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Parere su istanza di accesso civico - 26 ottobre 2023 [9953599]

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[doc. web n. 9953599]

Parere su istanza di accesso civico - 26 ottobre 2023

Registro dei provvedimenti
n. 492 del 26 ottobre 2023

IL GARANTE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI

NELLA riunione odierna, alla quale hanno preso parte il prof. Pasquale Stanzione, presidente, la prof.ssa Ginevra Cerrina Feroni, vicepresidente, l’avv. Guido Scorza, componente, e il cons. Fabio Mattei, segretario generale;

VISTO il Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27/4/2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE, “Regolamento generale sulla protezione dei dati” (di seguito “RGPD”);

VISTO l’art. 154, comma 1, lett. g), del Codice in materia di protezione dei dati personali - d. lgs. 30/6/2003, n. 196 (di seguito “Codice”);

VISTO l’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33 del 14/3/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»;

VISTA la Determinazione n. 1309 del 28/12/2016 dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), adottata d’intesa con il Garante, intitolata «Linee guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5 co. 2 del d.lgs. 33/2013», in G.U. Serie Generale n. 7 del 10/1/2017 e in https://www.anticorruzione.it/-/determinazione-n.-1309-del-28/12/2016-rif.-1 (di seguito “Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico”);

VISTO il provvedimento del Garante n. 521 del 15/12/2016, contenente la citata «Intesa sullo schema delle Linee guida ANAC recanti indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico», in www.gpdp.it, doc. web n. 5860807;

VISTA la documentazione in atti;

VISTE le osservazioni formulate dal segretario generale ai sensi dell’art. 15 del regolamento del Garante n. 1/2000;

Relatore il prof. Pasquale Stanzione;

PREMESSO

Con nota in atti il RPCT dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-ADM (di seguito Agenzia) ha chiesto al Garante il parere previsto dall’art. 5, comma 7, del d.lgs. n. 33/2013, in ordine a un provvedimento di diniego di un’istanza di accesso civico.

Dall’istruttoria è emerso che è stata presentata una richiesta di accesso civico avente a oggetto la copia di una relazione identificata in atti «contenente i risultati ottenuti dalla somministrazione [di questionari sul benessere psicofisico dei dipendenti] e la loro analisi, in linea con le disposizioni normative vigenti relative al benessere organizzativo, alla salute e qualità della vita negli ambienti di lavoro».

L’Agenzia ha rifiutato l’accesso, rappresentando che «Il documento di cui è richiesta l’ostensione […] non attiene una generale analisi sulla salute e la qualità di vita negli ambienti di lavoro ma tratta una vicenda specifica, legata ad interessi privati [per cui] l’ostensione di tale documento potrebbe integrare un pregiudizio concreto alla protezione di dati personali ed in particolare del diritto alla riservatezza ai sensi dell’art. 5-bis, comma 2, lett. a)» del d. lgs. n. 33/2013.

Il soggetto istante, ritenendo il rifiuto dell’Agenzia non corretto, ha presentato richiesta di riesame al RPCT, insistendo nelle proprie richieste.

OSSERVA

1. Introduzione

Ai sensi della normativa di settore in materia di accesso civico generalizzato, «chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis» (art. 5, comma 2, d. lgs. n. 33/2013).

In relazione ai profili di competenza di questa Autorità, si evidenzia, che il citato art. 5-bis prevede che l’accesso civico generalizzato è “rifiutato”, fra l’altro, «se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela [della] protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia» (comma 2, lett. a).

Per dato personale si intende «qualsiasi informazione riguardante una persona fisica identificata o identificabile («interessato»)» (art. 4, par. 1, n. 1, RGPD). Ai sensi della richiamata disciplina europea «si considera identificabile la persona fisica che può essere identificata, direttamente o indirettamente, con particolare riferimento a un identificativo come il nome, un numero di identificazione, dati relativi all’ubicazione, un identificativo online o a uno o più elementi caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, genetica, psichica, economica, culturale o sociale» (ibidem).

Occorre inoltre avere presente che nelle valutazioni da effettuare in ordine alla possibile ostensione di dati personali (o documenti che li contengono), tramite l’istituto dell’accesso civico, deve essere tenuto in considerazione che – a differenza dei documenti a cui si è avuto accesso ai sensi della l. n. 241 del 7/8/1990 – i dati e i documenti che si ricevono a seguito di una istanza di accesso civico divengono «pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente, e di utilizzarli e riutilizzarli ai sensi dell’articolo 7», sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del d. lgs. n. 33/2013). Di conseguenza, è anche alla luce di tale amplificato regime di pubblicità dell’accesso civico che va valutata l’esistenza di un possibile pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali dei soggetti controinteressati, in base al quale decidere se rifiutare o meno l’accesso ai dati, informazioni o documenti richiesti.

È poi necessario rispettare, in ogni caso, i principi del RGPD di «limitazione della finalità» e di «minimizzazione dei dati», in base ai quali i dati personali devono essere «raccolti per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo che non sia incompatibile con tali finalità», nonché «adeguati, pertinenti e limitati a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali sono trattati» (art. 5, par. 1, lett. b) e c)).

