g-docweb-display Portlet

Provvedimento del 29 settembre 2021 [9713752]

Stampa Stampa Stampa
PDF Trasforma contenuto in PDF

[doc. web n. 9713752]

Provvedimento del 29 settembre 2021

Registro dei provvedimenti
n. 356 del 29 settembre 2021

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, il dott. Agostino Ghiglia e l’avv. Guido Scorza, componenti, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 (di seguito, “Regolamento”);

VISTO il Codice in materia di protezione dei dati personali, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento nazionale al Regolamento (UE) 2016/679 (d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101, di seguito “Codice”);

VISTO il reclamo presentato al Garante ai sensi dell’art. 77 del Regolamento, in data 19 maggio 2021 dal sig. XX nei confronti di Google LLC con il quale il reclamante ha chiesto la rimozione dai risultati di ricerca reperibili in associazione al proprio nome e cognome di 2 Url rinvianti a notizie di agenzie di stampa del febbraio 2007 circa il procedimento penale per truffa e peculato al quale l’interessato, quale presidente dell’associazione XX, è stato sottoposto per avere presentato delle fatture false agli ospedali ai quali forniva servizi di gestione delle postazioni 118 e servizi di assistenza e trasporto malati;

CONSIDERATO che il reclamante ha sostenuto che:

la vicenda esposta richiama un fatto avvenuto 15 anni fa, dal quale è derivato un procedimento giudiziario conclusosi, mediante provvedimento di indulto il 1°giugno 2009;

dalla data della pubblicazione dei due articoli è possibile evincere che questi ultimi abbiano soddisfatto ampiamente l’attività di cronaca giornalistica;

il permanere della notizia in rete, a maggior ragione considerato che gli URL in questione risultano tra i primi link nella ricerca tramite Google in cui si digiti il nome del reclamante, sta causando gravi danni alla sua sfera personale e professionale, e non sussistono, ai fini della persistenza in rete della notizia, gli estremi richiamati dalla disciplina, poiché non esiste alcun dibattito pubblico inerente la stessa, né sussiste l’interesse attuale alla sua diffusione;

la notizia riportata deve essere valutata attraverso il giusto bilanciamento tra il diritto all’informazione e il diritto alla riservatezza (artt. 2, 3 e 13 Cost.) e, come affermato dalla Corte di Cassazione, ognuno “ha diritto che una notizia, a sé relativa, pur legittimamente diffusa, non resti esposta a tempo indeterminato alla possibilità di nuova divulgazione” (sez. III Ord. 5/11/2018, n. 28084);

Google ha negato una analoga richiesta di deindicizzazione avente ad oggetto gli Url poi contestati con il reclamo;

occorra rimuovere gli URL in questione sussistendo i presupposti del diritto all’oblio, in applicazione dell’art. 17 del Regolamento;

VISTA la nota del 15 giugno 2021, con la quale questa Autorità ha chiesto a Google, in qualità di titolare del trattamento, di fornire elementi in ordine alla richiesta del reclamante e di far conoscere se avesse intenzione di adeguarsi ad essa;

VISTA la nota del 5 luglio 2021, con la quale Google ha rappresentato, relativamente agli Url indicati nella propria memoria di risposta, di non poter aderire alla richiesta di deindicizzazione, sulla base delle seguenti motivazioni:

l’interesse generale alla reperibilità della notizia risiede nella circostanza che i due Url sopra indicati riportano informazioni riguardanti procedimenti penali per i gravi reati di truffa e peculato, per i quali il sig. XX è stato condannato e ha poi beneficiato dell’indulto. La circostanza che il reclamante abbia usufruito dell’indulto esclude la sussistenza del diritto all’oblio, in quanto l’applicazione dell’indulto presuppone una sentenza di condanna: l’indulto, peraltro, condona una parte della pena, ma non fa venir meno in alcun modo la qualificazione come reato dei fatti commessi. Inoltre, come previsto dall’art. 174 del codice penale, l’indulto non estingue le pene accessorie e, salvo che sia espressamente disposta, non incide sugli altri effetti penali della condanna;

le richieste di deindicizzazione di notizie riguardanti reati gravi devono essere trattate con estrema cautela, potendosi – come sottolineato dalle Linee Guida del WP29 – "considerare la deindicizzazione di risultati di ricerca relativi a reati minori accaduti molto tempo fa", mentre il diritto all'oblio non sussiste rispetto a "reati più gravi" e meno risalenti;

la sussistenza del diritto all’oblio è esclusa dal fatto che uno dei procedimenti penali cui il reclamante è stato sottoposto si è concluso con il patteggiamento, che presuppone un accertamento di colpevolezza dell’imputato;

il reclamante è stato condannato per i reati di truffa e peculato compiuti nell’esercizio della sua attività di imprenditore, un’attività che il reclamante esercita tuttora. Egli quindi rientra tra i soggetti che le linee Guida annoverano tra coloro che svolgono un ruolo nella vita pubblica per effetto della professione svolta (cfr. Linee Guida pag. 13);

