Guida" del 26 novembre 2014;

- che il diritto all´onore e alla reputazione è esercitabile esclusivamente nei confronti dell´autore e/o dell´editore delle pubblicazioni, soggetti responsabili rispetto agli stessi contenuti, nei confronti dei quali, nel caso specifico, peraltro, il ricorrente ha già instaurato un procedimento avanti il Tribunale di Genova, pertanto esercitare tale azione nei confronti di Google -che non ha alcun ruolo o controllo rispetto al materiale contestato- risulta "essere in evidente contrasto con le norme dell´ordinamento – e in spregio alla circostanza che le domande di rimozione fondate sulla natura asseritamente falsa e diffamatoria degli articolo contestati sono attualmente al vaglio della magistratura ordinaria";

- di non avere alcun obbligo a rimuovere i risultati sulla base di un asserito carattere diffamatorio di contenuti pubblicati non essendo intervenuto alcun provvedimento in tal senso dell´autorità giudiziaria, ivi compresa quella alla cui attenzione è attualmente sottoposto il vaglio della questione;

- che, con specifico riguardo alla richiesta di rimozione degli snippet, la relativa istanza non possa trovare accoglimento, costituendo gli stessi "un dato oggettivo elaborato automaticamente da un algoritmo sulla base di contenuti della pagina web inclusa tra i risultati di ricerca più pertinenti alla domanda (….) dell´utente" e "la cui liceità, anche dal punto di vista del trattamento dei dati personali, è integralmente dipendente dalla liceità degli URL ad essi associati";

- l´inammissibilità della distinta richiesta di rimozione dei suggerimenti di ricerca visualizzati nella tendina a comparsa di "Google Autocomplete", posto che essa riporta i termini che gli utenti associano più frequentemente alle prime parole chiave digitate nella stringa dall´utente, sono, pertanto, il risultato di un software automatico che sceglie i termini maggiormente ricercati dagli utenti, in un arco di tempo determinato, insieme alle prime parole chiave digitate nella stringa di ricerca e non riflette in alcun modo una scelta discrezionale di Google;

- che, in ogni caso, la domanda di rimozione avanzata dal ricorrente non potrebbe essere  neppure considerata in applicazione dei criteri indicati nelle sentenza Costeja in quanto, riferendosi ad articoli risalenti ai mesi di aprile e luglio 2012, mancherebbe dell´elemento temporale tenuto conto del fatto che, in assenza di un rilevante numero di anni tra la pubblicazione della notizia contestata e la richiesta di deindicizzazione, non può legittimamente invocarsi l´esercizio del diritto all´oblio;

- che, nel caso di specie, sussisterebbe altresì il requisito del ruolo pubblico ricoperto dall´interessato che infatti, come esso stesso si definisce, è "uno dei più importanti imprenditori a livello nazionale in un settore dalla spiccata natura pubblica" e che uno dei due articoli riferisce di ipotesi di reato connesse allo svolgimento di tale specifico ruolo;

VISTO il verbale di audizione delle Parti sottoscritto presso gli uffici del Garante il 7 settembre 2016, con il quale:

- il ricorrente ha affermato la necessità di tenere conto oltre che del fattore tempo anche del contesto della vicenda, nonché del ruolo pubblico ricoperto dal ricorrente  che non può inibire di per sé l´accoglimento della richiesta dallo stesso avanzata;

- la società resistente, richiamando integralmente le proprie memorie, ha ribadito di ritenere non sussistente l´esercizio del diritto all´oblio nel caso di specie, "in quanto il rapporto tra il trascorrere del tempo e il ruolo ricoperto dall´interessato nella vita pubblica porta ad un oggettivo interesse alla pubblicità della notizia";

VISTE le memorie del 19 settembre e 18 ottobre 2016, con le quali il ricorrente nel ribadire le proprie richieste, ha, altresì, rappresentato che:

- i fatti in oggetto non hanno alcun tipo di riscontro con la realtà, in quanto mai nessuna indagine è stata attivata nei suoi confronti né risulta essere mai stato coinvolto in nessun "grave reato";

- il mero fattore del tempo di per sé non è, e non può essere, l´unico elemento decisivo per valutare i presupposti dell´oblio, ma richiede la necessaria combinazione con ulteriori elementi, quali "ad esempio, la non veridicità dell´informazione o l´irrilevanza acquisita dalla stessa";