Ciò anche tenendo conto delle ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati e della non prevedibilità delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

2. Osservazioni sul caso sottoposto all’attenzione del Garante

Dalla documentazione in atti risulta che, a seguito di una segnalazione riguardante il contesto lavorativo di un ufficio territoriale dell’Agenzia, è stata disposta un’indagine amministrativa interna, effettata anche per mezzo di un’intervista ai relativi dipendenti sull’ambiente di lavoro tramite la distribuzione di alcuni questionari.

In tale contesto, oggetto di accesso civico risulta essere il documento identificato in atti, contente la relazione finale della predetta indagine affidata ai funzionari incaricati «di verificare la genesi e l’effettiva entità delle tensioni registrate nonché la veridicità delle gravi accuse mosse [nella segnalazione]».

Più precisamente, la relazione oggetto dell’istanza di riesame contiene gli esiti di un’indagine amministrativa interna condotta in seno ad un settore operativo composto di sole 14 persone, in cui si fa chiaro riferimento a informazioni e valutazioni attinenti a una vicenda specifica. Si tratta, in sostanza, degli esiti di un’attività ispettiva preordinata ad acquisire elementi conoscitivi su una situazione di disagio lamentata all’interno di un settore dell’Agenzia e a ricostruire l’effettivo clima lavorativo ivi esistente.

Il citato documento – acquisito agli atti dell’istruttoria – contiene dunque dati personali di diversa natura e specie che identificano più persone fisiche e forniscono indicazioni su una vicenda specifica e sui rapporti di lavoro fra colleghi, appartenenti al medesimo Ufficio, con descrizione dei fatti e della segnalazione effettuata. Si tratta inoltre di dati identificativi di dipendenti, con specifico riferimento a una questione delicata riguardante il contesto e l’ambiente lavorativo; ossia di informazioni personali che, per motivi individuali, non sempre si desidera portare a conoscenza di altri soggetti e la cui ostensione – in relazione ai casi e al contesto in cui possono essere utilizzati da terzi – può integrare proprio quel pregiudizio concreto alla tutela della protezione dei dati personali previsto dall’art. 5-bis, comma 2, lett. a), del d. lgs. n. 33/2013.

Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che, ai sensi della normativa vigente e delle indicazioni contenute nelle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, l’amministrazione abbia correttamente respinto l’accesso civico al documento richiesto.

Tenendo infatti conto della natura dei dati e delle informazioni personali contenuti nel documento oggetto dell’istanza di accesso civico nel caso in esame, si ritiene che la relativa ostensione determini un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà dei soggetti controinteressati, con possibili ripercussioni negative sul piano sociale, relazionale e professionale personali (art. 5-bis, comma 2, lett. a, del d. lgs. n. 33/2013; art. 5, par. 1, lett. b e c, del RGPD). Tali conseguenze potrebbero riguardare, come indicato dall’amministrazione, anche «futuri atteggiamenti ostili tra i colleghi interessati [, o] l´eventualità di danneggiare ulteriormente il clima lavorativo, rendendolo più teso e stressante, trattandosi di colleghi facenti parte del medesimo Ufficio, nonché di peggiorare la produttività del lavoro pubblico».
Bisogna, pertanto, tenere in considerazione le ragionevoli aspettative di confidenzialità degli interessati in relazione al trattamento dei propri dati personali al momento in cui questi sono stati raccolti dall’amministrazione, nonché la non prevedibilità, al momento della raccolta dei dati, delle conseguenze derivanti a questi ultimi dalla eventuale conoscibilità da parte di chiunque dei dati richiesti tramite l’accesso civico (cfr. par. 8.1 delle Linee guida dell’ANAC in materia di accesso civico, cit.).

Per i medesimi motivi, non si ritiene possibile accordare neanche un accesso civico parziale al documento, oscurando dati e/o nominativi dei soggetti interessati (art. 5-bis, comma 4, d. lgs. n. 33/2013). Ciò in quanto tale accorgimento non elimina la possibilità che questi ultimi possano essere identificati, anche all’interno dello stesso luogo di lavoro, tramite gli ulteriori dati di dettaglio e di contesto contenuti nella documentazione richiesta o mediante altre informazioni in possesso di terzi.

Per completezza, si evidenzia, in ogni caso, che, come rappresentato anche dall’Agenzia  nel riscontro all’accesso civico, resta ferma la possibilità che il documento per il quale è stato negato l’accesso civico, possa essere reso ostensibile tramite il diverso istituto dell’accesso ai documenti amministrativi, laddove venga dimostrata l’esistenza di interesse qualificato, ossia «un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso», ai sensi degli artt. 22 ss. della l. n. 241 del 7/8/1990.

TUTTO CIÒ PREMESSO IL GARANTE

esprime parere nei termini suesposti in merito alla richiesta del Responsabile della trasparenza dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli-ADM, ai sensi dell’art. 5, comma 7, del d. lgs. n. 33/2013.

Roma, 26 ottobre 2023

IL PRESIDENTE
Stanzione

IL RELATORE
Stanzione

IL SEGRETARIO GENERALE
Mattei