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Provvedimento del 24 gennaio 2019 [9084492]

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[doc. web n. 9084492]

Provvedimento del 24 gennaio 2019

Registro dei provvedimenti
n. 15 del 24 gennaio 2019

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla presenza del dott. Antonello Soro, presidente, della dott.ssa Augusta Iannini, vicepresidente, della prof.ssa Licia Califano, della dott.ssa Giovanna Bianchi Clerici, componenti e del dott. Giuseppe Busia, segretario generale.

VISTO il  Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, "Regolamento"); 

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito "Codice");

VISTO il reclamo presentato al Garante in data 13 aprile 2018 dall'avv. XX, nei confronti di Mediaset R.T.I. s.p.a  e Google LLC, con il quale l'interessato ha chiesto che venga «ordinata la cancellazione del [suo] nome e cognome da tutti i data base residenti in Internet, oltreché della figura e delle parole» riferibili ad un filmato realizzato da "Le Iene" dal titolo "XX" (avente ad oggetto un'inchiesta giornalistica relativa all'attività professionale da lui svolta nei confronti di alcuni migranti presenti nei pressi della Stazione Termini), andato in onda il XX 2018 e reperibile  ̶  alla data di presentazione del reclamo  ̶  anche nel sito web della trasmissione televisiva e nei profili Facebook e Instagram ad essa riconducibili;

CONSIDERATO, in particolare, che l'interessato, nel predetto reclamo, ha rappresentato che:

per le riprese sono state utilizzate telecamere a insaputa sua e dei suoi clienti e che le immagini sono state diffuse con il volto in chiaro di questi ultimi;

il servizio contiene epiteti offensivi nei suoi riguardi e affermazioni calunniose, destituite di ogni fondamento, la cui diffusione, oltre ad averlo esposto a «innumerevoli offese ed ingiurie e minacce», «da tutta Italia e tramite i social media», ha violato gli artt. 2 e ss. del Codice, i quali «prevedono che il trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell'interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, alla identità personale ed al diritto alla protezione dei dati personali»;

il servizio, oltre ad aver prodotto una grave lesione della propria reputazione personale professionale, ha causato pregiudizio anche ai suoi clienti, in spregio a specifiche regole deontologiche a tutela degli stranieri;

una richiesta di cancellazione dei dati personali è stata inviata al gestore del motore di ricerca "Google" il quale ha risposto negativamente;

VISTA la memoria integrativa presentata in data 3 luglio 2018 con la quale il reclamante, tramite il proprio legale, Angelo Farruggia, (che, nelle more dell'istruttoria, ne ha assunto la difesa), richiamandosi integralmente a quanto esposto nell'atto introduttivo del 13 aprile, ha precisato le proprie istanze, chiedendo la rimozione, anche mediante deindicizzazione di tutte le immagini e didascalie e commenti riportanti il cognome "XX" ottenuti dai risultati delle ricerche ottenute attraverso l'utilizzo di parole chiave ("XX Iene", "XX Iene", "XX", "XX") ed ha ulteriormente rappresentato:

- di essere stato descritto nel servizio, in sostanza, come un "truffatore", un "Pirata" (che "fa soldi sulla pelle dei disperati vendendo permessi di soggiorno alla sua bancarella alla stazione" e "speranze a poveri migranti che non avranno mai il permesso di soggiorno"), che svolge una prestazione che potrebbe essere resa gratuitamente; ricostruzione non corrispondente al vero, trattandosi di attività stragiudiziale di consulenza, «non coperta, per come si sostiene nel servizio, dal Patrocinio a spese dello Stato» e per la quale, peraltro, ha raggiunto risultati significativi documentabili;

- di aver diffidato, in data 30 aprile 2018 « l'emittente televisiva, nonché la redazione delle "Iene" e l'inviato XX, oltre a risarcire i danni, a voler rimuovere immediatamente il servizio dal sito e dai profili social della Redazione e dell'inviato XX»;

- che, dopo la diffida, sia Mediaset, sia l'inviato de "Le Iene" hanno rimosso il servizio televisivo e le relative didascalie e commenti «da ogni sito internet o social network di proprietà o comunque riconducibile alla Società Mediaset»;

- che, analogamente, molti proprietari o gestori di siti web e di profili social hanno rimosso il servizio e i relativi commenti;

- che, ciò nonostante, i riferimenti al contenuto del servizio televisivo e i relativi commenti sono rimasti consultabili su altri siti quali risultati della ricerca su Google attraverso l'utilizzo di parole-chiave quale "XX Iene", "XX", "XX ";