VISTA la nota del 19 luglio 2021, con il quale il reclamante, in replica alle argomentazioni fornite da Google, oltre a ribadire e precisare le ragioni del reclamo, ha specificato che la documentazione allegata corrisponde ad un solo procedimento giudiziario; essa si compone di due documenti differenti: la richiesta del pubblico ministero per l’applicazione dell’indulto e l’ordinanza di concessione dell’indulto e di estinzione della pena residua da parte del giudice dell’esecuzione;

CONSIDERATO che, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, chiunque, in un procedimento dinanzi al Garante, dichiara o attesta falsamente notizie o circostanze o produce atti o documenti falsi ne risponde ai sensi dell'art. 168 del Codice “Falsità nelle dichiarazioni al Garante e interruzione dell’esecuzione dei compiti o dell’esercizio dei poteri del Garante”;

CONSIDERATO che:

- nei confronti di Google LLC trova applicazione, per effetto delle attività svolte in ambito europeo attraverso le proprie sedi, il principio di stabilimento e che pertanto i relativi trattamenti sono soggetti alle disposizioni del Regolamento in virtù di quanto previsto dall’art. 3, par. 1;

- il trattamento di dati personali connesso all’utilizzo del motore di ricerca di Google risulta tuttavia direttamente gestito, anche per il territorio UE, da Google LLC, avente sede negli Stati Uniti;

- tale circostanza è idonea a fondare, ai sensi dell’art. 55, par. 1, la competenza del Garante italiano a decidere i reclami ad esso proposti con riferimento al proprio territorio nazionale;

CONSIDERATO, in merito all’istanza di rimozione degli Url indicati nella memoria di risposta di Google, che, ai fini della valutazione dell’esistenza dei presupposti per ritenere legittimamente invocabile il diritto all’oblio, occorre tenere conto, oltre che dell’elemento costituito dal trascorrere del tempo, anche degli ulteriori criteri espressamente individuati dal WP Art. 29 – Gruppo Articolo 29 sulla protezione dei dati personali attraverso le apposite “Linee Guida” adottate il 26 novembre 2014 sopra citate, nonché delle più recenti “Linee Guida” n. 5/2019 adottate dall’European Data Protection Board (EDPB) il 7 luglio 2020, contenenti i criteri per l’applicazione del diritto all’oblio da parte dei motori di ricerca alla luce del Regolamento;

CONSIDERATO, in particolare, il criterio di cui al punto n. 13 delle “Linee Guida”, laddove, con specifico riferimento alle richieste di deindicizzazione di notizie relative a reati, si sottolinea l’esigenza di tenere in particolare conto sia la gravità dei reati, sia il decorso del tempo dal loro verificarsi;

RILEVATO, dunque, che i contenuti reperibili tramite gli Url della memoria di risposta di Google, entrambi pubblicati nel 2007, rimandano, nel loro complesso, ad informazioni oggi reperibili esclusivamente su alcuni blog, relative ad una vicenda giudiziaria risalente e non di eccezionale rilievo, riguardante l’arresto e la condanna per truffa e peculato del reclamante, avvenuta oltre 14 anni or sono, scontata e oggetto di indulto intervenuto nel 2009;

RITENUTO, pertanto, di dover considerare il reclamo fondato in ordine alla richiesta di rimozione degli Url indicati nella memoria prodotta dal titolare del trattamento e di dover, per l’effetto, ingiungere a Google LLC, ai sensi dell’art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, di disporne la rimozione quale risultato di ricerca reperibile in associazione al nominativo dell’interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento;

RITENUTO che ricorrano i presupposti per procedere all’annotazione nel registro interno dell’Autorità di cui all’art. 57, par. 1, lett. u), del Regolamento, relativamente alla misura adottate nel caso di specie nei confronti di Google LLC in conformità all'art. 58, par. 2, del Regolamento medesimo;

RILEVATO, tuttavia, che la misura adottata nel caso in esame nei confronti della predetta società discende da una valutazione effettuata dall’Autorità sulla base delle specificità del singolo caso e che, pertanto, l’iscrizione di essa nel registro interno sopra citato non potrà essere ritenuta, in eventuali futuri procedimenti incardinati nei confronti del medesimo titolare del trattamento, quale precedente pertinente ai fini previsti dall’art. 83, par. 2) lett. c), del Regolamento;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

RELATORE la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni;

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

ai sensi dell’art. 57, par. 1, lett. f) del Regolamento, per le ragioni di cui in premessa dichiara il reclamo fondato con riguardo agli URL indicati nella memoria di Google con i numeri 1 e 2 e, per l’effetto, ai sensi dell'art. 58, par. 2, lett. c) e g), del Regolamento, ingiunge a Google LLC di disporne la rimozione quali risultati di ricerca reperibili in associazione al nominativo dell'interessato, nel termine di venti giorni dalla ricezione del presente provvedimento.

Ai sensi dell’art. 78 del Regolamento, nonché degli artt. 152 del Codice e 10 del d. lgs. 1° settembre 2011, n. 150, avverso il presente provvedimento può essere proposta opposizione all’autorità giudiziaria ordinaria, con ricorso depositato, alternativamente, presso il tribunale del luogo ove risiede o ha sede il titolare del trattamento ovvero presso quello del luogo di residenza dell'interessato entro il termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento stesso ovvero di sessanta giorni se il ricorrente risiede all’estero.

Roma, 29 settembre 2021

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Cerrina Feroni

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei