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L’inciviltà via social contro l’inciviltà in treno: il danno esponenziale - Intervento di Guido Scorza

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L’inciviltà via social contro l’inciviltà in treno: il danno esponenziale
Nessuno avrebbe dovuto rispondere a un gesto forse incivile e magari illegale con un gesto inequivocabilmente incivile e, verosimilmente, illegale come condannare le tre alla gogna mediatica. Non nel 2023, non in quella parte del mondo che ha bandito la legge del taglione dal suo ordinamento
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(HuffPost, 2 maggio 2023)

La storia ha fatto il giro dei social e ha poi sconfinato sui media nello spazio di qualche ora: tre ragazze su un treno ridono – forse ma probabilmente – di un ragazzo cinese e di sua mamma, pare, proprio perché cinesi. La fidanzata di lui, una regista e influencer americana, prima chiede se ci siano problemi e poi inizia a riprendere le tre che ridono. Quindi pubblica il video sui social tacciando le tre di essere razziste e invitando il suo pubblico a identificarle, cosa che puntualmente accade.

Per le tre è l’inizio di un incubo: centinaia di migliaia di persone le travolgono di insulti fino a costringere le università che frequentano a prenderne le distanze e a dichiarare di valutare se e quali provvedimenti assumere nei confronti delle studentesse. E non basta perché la furia social, in ragione di uno scambio di persone, travolge anche il gestore di un agriturismo reo semplicemente di avere un collaboratore storico confuso per il padre di una delle tre ragazze.

Ma, in fondo, la vicenda conta relativamente poco. Quelle che contano di più sono le dinamiche che la caratterizzano.

Le tre studentesse, ovviamente, se hanno, effettivamente, preso in giro le due persone in treno per razzismo hanno sbagliato ma, direi, hanno sbagliato comunque, anche se lo avessero fatto per ragioni diverse. Educazione, rispetto, buone maniere e, soprattutto, senso di civiltà avrebbero imposto un comportamento diverso. E, se di razzismo si è trattato, persino le leggi avrebbero imposto un comportamento diverso. E, però, il punto non è questo.

Il punto è che quale che sia la colpa delle tre studentesse nessuno avrebbe dovuto rispondere a un gesto poco civile, forse incivile e magari illegale con un gesto inequivocabilmente incivile e, verosimilmente, illegale come condannare le tre alla gogna mediatica, chiedendo per loro il massimo della pena al feroce tribunale social. Non si può rispondere all’inciviltà su un treno con l’inciviltà sui social, non nel 2023, non in quella parte del mondo che sostiene di essere governata da principi democratici e di civiltà giuridici, non a secoli di distanza da quando la legge del taglione è stata bandita dai nostri ordinamenti.

Ma è accaduto. Non è la prima volta – e, anzi, è sempre più frequente – e non sarà, sfortunatamente, l’ultima.

Bisogna, quindi, interrogarsi sul perché sia accaduto, perché accada, perché accadrà ancora e su come provare ad arginare questo genere di dinamiche, di reazioni perverse, di risposte incivili a comportamenti incivili. La ragione più probabile per la quale capita è che, evidentemente, non si riesce a cogliere l’inciviltà e la pericolosità della gogna mediatica, così come – ma viene dopo – la sua antigiuridicità e contrarietà, tra le altre, alle più elementari regole in materia di privacy.

Più difficile identificare soluzioni, specie di breve periodo perché se il problema è socio-culturale la risposta deve necessariamente essere educativa. Ma, guai, naturalmente, a dichiararsi sconfitti e arrendersi. E, quindi, vale la pena ricordare alla regista-influencer e a ogni suo potenziale emulo che, in uno Stato di diritto, davanti a un comportamento maleducato, si risponde ricordando le regole dell’educazione e davanti a un fatto che appare illecito, si risponde, segnalandolo a chi può accertarne l’eventuale effettiva illiceità e sanzionare gli autori dell’illecito. E, forse, vale anche la pena ricordare che quando si sbatte online il volto di qualcuno, scrivendoci sotto che è razzista e si chiede ai social di pronunciarsi si sta ipotecando il futuro di quel qualcuno che probabilmente sarà perseguitato per sempre dal contenuto in questione, la sua dignità e la sua libertà.

Questo è quello che verosimilmente accadrà alle tre studentesse che, negli anni che verranno, in una dimensione digitale nella quale l’informazione è sempre più persistente, nella quale i dati diventano cibo per gli algoritmi in tempo reale, nella quale in tanti pescano a strascico qualsiasi contenuto disponibile al pubblico, rischiano di vedersi etichettate come le tre razziste del treno tra Como e Milano, qualsiasi cosa di buono facciano in futuro, qualsiasi cosa facciano per espiare la propria colpa, quale che sia stata. All’inciviltà, la prossima volta, proviamo a rispondere con la civiltà, alla maleducazione con l’educazione, a eventuali illeciti, rispettando le regole e invocandone l’applicazione da parte delle Autorità preposte a farle rispettare. Altrimenti siamo condannati a diventare spettatori di una parabola involutiva che travolgerà ogni conquista di civiltà semplicemente perché difendersi da soli – o difendere i nostri cari – impugnando uno smartphone e massacrando la dignità altrui è più facile, forse, troppo facile.