- che il video, così come diffuso da "Le Iene" risultava ancora visionabile solo su un URL https://.. e di averne richiesto la rimozione a YouTube, senza successo;

- che l'assenza, in capo ai proprietari e/o gestori di siti web e profili social, di un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano o di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite, secondo quanto previsto dall'art. 17  del d.lgs. 9 aprile 3003, n.70, «opera solo se ai sensi dell'art. 15, comma 1, lett. e) [il prestatore] agisca prontamente per rimuovere le informazioni che ha memorizzato, o per disabilitare l'accesso, non appena venga effettivamente a conoscenza del fatto che le informazioni sono state rimosse dal luogo dove si trovavano inizialmente sulla rete o che l'accesso alle informazioni è stato disabilitato oppure che un organo giurisdizionale o un' autorità amministrativa ne ha disposto la rimozione o la disabilitazione»;

- che «il permanere "dell'immagine fotografica non pixellata" e l'indicazione del cognome "Avv. XX", quindi di dati che ne consentono l'identificazione personale», oltre a determinare devastanti ed irreparabili conseguenze sull'onore e la reputazione personale e professionale, lo hanno esposto ad atti di ritorsione (come comprovati da documentazione allegata);

VISTA la successiva comunicazione del 5 settembre con la quale sono stati specificamente indicati gli URL, oltre a quello sopra indicato, oggetto di reclamo:

1.    https://... ; 

2.    https://...

3.    http://...

4.    https://...

5.    http://...

6.    https://...;

VISTA la nota del 12 settembre 2018 con la quale questa Autorità ha invitato Google, in qualità di titolare del trattamento, a fornire riscontro alle richieste del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad esse;

VISTA la nota del 27 settembre 2018 con la quale Google Italy e Google LLC , rappresentate e difese dagli avv.ti Marco Berliri, Massimiliano Masnada e Alberto Bellan, non hanno ritenuto sussistenti i presupposti per poter accogliere le istanze dell'interessato, eccependo, in via principale:

- l'inammissibilità del reclamo in quanto volto unicamente alla tutela dell'onore e della reputazione del reclamante, «beni della vita diversi dalla tutela dei dati personali che segnano il limite della giurisdizione» del Garante, conformemente a quanto specificato nelle "Linee Guida" adottate in merito dal Gruppo Articolo 29 in data 26 novembre 2014;
e, in subordine:

- l'inammissibilità e infondatezza della richiesta di deindicizzazione degli URL contestati per chiavi di ricerca diverse dal nome del reclamante, alla luce di quanto stabilito dalla Corte di Giustizia dell'Unione europea del 13 maggio 2014, C-131/12 (c.d. sentenza "Costeja") e successivamente precisato nelle citate "Linee Guida";

- il non luogo a provvedere rispetto all'URL https://... «non attualmente visualizzato nei risultati del motore di ricerca restituiti a fronte di ricerche effettuate digitando il nome del reclamante»;

- l'infondatezza del reclamo, non potendosi configurare il ricorrere del c.d. "diritto all'oblio" per l'interessato in ragione:

a) dell'insussistenza del requisito del trascorrere del tempo in quanto i contenuti contestati risalgono al 2018;

b) del suo ruolo pubblico, tenuto conto di quanto precisato nelle citate "Linee Guida" che menziona i professionisti (iscritti agli albi) quali soggetti che possono assumere tale qualifica, le informazioni sui quali possono essere rilevanti per il pubblico al fine di «proteggerlo da comportamenti pubblici o professionali impropri»;

c) dell'attinenza delle notizie all'attività di avvocato esercitata dal reclamante, avendo le stesse ad oggetto asserite condotte professionali improprie di quest'ultimo;

VISTA la nota del 9 ottobre 2018 con cui il reclamante, nel contestare quanto rappresentato dalla resistente, ha ribadito le proprie istanze, allegando ulteriore documentazione volta a sostenere l'asserita falsità delle notizie.