- la sentenza Costeja "costituisce l´inizio, e non la deadline del diritto all´oblio", pertanto si contesta la tesi della resistente secondo la quale non trova applicazione la citata sentenza alla richiesta di rimozione degli snippet e dell´Autocomplete, in quanto "il fatto che non si occupi, nel caso di specie, di snippet, di Autocomplete così come di mille ulteriori profili […] in nessun modo può impedire la valutazione degli stessi in un giudizio in materia di diritto all´oblio";

VISTA la memoria del 14 ottobre 2016 con la quale Google ha ribadito quanto già in precedenza comunicato, precisando che:

- le richieste avanzate con il presente ricorso si collocano al di fuori dell´ambito di applicazione della sentenza Costeja in quanto mirano a configurare "il diritto all´oblio come una sorta di "diritto di cancellazione" ad nutum dei propri dati personali […] equiparando sostanzialmente la figura del motore di ricerca a quella del quotidiano online o comunque del webmaster che ha pubblicato l´articolo indicizzato";

- i confini dell´esercitabilità di tale diritto, con riguardo alle istanze avanzate direttamente nei confronti del motori di ricerca, sono in ogni caso legati alla sussistenza di specifici presupposti da valutarsi in modo rigoroso anche alla luce dell´interpretazione fornita dal Gruppo di lavoro art. 29 per la protezione dei dati personali attraverso l´adozione delle Linee Guida, presupposti che, nel caso in esame, non si reputano integrati;

- gli snippet "non sono il risultato di un trattamento di dati personali autonomo o ulteriore rispetto a quello che il motore di ricerca compie", pertanto gli stessi seguono "in tutto e per tutto il "destino" de[i] relativ[i] risultat[i] di ricerca, di cui [sono] parte integrante" in quanto "una volta deindicizzato l´uno, scompare anche l´altro";

-  con riferimento ad "autocomplete":

• "si tratta di una funzione diversa dal servizio Google Web Search anche se ad esso correlata, in quanto frutto di un algoritmo che analizza e restituisce, in modo statistico, i termini maggiormente ricercati da tutti gli utenti con le iniziali delle parole digitate nella stringa di ricerca", funzione rispetto alla quale non risulta applicabile il diritto all´oblio così come delineato nella sentenza Costeja;

• non può attribuirsi di contro rilievo, a tal fine, al fatto, evidenziato dall´interessato, che Google abbia già rimosso in passato un´associazione, diversa da quella lamentata con l´odierno ricorso, tra il nome del medesimo ed un diverso termine reputato lesivo, in quanto tale operazione, rispetto alla quale non sussiste peraltro alcun obbligo in capo alla resistente, è stata effettuata non in virtù dei criteri che governano l´applicazione del diritto all´oblio, ma in base alle policy interne adottate dalla società per la rimozione di contenuti inappropriati;

VISTA la nota inviata da Google il 18 novembre 2016, con la quale la società resistente ha rappresentato che da una verifica effettuata è emerso che i due URL oggetto del ricorso non risultano, allo stato, indicizzati, precisando che ciò è avvenuto "senza, tuttavia, che vi sia stato alcun intervento da parte di Google";

CONSIDERATO, preliminarmente, con riguardo alle istanze di rimozione degli URL connessi agli articoli contestati dal ricorrente, nonché dei relativi snippet, che le stesse, in quanto riferite a risultati rinvenibili in rete, in associazione al nome e cognome dell´interessato, possono essere avanzate nei confronti di Google in applicazione del diritto all´oblio, così come delineato dalla sentenza Costeja e dalle Linee Guida del Gruppo di lavoro art. 29 per la protezione dei dati personali;

RILEVATO che il ricorrente ha espressamente precisato nel ricorso e nella successiva nota in data 20 ottobre 2016 di ritenere necessario per la tutela dei propri interessi il richiesto intervento nei confronti del predetto motore di ricerca, titolare di un trattamento di dati personali completamente autonomo rispetto a quello effettuato dal sito sorgente;

PRESO ATTO, tuttavia, che il contenuto degli articoli contestati dall´interessato, secondo quanto potuto constatare a seguito di una verifica condotta dall´Ufficio e confermata anche da Google con nota del 18 novembre 2016, risulta essere stato rimosso dal sito sorgente, circostanza dalla quale consegue che gli URL collegati agli stessi articoli, allo stato attuale, non appaiono più indicizzati attraverso il motore di ricerca gestito dalla resistente, determinando in tal modo il venir meno dell´oggetto della domanda;

RITENUTO, pertanto, alla luce di quanto sopra esposto, di dover dichiarare ai sensi dell´art. 149, comma 2, del Codice, non luogo a provvedere sul ricorso, non risultando comunque più indicizzati gli URL indicati dal ricorrente;

RITENUTO che, per quanto concerne la   richiesta   volta   ad   ottenere   la   rimozione dell´associazione  tra  il  nome  dell´interessato  ed  il  termine  "minacce"  resa  disponibile attraverso l´utilizzo dell´"autocomplete", la predetta associazione risulta pregiudizievole  per l´interessato in quanto effettuata mediante l´utilizzo di una  parola  idonea ad ingenerare nell´utente della rete il sospetto che il ricorrente sia stato comunque coinvolto in attività illecite, tenuto anche conto dell´avvenuta rimozione del contenuto  dal  quale  la  medesima  è  stata  probabilmente   originata (ovvero  il  secondo  degli articoli contestati dal ricorrente) e della conseguente impossibilità per l´utente di verificare la reale consistenza della predetta associazione;

RITENUTO, per i motivi sopra esposti, di dovere parzialmente accogliere il ricorso e, per l´effetto, di dover ordinare a Google, ai sensi dell´art. 150, comma 2, del Codice, di rimuovere, nell´ambito della funzione di completamento automatico gestita dalla medesima (cd. autocomplete), l´associazione tra il nome dell´interessato ed il termine "minacce", entro venti giorni dall´avvenuta ricezione del presente provvedimento;

VISTE le decisioni dell´Autorità del 15 gennaio e del 19 ottobre 2005 sulla misura forfettaria delle spese e dei diritti per i ricorsi e ritenuto congruo, nel caso di specie, quantificare detto importo nella misura di euro 500,00, da addebitarsi per euro 200,00 a carico di Google in ragione del parziale accoglimento del ricorso, compensando la restante parte, per giusti motivi e, in particolare, in considerazione della specificità della vicenda;

VISTI gli artt. 145 e ss. del Codice;

VISTE le osservazioni dell´Ufficio formulate dal segretario generale ai sensi dell´art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la dott.ssa Augusta Iannini;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a. accoglie parzialmente il ricorso e per l´effetto, ordina a Google, ai sensi dell´art. 150, comma 2, del Codice, di rimuovere, nell´ambito della funzione di completamento automatico gestita dalla medesima (cd. autocomplete), l´associazione tra il nome dell´interessato ed il termine "minacce", entro venti giorni dall´avvenuta ricezione del presente provvedimento;

b. dichiara non luogo a provvedere in ordine alle restanti richieste;

c. determina l´ammontare delle spese del presente procedimento nella misura forfettaria di euro 500,00, da addebitarsi per euro 200,00 a carico di Google che dovrà corrisponderli direttamente al ricorrente, in considerazione degli adempimenti connessi alla presentazione del ricorso, compensando la restante parte per giusti motivi e, in particolare, in ragione della specificità della vicenda.

Il Garante, nel chiedere a Google, ai sensi dell´art. 157 del Codice, di comunicare quali iniziative siano state intraprese al fine di dare attuazione al presente provvedimento e di fornire comunque riscontro entro quaranta giorni dalla ricezione dello stesso, ricorda che l´inosservanza di provvedimenti del Garante adottati in sede di decisione dei ricorsi è punita ai sensi dell´art. 170 del Codice. Si ricorda che il mancato riscontro alla richiesta ex art. 157 è punito con la sanzione amministrativa di cui all´art. 164 del Codice.

Ai sensi degli artt. 152 del Codice e 10 d.lgs. n. 150 del 2011, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all´autorità giudiziaria, con ricorso depositato al tribunale ordinario del luogo ove ha la residenza il titolare del trattamento dei dati, entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso, ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all´estero.

Roma, 24 novembre 2016

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Iannini

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia