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Big tech, 20 anni di maxi-multe non sono bastati - Intervento di Guido Scorza

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Big tech, 20 anni di maxi-multe non sono bastati
Intervento di Guido Scorza, componente del Garante per la protezione dei dati personali
(MF, 25 novembre 2023)

In principio è stata Microsoft, destinataria di una delle prime grandi sanzioni comminate dall’Europa all’indirizzo di una big tech. Era appena il 2004, l’alba di Internet da questa parte dell’Oceano, e dopo un’istruttoria durata quasi un lustro l’Antitrust di Bruxelles ordinò a Microsoft di pagare una sanzione di mezzo miliardo di euro, che la società all’epoca saldamente nelle mani di Bill Gates ha immediatamente versato rinunciando a impugnare.

All’origine della decisione della Commissione Ue c’era una serie di condotte anti-competitive adottate dal gigante di Redmond per tenere a bada i concorrenti: scarsa informazione sull’interoperabilità dei propri software con quelli della concorrenza e soprattutto la vendita abbinata e forzata di un sistema operativo - il suo Windows - a un lettore multimediale, il suo Media Player. Peccatucci da collegiali rispetto a quello che sarebbe accaduto negli anni successivi e alle piattaforme e sistemi chiusi - o almeno poco aperti - che oggi contraddistinguono il mondo digitale. Impossibile ripercorrere anno per anno e sanzione per sanzione la storia dei tentativi - tanti e importanti - della Commissione Ue e delle autorità nazionali di richiamare le big tech al rispetto delle regole in quest’ultimo ventennio. Non c’è però dubbio che, tra antitrust e privacy, da quel lontano 2004 di vent’anni fa Microsoft e le altre quattro stelle del firmamento digitale globale (Google, Apple, Amazon e Meta) abbiano portato a casa e in buona parte pagato sanzioni per decine di miliardi.

Quasi 10 miliardi di euro, ad esempio, solo le sanzioni irrogate a Google dal suo sbarco in Europa a fine 2022.Ma sono state salate anche le sanzioni, specie quelle recenti, arrivate a Menlo Park, quartier generale di Meta-Facebook, specie da parte delle autorità per la privacy: 1,2 miliardi di euro la più salata di tutte, nel maggio scorso, che seguiva una serie di analoghe sanzioni notificate allo stesso indirizzo per almeno altri 1,5 miliardi solo tra il 2021 e oggi.

E naturalmente non ci sono solo Microsoft, Google e Meta. Perché nessuno o quasi nessuno nell’inner circle dei signori del digitale nell’ultimo ventennio è sfuggito alla scure sanzionatoria di Bruxelles o a quella delle autorità nazionali di protezione dei dati personali. Inclusi i nuovi arrivati come TikTok, che proprio quest’anno ha rotto il ghiaccio con una sanzione da 345 milioni per aver violato le leggi sulla privacy europee, in particolare con riferimento ai dati personali dei bambini. Questi numeri, però, rischiano di dir poco o nulla se non accostati a quelli dei fatturati dei giganti del digitale destinatari delle sanzioni.

E quindi vale la pena ricordare che il loro fatturato complessivo annuo nel 2022, peraltro annus horribilis per le big tech, ha sfondato la soglia di 1.500 miliardi di dollari, circa tre quarti del pil italiano.Insomma, nessuno è felice di pagare sanzioni milionarie, senza le quali le big tech avrebbero ovviamente guadagnato di più, ma i numeri suggeriscono che le sanzioni in questione sono sempre state digerite agevolmente dai bilanci stellari dei giganti digitali. Ora siamo alla vigilia dei primi esercizi di applicazione della nuova disciplina europea - il cosiddetto pacchetto digitale che ha l’obiettivo di richiamare più incisivamente all’ordine le big tech facendo leva tra l’altro su un appartato sanzionatorio decisamente più importante rispetto al passato. Però, mentre non può dubitarsi della necessità delle sanzioni come strumento di governo di tutti i mercati, inclusi quelli digitali - perché i numeri di bilancio sono ciò che sta più a cuore a chi fa business in qualunque settore -, forse bisogna chiedersi se siano sufficienti. Perché, certo, magari senza le sanzioni miliardarie inflitte nell’ultimo ventennio la situazione del mercato digitale europeo sarebbe stata peggiore di quella che abbiamo davanti, caratterizzata da poca concorrenza, consumatori e utenti poco consapevoli e utilizzo massivo di dati personali, ma di certo sul tavolo restano tanti problemi irrisolti. Anche perché la storia di questo ventennio di sanzioni all’indirizzo delle big tech suggerisce due cose.

La prima: per arrivare a irrogare una sanzione su questioni sempre più complesse anche e soprattutto sul versante tecnologico alle autorità competenti servono anni e risorse importanti, che invece sono inesorabilmente scarse.La seconda: in una società liquida, in cui tutto cambia alla velocità della luce, le sanzioni hanno perso un po’ del loro valore «esemplare», perché difficilmente a distanza di qualche anno lo stesso soggetto sanzionato o un suo concorrente porrebbe in essere la stessa condotta come avveniva un tempo. La sanzione quindi perde molta dell’efficacia dissuasiva rispetto alla consumazione di futuri illeciti analoghi. E allora vale la pena interrogarsi sulla possibilità di battere anche strade diverse. Facile a dirsi ma difficile a farsi e anche solo a immaginarsi.

Ce n’è però una che resta spesso nell’ombra e che quando viene menzionata suona sempre vecchia e inefficace benché non sia mai stata battuta per davvero: l’educazione al consumo di prodotti e servizi digitali e l’educazione ai diritti. Eppure, benché si tratti di una strada di medio periodo - ed è la ragione per la quale percorrerla non suscita mai l’interesse dei governi - è l’unica che forse potrebbe funzionare perché c’è una sola cosa che spaventa le imprese più delle sanzioni ed è la perdita dei propri utenti e consumatori.

Insomma, se utenti e consumatori educati alle scelte di consumo digitali e al valore dei diritti facessero del rispetto delle regole e dei principi europei da parte delle big tech un driver di scelta significativo e imparassero a premiare le imprese più rispettose dei loro diritti e a punire quelle meno rispettose, semplicemente scegliendo prodotti e servizi diversi, a quel punto le cose potrebbero cambiare davvero e il piano potrebbe inclinarsi dalla parte giusta più di quanto sin qui siano state in grado di fare le sanzioni.