CONSIDERATO preliminarmente, con riguardo alla decisione da assumere nel caso di specie, che:

il trattamento effettuato da Google LLC, nella circostanza incide in modo sostanziale sugli interessati unicamente nel territorio italiano (art. 56, par. 2, del Regolamento);

pertanto in applicazione dell'art. 55, par. 1, del medesimo Regolamento, può ritenersi sussistente la competenza in capo al Garante del potere di trattare i reclami proposti nei confronti della società resistente in quanto stabilita all'interno del territorio italiano tramite Google Italy, secondo i principi fissati dalla citata sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea del 13 maggio 2014; 

RITENUTO che la richiesta di deindicizzazione avanzata dall'interessato debba essere presa in esame con riferimento a tutti gli URL indicati nell'atto di reclamo in quanto reperibili attraverso una ricerca effettuata "a partire dal nome", secondo quanto indicato nella sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione europea sopra menzionata e precisato nelle "Linee Guida" del Gruppo Articolo 29 (v. Parte I, lett. C), punto 21, e dunque da intendersi come inclusiva anche di ulteriori termini di specificazione (cfr. provvedimento del Garante 5 giugno 2017, n. 277, doc. web n. 6692214);

RILEVATO che, tra i risultati della ricerca effettuata a partire dal cognome del reclamante, l'URL https://..., contrariamente a quanto asserito da Google, rimanda al video realizzato da "Le Iene";

RITENUTO che non sussistono elementi che consentano di accogliere l'istanza avanzata dal reclamante, ove si consideri che:

- l'URL sopra indicata, nonché gli URL evidenziati in premessa con i nn. 1), 2), 3) e 5) risultano collegati a un filmato di inchiesta giornalistica, andato in onda il XX 2018, quindi non è decorso un termine congruo che possa giustificare l'invocazione del c.d. diritto all'oblio;

- la professione di avvocato, attualmente esercitata dal reclamante, assume rilievo ai fini dell´interesse pubblico alla conoscibilità della notizia in questione, stante il ruolo nella vita pubblica dallo stesso svolto, e ciò allo scopo di tutelare il pubblico da eventuali condotte professionali improprie (cfr. punto 2 delle "Linee Guida" citate che, tra i soggetti che ricoprono tale ruolo hanno indicato, a titolo esemplificativo, anche "professionisti (eventualmente iscritti in albi"));

- dalla documentazione agli atti non emergono sufficienti elementi a comprovare pienamente evidenti inesattezze, in termini di circostanze oggettive, nel servizio giornalistico in questione;

RITENUTO dunque, per i motivi sopra esposti, che non risultano ricorrere gli estremi per l´applicazione del c.d. "diritto all´oblio" secondo i parametri indicati dalla Corte di Giustizia dell´Unione europea nella citata sentenza del 13 maggio 2014, C-131/12, come ulteriormente precisati nelle richiamate "Linee Guida" adottate dal Gruppo Articolo 29, e che, pertanto, la richiesta di rimuovere gli URL sopraindicati quali risultati di una ricerca effettuata in associazione al cognome dell'interessato debba essere dichiarata infondata;

PRENDE ATTO - oltre a quanto dichiarato dal reclamante in ordine alla circostanza che sia Mediaset R.T.I. s.p.a., sia l'inviato de "Le Iene" hanno rimosso il servizio televisivo e le relative didascalie e commenti «da ogni sito internet o social network di proprietà o comunque riconducibile alla Società Mediaset» - che i contenuti riconducibili agli URL nn. 4) e 6), come indicati in premessa, risultano rimossi;

RILEVATO che resta impregiudicata la facoltà per il reclamante di adire la competente autorità giudiziaria al fine di tutelare i propri diritti con riferimento a condotte ritenute diffamatorie o altrimenti lesive di diritti della personalità (profili in ordine ai quali questa Autorità non ha competenza);

VISTA la documentazione in atti.

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell'art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE il dott. Antonello Soro;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE:

a) ai sensi dell'art. 57, par. 1, lett. f), del Regolamento, prende atto, di quanto dichiarato dal reclamante in ordine alla circostanza che Mediaset R.T.I. s.p.a. ha rimosso il servizio televisivo e le relative didascalie e commenti da ogni sito internet o social network ad essa riconducibile e che gli URL, indicati in premessa con i nn. 4) e 6), risultano rimossi; pertanto, questa Autorità non ritiene, nel caso di specie, che ci siano gli estremi per l'adozione di ulteriori provvedimenti;

b) ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, dichiara il reclamo infondato con riguardo alla richiesta di rimozione dell'URL https://..., nonché degli URL individuati in premessa con i numeri 1), 2), 3), 5).

Ai sensi dell'art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lg. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all'autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all'estero.

Roma, 24 gennaio 2019 

IL PRESIDENTE
Soro

IL RELATORE
Soro

IL SEGRETARIO GENERALE
Busia